In Polonia, la giudice costituzionale Krystyna Pawłowicz, nota per le sue posizioni ultraconservatrici, ha divulgato ai suoi 60mila follower twitter l’identità di una bambina transgender, mettendone a rischio la sicurezza. Nonostante le scuse e la rimozione del post, l’opposizione intende denunciare l’accaduto. Si tratta dell’ultimo atto di una guerra culturale che non accenna ad aver fine.
Il caso
Krystyna Pawłowicz, giudice del discusso Tribunale costituzionale e membro fino al 2019 del partito al potere Diritto e Giustizia (PiS), ha rivelato su twitter il nome, l’età e la scuola elementare della bambina, rivolgendosi alla giovane con il termine “bambino”. Non contenta, ha anche aggiunto la residenza della studentessa, Podkowa Lesna, piccolo centro della Polonia non lontano dalla Varsavia.
Il post criticava la direttrice scolastica, colpevole di aver ignorato i documenti ufficiali e chiesto di usare il nome femminile della studentessa, in segno di rispetto verso la giovane. Il messaggio ha scatenando la rabbia di molti utenti e attivisti, che hanno chiesto spiegazioni e criticato la giudice. Pawłowicz ha poi rimosso il tweet ma le sue scuse, più o meno sentite, non sono bastate a placare gli animi. “Il caso è molto più complicato di quanto mi è stato comunicato. Non volevo causare alcuna angoscia al bambino. Mi dispiace”, ha dichiarato l’ex membro del PiS.
Le reazioni istituzionali
Le informazioni personali divulgate hanno messo a rischio il diritto alla privacy e l’anonimato della minore, calpestando la sicurezza di tutta la sua famiglia. Il sindaco di Podkowa Lesna, Artur Tusiński ha affermato che la scuola è “aperta alle esigenze di ogni studente, compresi gli studenti transgender”. Tusiński ha inoltre sottolineato come sia un dovere degli adulti proteggere i minori. “Non siamo d’accordo con il cinico uso dei minori per fini politici”, ha aggiunto il sindaco.
Diversi membri dell’opposizione hanno annunciato una denuncia. “Già oggi presenteremo un richiesta all’ufficio del pubblico ministero in relazione a ciò che Krystyna Pawłowicz sta facendo, perché ha consapevolmente messo una bambina in serio pericolo“, ha dichiarato al sito web onet.pl Cezary Tomczyk, politico liberale di Piattaforma Civica (PO).
Pawłowicz è da anni una figura controversa del panorama politico polacco: a livello mediatico, è molto conosciuta per le sue dichiarazioni esplicite e spesso provocatorie sui social media. In diverse occasioni ha descritto la comunità LGBT come “persone malate e sessualmente disturbate che dovrebbero essere curate”. Per questi motivi, quella della giudice del Tribunale Costituzionale non sembrerebbe una semplice svista.
Guerra aperta ai diritti LGBT
Il governo polacco, guidato dal partito nazional-conservatore Diritto e Giustizia (PiS), ha intrapreso da cinque anni una battaglia contro i diritti e i movimenti LGBT. L’esecutivo, il presidente Duda e il leader del partito Kaczyński descrivono le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender come pedine di “un’ideologia straniera invasiva”, simile al nazismo. Un virus “che mina i valori polacchi e la famiglia tradizionale”.
Nel 2020, 80 comuni polacchi hanno approvato la ‘Carta della Famiglia‘, un testo “a difesa del matrimonio tra un uomo e una donna”. Il documento sancisce il divieto di “propaganda LGBT” nelle istituzioni pubbliche e il divieto di adozione per le coppie omosessuali. La risposte dell’Ue c’è stata: dopo il blocco dei fondi a diverse città polacche, il Parlamento europeo ha recentemente dichiarato che l’Unione è una “zona di libertà LGBTIQ”. Krasnik e altri comuni favorevoli alla ‘Carta della Famiglia’ stanno cercando di abrogare la risoluzione: queste amministrazioni sono in difficoltà economica, perché Norvegia e altri paesi stanno tagliando i finanziamenti.
La risposta del governo non si lascerà attendere, considerando le recenti polemiche scatenate dalle parole dal leader Kaczyński. L’esecutivo usa molto spesso l’arma della discriminazione verbale e non è nuovo ad attacchi diretti. Il 31 marzo scorso, in occasione della ‘Giornata della visibilità transgender’, Kaczyński ha assicurato che il suo partito difenderà “ferocemente e fermamente” una società in cui “una donna è una donna, e un uomo è un uomo”.
Un attacco continuo, sostenuto anche da una parte consistente dell’episcopato polacco, anche per via delle accuse di blasfemia. Finora l’attenzione del dibattito era quasi sempre rimasta sulle questioni degli adulti, come il matrimonio, l’adozione e i diritti riproduttivi. Ma il tweet della giudice Pawłowicz apre un nuovo capitolo, anche più complesso e delicato: l’identità di genere e la privacy dei giovanissimi, schiacciati dal peso dei pregiudizi di un governo che, a fatica, tollera la loro esistenza.
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