TURCHIA: Marzo un mese nero per la libertà di stampa

La situazione per la libertà di stampa in Turchia si fa sempre più difficile, con il mese di marzo che ha visto un’intensificazione della repressione da parte del governo di Recep Tayyip Erdoğan. Una serie eccezionale di provvedimenti liberticidi si sono susseguiti, anche a causa del calo di consensi del presidente, accentuato dalla difficile congiuntura economica e dal peggioramento della situazione epidemiologica.

Dopo il tentato golpe del 2016 l’ossessione del regime turco per il settore della stampa è salita oltre ogni livello di guardia. Secondo l’International Federation of Journalists (IFJ) – che definisce la Turchia “la più grande prigione di giornalisti del mondo” – da quel luglio di cinque anni fa sono almeno 67 i giornalisti detenuti in Turchia.

Il rapporto del deputato Çakırözer

Una situazione denunciata anche all’interno del paese, come nel rapporto curato da Utku Çakırözer, deputato del partito di opposizione CHP (erede del kemalismo) ed ex giornalista per Cumhuriyet, Los Angeles Timese Washington Post. Secondo tale rapporto, circa 100 giornalisti sono comparsi davanti a un giudice nel solo mese di marzo 2021. Sei di loro sono stati condannati a 16 anni e 2 mesi di carcere, tre sono stati arrestati e due indagati.

Tra i condannati figurano il direttore di Odatv Ankara News Müyesser Yıldız, il rappresentante di Tele1 Ankara İsmail Dükel (inizialmente accusati di spionaggio sono stati poi incriminati per diffusione di segreti di Stato, in relazione ad alcuni articoli riguardanti l’intervento militare turco in Libia) e il dirigente di sendika.org Ali Ergin Demirhan, la cui pena è stata poi commutata in sanzione pecuniaria. Sempre nell’ultimo mese tre giornalisti, tra cui Enver Aysever, Yağmur Kaya e un reporter di Artı Gerçek, sono stati arrestati per aver coperto nei loro servizi le proteste all’Università Boğaziçi, mentre il reporter di Sözcü, Yılmaz Özdil risulta indagato.

Un clima di repressione e violenza 

Arresti e condanne non sono tutto: il rapporto di Çakırözer cita inoltre l’omicidio di Hazım Özsu, un presentatore radiofonico di un canale locale di Bursa,colpito a morte da un radioascoltatore e l’aggressione a Levent Gültekin, presentatore di Halk TV e editorialista di Diken, da parte di un gruppo di 25 persone con pugni e calci davanti all’ufficio dell’emittente a Bakırköy, Istanbul.

Il parlamentare ha inoltre insistito sul fatto che la Corte Costituzionale ha ritenuto che il “taglio alla pubblicità” imposto al giornale Korkusuz dall’Agenzia statale BİK (Basın İlan Kurumu) – l’ente che distribuisce gli annunci del settore pubblico nei media – fosse una sanzione anticostituzionale. 

Çakırözer ha espresso preoccupazione per il fatto che il BİK abbia tagliato per due giorni gli annunci pubblici al quotidiano BirGün e per 5 giorni quelli al quotidiano Evrensel, nonostante la sentenza della corte. L’Agenzia per i media (RTÜK) ha inoltre inflitto quattro sanzioni amministrative separate a Tele1 e Halk TV motivate con l’accusa di insulto alla sensibilità religiosa, “oltre il diritto alla critica”. Accuse queste che molti ritengono infondate e affini alla censura politica.

Blocco all’accesso ai siti internet delle agenzie di stampa

Illustrando i dettagli sui blocchi all’accesso ad alcuni siti web, il rapporto di Çakırözer fa notare che a marzo è stato imposto un fermo ai siti di Etkin News Agency (ETHA) e Mezopotamya Agency, la maggiore agenzia di stampa curda. Secondo i dati compilati dalla Freedom of Expression Association (İFÖD), i blocchi sono stati imposti ai notiziari su 16 diversi contenuti.

Anche l’account twitter del CHP, i messaggi sui social media dei parlamentari dell’opposizione riguardo la situazione economica del paese e il sito web dello stesso İFÖD sono stati sottoposti a censura – inclusa la stessa denuncia della censura da parte dell’İFÖD. Tra le notizie censurate ci sono anche quelle riguardanti il caso Halk Bank negli Stati Uniti, nel quale una delle principali banche turche a partecipazione statale è accusata di aver sistematicamente aggirato le sanzioni USA contro l’Iran.

Non c’è democrazia senza libertà di stampa

Commentando le violazioni alla libertà di stampa, Çakırözer ha espresso preoccupazione per il fatto che le agenzie statali stanno “sfidando le sentenze della Corte costituzionale”, sottolineando che “le multe imposte ai giornali e ai canali TV, insieme all’aumento dei blocchi all’accesso a notizie e siti web, ostacolano il diritto delle persone all’informazione e minano la libertà di stampa”. Ha inoltre osservato che “senza rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla libertà di stampa, non si può parlare di democrazia in Turchia“.

Dal monitoraggio dell’IFJ relativo all’anno 2020, la Turchia risulta il paese con più giornalisti detenuti e, come sottolineato da Media For Democracy, la libertà di stampa nel paese appare fortemente compromessa.

Immagine: By The-movement-2000 – Own work, CC BY-SA 4.0

Chi è Dario Nincheri

Dario Nincheri, archeologo, ha vissuto a Betlemme e in Galizia. Studente magistrale di archeologia orientale e appassionato di Medio Oriente, per East Journal si occupa soprattutto di Turchia.

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