Nel silenzio quasi totale della stampa italiana, un conflitto è attualmente in corso in Asia Centrale. Da mercoledì scorso, oltre quaranta persone hanno perso la vita in alcune schermaglie nei pressi del confine tra Kirghizistan e Tagikistan. I feriti, probabilmente sottostimati, si aggirerebbero invece attorno ai 150. Nonostante le versioni contrastanti prodotte dai due paesi, pare che causa scatenante degli scontri sia stata la recente istallazione di alcune videocamere di sorveglianza da parte del Tagikistan. Il Kirghizistan, a sua volta, non ha reagito bene alla misura di sicurezza introdotta dal paese vicino, definendola “illegale” e portando la popolazione locale sul punto di guerra. In seguito al danneggiamento di diverse abitazioni, i civili direttamente coinvolti sono stati evacuati in zone più sicure.
La zona contesa si trova in prossimità del bacino idrico di Golovnoy, l’ennesima risorsa a cui nessuno dei paesi vuole rinunciare dal crollo dell’Unione Sovietica. A giudicare da alcuni video pubblicati da diversi account Twitter, le guardie di frontiera sarebbero state raggiunte da rinforzi con attrezzature militari al seguito. Gli scontri tra forze speciali non sembrano attenuarsi: al contrario, entrambe le parti in conflitto non hanno rispettato il cessate il fuoco concordato per giovedì pomeriggio.
Nelle ultime 24 ore, i rispettivi capi di stato si sono incontrati per discutere la situazione e avviare i negoziati per la localizzazione del conflitto. Il presidente kirghiso Sadyr Japarov ha invitato i propri concittadini a non soccombere alle provocazioni, sottolineando il legame comune tra i due popoli. In tutto ciò, l’Uzbekistan – anch’esso coinvolto nelle complesse discussioni sulla demarcazioni dei confini Kirghizistan e Tagikistan – si è detto disponibile a mediare tra le due parti. Ad ogni modo, non è da escludere l’eventualità che il dialogo tra Bishkek e Dushanbe si possa concludere con un nulla di fatto.
Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan dalla loro indipendenza sono impegnati a definire le proprie frontiere reciproche con periodici episodi di violenza. Una situazione simile si era verificata nel 2019, poi conclusasi con un ritiro congiunto delle truppe lungo il confine della Valle di Fergana. Quello che può sembrare come l’ennesimo conflitto in Asia Centrale è arrivato in realtà ad un mese da un accordo in qualche modo storico tra Kirghizistan e Uzbekistan che sembrava andare nella direzione di risolvere definitivamente tutte le questioni territoriali nella regione.
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Immagine: @AzattykMedia/Twitter