Il 27 aprile il parlamento magiaro ha approvato la costituzione di undici fondazioni private, incaricate di gestire altrettanti atenei ungheresi, completando il processo di privatizzazione iniziato fra l’estate del 2020 il gennaio 2021. Ministri, sottosegretari e persone di fiducia ne affollano le direzioni, rendendo palese l’influenza diretta esercitata dal governo.
La genesi della riforma
Tutto ebbe inizio nel luglio del 2019 quando l’Università Corvinus di Budapest, prestigioso centro di studi economici e politici, fu privatizzato e affidato a una fondazione. Un’azione volta, secondo il governo, a tagliare i costi improduttivi, garantendo agli atenei un incremento degli investimenti e una maggiore competitività, specie sul piano internazionale.
Sebbene questo tipo di ordinamento sia piuttosto comune fuori dal paese, in Ungheria la novità ha suscitato particolari perplessità. Prima di tutto perché è il governo stesso a nominare i membri delle fondazioni; e, in secondo luogo, perché la riforma dalla Corvinus è stata rapidamente estesa a quasi tutto il panorama dell’istruzione terziaria.
Imposta a sette atenei nell’estate del 2020, provocando anche forti resistenze – come nel caso dell’occupazione dell’Università di arte teatrale e cinematografica di Budapest (SzFE) – nel gennaio del 2021, è stata proposta ad altri quattro centri di studio, previa consultazione del senato accademico. Fra questi, quello di Pécs, dove gli studenti hanno provato ad ostacolare la riforma mobilitandosi digitalmente.
Il passaggio legislativo
Il 27 aprile il governo ha quindi approvato l’istituzione di dieci nuove fondazioni universitarie, completando la riforma già concordata con i diversi atenei, mentre un’undicesima, l’università Károly di Eger è stata affidata alla Chiesa, e il suo campus di Sárospatak trasformato in un nuovo ateneo, denominato Tokaj-Hegyalja.
Dal primo agosto in tutte queste università entrerà in funzione una fondazione, incaricata di governare l’ente: dall’autunno, il 70% degli studenti ungheresi frequenterà un campus privato, e solo cinque università rimarranno pubbliche, tutte nella capitale. Il vero sconfitto di questa operazione è proprio lo stato ungherese, che perde, assieme alle università, anche tutte le strutture che queste ultime gestivano.
L’operazione sarà guidata dall’esecutivo, che nominerà gli stessi membri delle fondazioni: solo in seguito il potere di eleggere nuovi consiglieri passerà agli enti privati, garantendo alla FIDESz e a Viktor Orbán il continuo della propria influenza, anche in caso di – improbabili – sconvolgimenti politici. Un dato, quest’ultimo, ribadito anche dalla riforma costituzionale approvata nello scorso dicembre dove, fra le altre cose, veniva chiarito che il sistema delle fondazioni private può essere modificato solo con una maggioranza qualificata di 2/3, di fatto blindandolo.
L’influenza del governo sembra inoltre confermata dalle indiscrezioni sulla composizione degli organi universitari: Mihály Varga, ministro delle Finanze, dovrebbe essere chiamato a presiedere la fondazione dell’Università di Óbuda, mentre lo stesso István Stumpf, coordinatore della privatizzazione, dovrebbe guidare l’ente dietro il nuovo ateneo Tokaj-Hegyalja.
Ma perché?
Il cambio di ordinamento degli atenei ungheresi, giustificato con motivazioni di ordine economico, mostra invece la capacità di programmazione dell’esecutivo magiaro che, dopo aver occupato lo stato, sta concludendo la propria offensiva culturale. Viktor Orbán e la FIDESz dopo aver ostacolato o allontanato tutti i centri di ricerca non conformi o ostili ai valori conservatori, come ben dimostrano i casi della CEU o dell’Istituto di storia politica di Budapest, si muovono per conquistare le rimanenti casematte. Un’operazione volta a egemonizzare la formazione della futura classe dirigente ungherese, privando anche un eventuale esecutivo di opposizione degli strumenti necessari per invertire la tendenza.
Immagine: “Budapest” by PHeen0