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RUSSIA: Sessant’anni dal volo di Jurij Gagarin

Sono passati sessant’anni dal 12 aprile 1961, il giorno del primo storico volo in orbita terrestre di Jurij Gagarin. Sessant’anni dal momento in cui la storia dell’umanità è cambiata ed è iniziata l’era dell’esplorazione umana dello spazio. La Luna e Marte improvvisamente non erano più così lontani. Nel frattempo anche il mondo è cambiato, ma l’importanza di questa data non è passata in secondo piano.

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Poechali!

Dopo l’accensione dei motori e il leggendario “Poechali!” (andiamo!) del suo passeggero, il razzo R-7 “Semyorka” portò la capsula Vostok-1, con a bordo Gagarin, in orbita terrestre la mattina di quel 12 aprile di sessant’anni fa. 

Il volo fu breve, un solo giro intorno alla terra per la durata di 89 minuti. Nonostante questo, i pericoli di un qualcosa mai provato prima misero a rischio almeno due volte la vita del cosmonauta. 

In base ai piani, la capsula avrebbe dovuto inserirsi su un’orbita che, nel caso di malfunzionamento dei razzi di rientro, l’avrebbe comunque portata a rientrare nell’atmosfera entro dieci giorni consentendo la sopravvivenza del suo passeggero. Tuttavia, l’orbita reale della Vostok-1 non sarebbe decaduta prima di venti giorni, un lasso di tempo ben al di sopra delle riserve del sistema di supporto vitale.

Fortunatamente, i retrorazzi funzionarono come previsto. Inaspettatamente, però, il modulo di servizio rimase attaccato al modulo orbitale, facendolo girare su stesso durante le prime fasi del rientro. Se questa rotazione fosse continuata, la Vostok-1 sarebbe bruciata nell’atmosfera, ma, dopo qualche secondo, il modulo si staccò dalla capsula che riacquistò l’attitudine corretta. 

La giornata della cosmonautica

Quando Gagarin atterrò a 26 chilometri dalla città di Engels, il suo nome era già entrato nella storia. Nonostante le manie di segretezza sovietiche, infatti, Sergej Korolev, il “capo-progettista” alla guida del programma spaziale sovietico, riuscì a persuadere Mosca ad annunciare al mondo il volo della Vostok-1 quando la capsula era ancora in orbita per facilitare eventuali missioni di soccorso e non dopo l’atterraggio come si sarebbe fatto per i voli successivi.

Gagarin e il suo sorriso divennero l’immagine del successo dell’Unione Sovietica e motivo di orgoglio dei suoi cittadini nei decenni a venire. La sua morte prematura il 27 marzo 1968, all’età di 34 anni non fecero altro che ingigantirne la leggenda, celebrata ogni anno il 12 aprile, la giornata della cosmonautica (Den’ Kosmonavtiki)

Il sessantesimo anniversario è stato festeggiato in grande stile in Russia, con iniziative ed eventi in tutto il paese. Inoltre, il 20 marzo dal cosmodromo di Baikonur è stato lanciato un razzo Sojuz 2, per l’occasione con una livrea ispirata a quella del R7 che ha portato Gagarin nello spazio. Il 9 aprile poi, dalle steppe kazake è partita una capsula Sojuz che è stata battezzata in onore del primo cosmonauta.

Un gruppo di sognatori

Se Gagarin è diventato immediatamente una leggenda, il gruppo di persone che consentì il raggiungimento di questo straordinario risultato, rimase invece nell’oscurità per molti anni. Le leggi sovietiche non consentivano che i loro nomi fossero noti al grande pubblico nel corso della loro vita. A parte il circolo dei suoi collaboratori, ad esempio, nessuno sapeva del ruolo svolto da Korolev, prima della sua morte nel 1966.

Ma chi erano queste persone? Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, Boris Čertok, uno dei protagonisti del periodo e autore di una quadrilogia di libri dall’esplicativo titolo “Razzi e Persone”, li ha descritti come un gruppo di “ingegneri e realisti che erano anche dei sognatori”. Erano individui intelligenti e unici che amavano il loro lavoro e non potevano pensare a una vita senza di esso”, “ognuno di noi sentiva la responsabilità nei confronti della nazione e della storia”. Come scrive Čertok nell’ultimo dei suoi libri, questo senso del dovere portò molti di loro a lavorare letteralmente fino al giorno della propria morte.

Oltre che con le difficoltà tecniche, dovevano scontrarsi con le caratteristiche di un sistema politico che li metteva in competizione tra di loro e prediligeva gli investimenti in ambito militare a quelli nell’esplorazione spaziale. Nonostante il duro lavoro, poi, alcuni di essi caddero vittime delle repressioni politiche in epoca staliniana. Korolev e Valentin Gluško, un’altra delle figure chiavi del programma spaziale sovietico, ad esempio, vennero arrestati e torturati nel 1938. Korolev passò diversi mesi a lavorare in una miniera nella famigerata Kolyma e le privazioni provate in questo periodo portarono alla sua morte prematura all’età di 59 anni.  

Nei sessant’anni trascorsi dal volo di Gagarin non sono stati raggiunti molti degli obiettivi che sembravano possibili il 12 aprile 1961. Una tessera sindacale non è sufficiente per fare un volo nello spazio come immaginava Korolev e, citando una canzone satirica scritta nei difficili mesi della pandemia, l’umanità non ha raggiunto Marte. Le storie delle imprese dei pionieri dello spazio ricordano però che nulla è impossibile.    

Immagine: Il museo della Cosmonautica a Zhytomyr (Ucraina), città natale di Sergej Korolev (East Journal/Claudia Bettiol).

Chi è Aleksej Tilman

È nato nel 1991 a Milano dove ha studiato relazioni internazionali all'Università statale. Ha vissuto due anni a Tbilisi, lavorando e specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell'area caucasica all'Università Ivane Javakhishvili. Parla inglese, russo e conosce basi di georgiano e francese.

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