Lo scorso marzo l’Unione Europea ha annunciato la propria decisione di imporre sanzioni nei confronti di quattro cittadini russi responsabili di gravi violazioni e abusi di diritti umani, compresi l’arresto arbitrale e la condanna del leader dell’opposizione russa, Aleksej Navalny, dopo il suo ritorno a Mosca. Il perdurare della prigionia di quest’ultimo e le rinnovate repressioni delle proteste pacifiche legate al trattamento illegale riservatogli hanno spinto la comunità internazionale ad agire, ma hanno anche sollevato nuovi interrogativi sull’efficacia delle sanzioni come strumento di governo.
Misure previste e soggetti coinvolti
Le misure varate prevedono il congelamento dei beni nonché restrizioni di viaggio in tutti i paesi dell’Unione Europea per i soggetti coinvolti. È inoltre previsto un divieto per qualsiasi persona o ente di emettere, direttamente o indirettamente, alcun tipo di prestito a disposizione degli individui inseriti nell’elenco. Tra questi vi rientrano: Aleksander Bastrykin, capo del comitato investigativo della Federazione russa; Igor Krasnov, procuratore generale; Viktor Zolotov, capo della guardia nazionale, e Aleksander Kalashnikov, capo dell’amministrazione penitenziaria federale.
È la prima volta che l’UE impone questo tipo di misure nel quadro del recentemente istituito regime globale di sanzioni in materia di diritti umani. Conformemente a quanto stabilito, la revoca delle sanzioni individuali ed economiche, in vigore fino alla metà di settembre, sarà condizionata unicamente al rispetto del contenuto degli accordi di Minsk da parte di Mosca.
Le reazioni del Cremlino
In risposta alle misure punitive adottate, il governo russo ha dapprima espresso la propria disapprovazione nei confronti della decisione di Bruxelles, considerandola una violazione del diritto internazionale nonché una minaccia per la sovranità del paese. Successivamente Mosca ha alzato il tono della voce, vietando l’ingresso nella Federazione Russa a otto cittadini degli stati membri UE e ad alcuni rappresentanti ufficiali delle istituzioni comunitarie. Nella blacklist del Cremlino questa volta sono stati aggiunti anche il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli e Vera Jourova, vicepresidente della Commissione europea per i Valori e la trasparenza.
A differenza delle precedenti misure, tuttavia, le ultime sanzioni adottate da Bruxelles non avranno ampie ripercussioni economiche e commerciali sulla Russia in quanto indirizzate a singoli individui. Risulta legittimo, dunque, interrogarsi su quale sia il senso di tale azione.
Strumento necessario o mancanza di alternative?
L’adozione di sanzioni da parte di un attore internazionale solleva il dibattito circa la possibilità di queste ultime di essere uno strumento di politica utile ed efficace. Non è scontato che le recenti azioni adottate dall’UE abbiano un significativo impatto sugli individui coinvolti. Tali obiettivi, di fatto, potrebbero semplicemente rinunciare a pianificare un viaggio in Europa fino a quando le sanzioni non saranno revocate.
Qualcuno potrebbe inoltre sostenere che la scelta di imporre sanzioni mostrerebbe semplicemente la debolezza strategica dell’Unione, la quale non è in grado di fornire una risposta diversa, più forte, forse a causa delle sue lunghe e complesse catene di comando talvolta incapaci di muoversi rapidamente.
Una scelta di convenienza
Il dibattito a cui l’economista e politologo David Baldwin attinge circa le ragioni per cui le sanzioni vengano utilizzate quando non sembrano avere un impatto rilevante sul loro obiettivo ci offre un punto di vista alternativo sulla questione. Perché l’Unione Europea dovrebbe sanzionare singoli individui quando gli stessi non sembrano venire scalfiti dall’impatto desiderato?
Secondo l’esperto britannico, anche quando non si prevede che le sanzioni abbiano un particolare successo, esse possono rappresentare la scelta migliore in quanto più efficaci di qualsiasi altro strumento diplomatico nel persuadere l’obiettivo a cambiare la propria politica o comportamento. Poiché il successo di una politica andrebbe misurato anche in termini di efficacia e costi per il decisore politico – spiega Baldwin -, spesso le sanzioni si presentano come la miglior scelta: risultano essere l’opzione più efficace e meno costosa che i decisori politici hanno a disposizione. In quest’ottica, le recenti sanzioni adottate risulterebbero essere state, forse, la mossa politicamente più conveniente che Bruxelles abbia potuto giocare.
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Foto: RIA Novosti/Vladimir Sergeev