I bielorussi hanno festeggiato la ricorrenza del 25 marzo, giorno in cui si celebrerebbe – il condizionale è d’obbligo – l’indipendenza del paese nel 1918, tornando in piazza.
Ormai da settimane i canali Telegram legati alle proteste, ma anche i siti di informazione e i vari rappresentanti delle forze politiche di opposizione si preparavano a nuove manifestazioni, ovviamente non autorizzate.
25 marzo: celebrazioni negate
I cittadini avevano fatto richiesta ufficiale, come previsto dalla legge, per organizzare una manifestazione in piazza Jakub Kolas, uno degli snodi principali di Minsk, per ricordare il 25 marzo. Le forze dell’ordine hanno negato l’autorizzazione e hanno fatto anche di più: in varie istituzioni, come alcune scuole, si è richiesta la presenza di genitori, familiari e lavoratori per impegni inderogabili, in modo da limitare le proteste.
Già dalle prime ore della mattina del 25 marzo sono iniziati gli arresti che hanno coinvolto, tra giovedì e sabato, centinaia di persone. I motivi degli arresti sono i più svariati: alcuni testimoni raccontano di essere stati fermati mentre uscivano da un negozio o passeggiavano, e girano immagini di persone agganciate brutalmente per strada, come nel caso di una ragazza che stava filmando l’ormai nota attivista Nina Baginskaja.
Lo stesso alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri Josep Borrell si è espresso sul rilascio di cittadini polacchi, ammonendo ancora una volta l’operato del governo Lukashenko.
I prigionieri politici affollano le prigioni
Sono ormai più di trecento i prigionieri politici detenuti in Bielorussia e alcuni, come il blogger Igor Losik o gli ex candidati alla presidenza Viktor Babariko e Sergej Tichanovskij, sono dietro le sbarre da ormai quasi un anno. Babariko è sotto processo, ma gli viene negata la possibilità di parlare. Ha rifiutato ogni accusa e si prospetta per lui una condanna a 15 anni.
Intanto il 31 marzo è entrata in vigore una nuova legge che regolamenta i beni di prima necessità da distribuire ai detenuti: tra questi, 25 metri di carta igienica e 10 assorbenti femminili al mese. I media indipendenti e le organizzazioni in difesa dei diritti umani continuano, ormai da mesi, a denunciare le gravissime condizioni dei penitenziari bielorussi, sovraffollati anche a causa dei continui arresti di persone comuni che scontano dai quindici giorni a più mesi di detenzione.
Tichanovskaja ricercata per terrorismo
Il governo di Lukashenko ha emesso un mandato di cattura e richiesto l’estradizione per la leader della cosiddetta opposizione Svetlana Tichanosvkaja, stabilitasi in Lituania nell’agosto scorso dietro minaccia. Insieme a lei, sono ricercati anche i rappresentanti dell’organizzazione BYPOL, che riunisce gli ex funzionari delle forze dell’ordine e dei ministeri che oggi collaborano per far cadere il regime, in particolare fornendo prove concrete, come numerose registrazioni, dei crimini commessi dagli uomini di Lukashenko. Per loro, come per Tichanovskaja, l’accusa è di terrorismo. Che, ricordiamo, secondo il codice penale bielorusso è passibile di pena di morte.
Non se la passano meglio attivisti e blogger: il famosissimo Anton Motolko, che ormai da un anno grazie al suo lavoro raccoglie fondi per aiutare chi è colpito dal regime, è accusato di estremismo, così come il suo canale Telegram: consultarlo non è per ora reato, ma diffonderlo sì.
Infine, la Bielorussia è stata definitivamente esclusa dall’Eurovision 2021: dopo che le è stata rifiutata la canzone presentata, giudicata troppo politicizzata e propagandista, il governo ci ha riprovato proponendo un altro brano che strizza l’occhio a Lukashenko. Una mossa che ha tolto al paese la possibilità di partecipare alla competizione canora.
Adesso non resta che aspettare la prossima mossa di Tichanovskaya riguardo ai famosi negoziati proposti da OSCE e ONU: il sito Golos ha già raccolto oltre un milione e seicentomila voti a favore di un intervento esterno di mediazione.
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Immagine: Andrew Keymaster / Unsplash