Le elezioni parlamentari in Bulgaria, inizialmente fissate per il 28 marzo, si terranno il prossimo 4 aprile. Ormai agli sgoccioli del suo terzo mandato non consecutivo, al leader del partito di matrice europeista, conservatrice e populista GERB (Graždani za Evropejsko Razvitie na Bălgarija, “Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria”) Boyko Borisov mancano pochi mesi per diventare il primo ministro più longevo della storia post-comunista del paese.
Segni evidenti del suo decennio scarso di governo sono le condizioni critiche in cui verte la democrazia bulgara, profondamente deteriorata. La libertà di stampa e d’informazione continua a peggiorare, mentre la corruzione regna incontrastata in qualunque settore, magistratura compresa; le proteste scoppiate nel luglio scorso e proseguite per mesi, fino all’inizio della seconda ondata del virus, sembravano presagire la fine della carriera politica di Borisov. Ma è davvero così?
Covid-19 e campagna elettorale
Il protrarsi dell’emergenza sanitaria nella nazione, che ha registrato picchi di contagio vertiginosi all’inizio dell’autunno, ha inizialmente giovato al premier, portando alla graduale e netta riduzione delle manifestazioni contro il suo esecutivo autoritario e inefficiente. Dopo un tira e molla di responsabilità con il Comitato nazionale per la gestione della crisi nei mesi scorsi, rivelatasi caotica e disastrosa, ora che il numero di casi è tornato a salire Borisov ha formalmente delegato alle autorità regionali la decisione circa l’accesso ai luoghi pubblici. E così la Bulgaria si ritrova al momento con scuole, cinema, musei e teatri chiusi, ma centri commerciali e locali aperti fino alle dieci di sera; una mossa volta a garantire l’appoggio dei tanti imprenditori che costituiscono lo zoccolo duro dell’elettorato di GERB.
D’altra parte, venerdì scorso il primo ministro ha imposto in maniera unilaterale lo stop alla campagna di vaccinazione in seguito alle notizie arrivate da Danimarca, Norvegia e Islanda, nonostante l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) avesse annunciato l’assenza di ogni collegamento diretto tra il vaccino AstraZeneca e i casi di trombosi registrati. Lo stesso venerdì, in un centro nei pressi di Plovdiv, una 57enne è morta per “insufficienza cardiaca acuta” dopo aver ricevuto la prima dose. Attualmente il vaccino anglo-svedese è l’unico che la Bulgaria ha a disposizione; il blocco del processo di immunizzazione darebbe il colpo di grazia alla già scarna partecipazione al voto, celandolo dietro l’apparente preoccupazione per lo stato di salute dei cittadini.
Tutti contro il premier
Le proteste dell’estate scorsa hanno visto scendere in piazza migliaia di bulgari indipendentemente dalla loro fede politica. I partiti all’opposizione dovrebbero quindi passare all’azione, presentando piani elettorali determinati che possano distinguerli e definirli, e invece proseguono l’offensiva di massa contro Borisov a suon di slogan, senza mai toccare temi concreti. Tutto ciò paradossalmente semplifica la controbattuta del primo ministro, il quale può evitare ogni dibattito pubblico e scontro diretto ripetendo a oltranza che lui e la sua squadra stanno lavorando, mentre continua ad assicurarsi il sostegno elettorale attraverso il clientelismo.
Nel frattempo, lo scontento provocato dall’esecutivo ha suscitato dure reazioni oltreoceano. Già a fine gennaio la consulente giuridica dell’ambasciata statunitense a Sofia Jessica Kim aveva lanciato un monito pubblico contro il governo bulgaro, paragonando la corruzione dilagante a “una pandemia che non può essere trattata con una singola o doppia vaccinazione”. Kim aveva inoltre sottolineato come l’influenza degli oligarchi e la mancanza di libertà d’informazione ponga grossi ostacoli nelle indagini sul tema.
A inizio marzo dalla Commissione per i rapporti con l’estero del Senato americano è giunta un’altra dichiarazione fortemente critica, firmata dal democratico Bob Menendez e il repubblicano Jim Rish. Il testo, volutamente pubblicato dopo l’avvio della campagna elettorale bulgara, afferma che le gravi minacce allo stato di diritto “mettono a serio rischio le relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Bulgaria”. Facendo riferimento alla lunga serie di manifestazioni dello scorso anno, Menendez e Rish chiedono la difesa dei valori democratici. Il comunicato è stato pubblicato anche in lingua bulgara dall’ambasciata statunitense; GERB ha disperatamente tentato di farlo passare per una presa di posizione non ufficiale, architettata da qualche lobby, invano.
Nonostante il riconoscimento internazionale del fallimento di Borisov, l’assenza di una forza politica che riesca a catalizzare il malcontento dei cittadini, unita alla già dilagante sfiducia verso il sistema politico e all’alto numero di contagi e ospedalizzazioni giocano inevitabilmente a suo vantaggio. I sondaggi di inizio marzo vedono in testa GERB, seguito di socialisti di Kornelija Ninova (BSP) e dal partito del conduttore e cantante Slavi Trifonov. L’esito delle prossime elezioni e il destino del primo ministro uscente pare dunque tutt’altro che scontato.
foto: sede dell’Assemblea nazionale bulgara/Pixabay
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