La presidentessa della Moldavia Maia Sandu, eletta lo scorso novembre, ha sciolto il parlamento. Il paese si avvia verso le elezioni parlamentari anticipate, previste per l’11 luglio 2021.
La crisi istituzionale
Decretando la vittoria della candidata pro-Europa, l’esito delle presidenziali di novembre 2020 ha creato i presupposti per uno stallo politico-istituzionale, apertosi con le dimissioni del premier socialista Ion Chicu a dicembre 2020. Il governo dimissionario tuttavia è, di fatto, rimasto in carica: il ministro degli Esteri Aureliu Ciocoi ha assunto le funzioni di premier ad interim. Nel frattempo, l’ex primo ministro Chicu ha annunciato la creazione di una propria forza politica che intende presentare alle prossime elezioni.
Il programma della neo-eletta presidentessa, che ha promesso l’adozione di profonde riforme in materia di giustizia e contrasto alla corruzione, si è subito scontrato con la composizione del parlamento come determinata dalle elezioni del 2019. All’interno dell’assemblea, infatti, la maggioranza relativa dei seggi è nelle mani del Partito socialista, legato al politico filo-russo nonché presidente uscente Igor Dodon. (Ricordiamo che seppur formalmente la Moldavia sia una democrazia parlamentare, l’elezione del presidente rende il sistema moldavo semi-presidenziale).
Le consultazioni, svoltesi tra dicembre 2020 e fine marzo 2021, non hanno dato esito positivo. La presidentessa ha proposto come premier prima Natalia Gavrilita, nota per il suo impegno nella lotta alla corruzione ma figura estranea alla politica interna moldava, e poi Igor Grosu, che è succeduto alla stessa Sandu alla presidenza del partito Azione e Solidarietà: si tratta di due volti che probabilmente non avrebbero ricevuto la fiducia del parlamento. E così è stato: le nomine sono state respinte dal voto parlamentare.
Dopo ulteriori consultazioni con i rappresentanti di tutte le forze politiche, la Sandu ha deciso di sciogliere il parlamento per indire elezioni anticipate.
La decisione della Corte Costituzionale
A seguito dell’aumento dei contagi da covid19, a fine marzo il parlamento ha decretato lo stato di emergenza nazionale per due mesi. La decisione, motivata ufficialmente dalla necessità di introdurre ulteriori misure per contrastare la diffusione del coronavirus, ha di fatto coinciso con il momento più delicato della crisi istituzionale in atto. Maia Sandu, infatti, aveva già ottenuto il consenso della Corte Costituzionale per indire nuove elezioni, ma lo scioglimento delle camere durante lo stato di emergenza è vietato dalla Costituzione.
Per sfuggire all’impasse politica, Sandu ha chiesto alla Corte Costituzionale di autorizzare lo svolgimento di elezioni anticipate in stato di emergenza. In attesa del verdetto, il parlamento ha revocato la nomina del giudice alla Presidenza della Corte, acuendo ulteriormente la crisi istituzionale già avviata e inasprimendo il contrasto con Sandu.
Il 28 aprile la Corte Costituzionale ha dato il via libera per la convocazione delle elezioni per il mese di luglio dichiarando incostituzionale lo stato di emergenza. Ancora una volta dunque la Corte Costituzionale ha svolto il ruolo di ago della bilancia in una politica che vive di stalli e scontri tra poteri. L’ex presidente Dodon ha definito il decreto della Corte in violazione del principio dello stato di diritto, perché frutto di pressioni arbitrarie da parte di Sandu e il suo partito per settimane ha diffuso una propaganda negativa nei confronti della presidente della Corte Domnica Manole. Tuttavia, le misure annunciate per contrastare l’epidemia di fatto non sono state mai votate e i sondaggi di questi mesi restituiscono il quadro di un Partito socialista in difficoltà.
Il sospetto di alcuni analisti, dunque, è che lo stato di emergenza e il contrasto aperto con la Corte Costituzionale in realtà siano stati un semplice pretesto per posticipare il voto. Il premier ad interim Ciocoi ha infatti ammesso di aver introdotto lo stato di emergenza su pressione dei parlamentari socialisti. Di fatto, lo stato di emergenza prevedeva due misure: il coprifuoco alle 23 con locali chiusi entro le 20 e l’impossibilità di andare nei parchi (misura revocata il giorno dopo).
Nonostante la contrarietà dei socialisti, le elezioni anticipate (anche grazie al ruolo della Corte Costituzionale) si terranno l’11 luglio 2021. Il loro risultato potrebbe aprire una nuova fase per il paese, ancora fortemente legato alla Russia.
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