Edi Rama, primo ministro albanese e leader del Partito Socialista, si ripresenterà alle elezioni legislative del paese programmate per il 25 aprile: se dovesse vincere, si tratterebbe del terzo mandato, altri 4 anni al potere. Dopo aver vinto nel 2013 e nel 2017, Rama non ha mai mostrato l’intenzione di voler rinunciare alla posizione di primo ministro, nonostante gli scontri con i partiti di opposizione, l’animosità con il presidente della Repubblica e le polemiche generate da alcune scelte politiche del suo esecutivo.
Le riforme, verso l’Unione europea
Il premier socialista ha presentato, fin dal primo mandato, uno sguardo fortemente rivolto verso l’Unione europea. La vittoria alle elezioni del 2017 e la conseguente maggioranza assoluta ottenuta gli hanno dato la possibilità di portare avanti le riforme necessarie per ottenere l’ok, a marzo 2020, all’avvio dei negoziati di adesione, attesi da più di 10 anni. Grazie alla sua presenza nella NATO e alle politiche di buon vicinato portate avanti da Rama nella regione, l’Albania è riuscita a ritagliarsi un ottimo dialogo con le istituzioni europee.
In particolare, Rama è riuscito ad arrivare ai negoziati con l’Unione grazie alla riforma della giustizia e ad un miglioramento dei rapporti con i paesi vicini. La riforma giudiziaria, approvata all’unanimità dal parlamento nel 2016, prevede un rigido controllo sulla corruzione della magistratura e dei giudici, oltre che la creazione di una procura che indaghi sugli abusi della classe politica.
Grazie anche all’iniziativa di Rama, è stato firmato, ad ottobre 2019, un accordo con Serbia e Macedonia del Nord per creare una sorta di “mini-Schengen”, in cui vi è libertà di movimento per cittadini, beni e servizi. A novembre 2020, Rama e il presidente serbo Aleksandar Vucic hanno firmato un accordo per garantire la possibilità ai propri cittadini di entrare nei due paesi senza passaporto. La questione del Kosovo, fonte di tensione da anni, è così passata in secondo piano. Queste iniziative sono poi confluite nel progetto di “mercato regionale comune” lanciato al vertice di Sofia del 2020.
Di particolare rilevanza anche altre riforme adottate dal governo Rama, come la legge sul divieto del gioco d’azzardo, i passi avanti sui diritti civili e la chiusura delle piantagioni di droga nel sud del paese.
Le ombre
Tuttavia, Rama non ha la vittoria assicurata: durante i suoi due mandati, insieme alle vittorie in ambito UE e alla gestione del post-terremoto del 2019, vi sono state anche iniziative che hanno aumentato la polarizzazione con gli altri partiti e scatenato forti tensioni politiche e sociali. Tra queste, in primis le leggi-bavaglio contro i media, presentate nel 2019 con l’intenzione di combattere notizie false e diffamazioni. Il governo è stato duramente criticato sia dai partiti d’opposizione di centrodestra che dalla comunità internazionale per le limitazioni alla libertà di stampa e ai diritti dei giornalisti albanesi.
Un’altra iniziativa che ha scatenato le proteste dei cittadini è stata la demolizione del Teatro Nazionale a Tirana, struttura inserita fra i “sette siti più minacciati” in Europa e simbolo della scena culturale albanese. Molti intellettuali e cittadini si sono mobilitati durante i primi mesi del 2020 contro il governo per salvare uno dei simboli della città, con poco successo: tra il 16 e il 17 maggio il Teatro è stato così demolito, siglando la rottura tra governo e buona parte del mondo della cultura.
Infine, per la prima volta dopo vent’anni, vi è stato un cambiamento sostanziale della legge elettorale, voluto dal governo di Rama e senza compromesso con i partiti di minoranza. Nonostante le pressioni su Rama per un accordo, le modifiche sono state approvate senza cambiamenti coi soli voti del Partito Socialista.
Queste scelte hanno esasperato i rapporti con il presidente della Repubblica Ilir Meta e con i partiti d’opposizione, che hanno boicottato le elezioni locali e le sedute parlamentari, portando in piazza migliaia di cittadini.
Nell’ultimo anno, infine, la pandemia globale, affrontata dal governo con misure rigide in una prima fase ma poi esplosa da autunno in poi, ha fatto venire a galla i punti di debolezza dello stato albanese che Rama non è riuscito a migliorare: l’arretratezza del sistema sanitario, ma anche la fragilità dell’economia, con un calo del 6.7% del PIL e un aumento del debito pubblico del 13% nel 2020, il più alto nella regione. Seppure l’invio di personale medico in Italia da parte di Rama abbia fatto conoscere la sua figura anche fuori confine, ciò non ha rispecchiato la difficile situazione sanitaria critica del paese, ora alle prese con una campagna di vaccinazione che stenta a decollare.
Il voto, una sfida aperta
Le elezioni del 25 aprile rappresentano così l’ennesima sfida per Edi Rama, personaggio carismatico e promotore di riforme, ma anche leader divisivo, al centro di conflitti politici ed istituzionali. A sfidarlo, una coalizione dei due maggiori partiti di opposizione, il Partito Democratico (PD) guidato da Lulzim Basha, anche lui ex sindaco di Tirana come lo stesso Rama, e il Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI), partito fondato dal presidente Meta, che promettono un cambio di passo dopo otto anni di guida socialista. I sondaggi lasciano intendere che la partita è tutta da giocare: solo dopo il voto sapremo se Rama sarà riuscito a convincere gli albanesi ancora una volta.
Foto: NATO/Flickr