di Matteo Zola
La crisi europea, una crisi che sembra al contempo economica e d’identità, accende anche la Romania dove da giorni vanno avanti proteste contro l’attuale governo, guidato da Emil Boc, e il presidente Traian Basescu. Una protesta contro quelle misure di correzione economica che il Fondo Monetario Internazionale impone agli Stati in cambio della concessione di fondi. E’ quella che comunemente viene detta “austerity” e dei cui mali (almeno secondo chi scrive) abbiamo già detto parlando della Grecia. Occorre però dire che Bucarest i soldi li ha presi e che le regole del gioco, ad oggi, sono queste. Anche l’Ungheria, che ha provato a fare a meno del Fmi, ha dovuto recentemente riallacciare le trattative.
La Romania però è un Paese complicato, in perenne transizione tra il passato regime socialista e il nuovo regime democratico. Una democrazia incompiuta, gestita dagli stessi uomini del vecchio regime e dai loro figliocci. Le attuali proteste sono state paragonate a quelle del 1989. Secondo chi sostiene questa analogia, oggi come allora le proteste sarebbero pilotate, fomentate, cavalcate da chi ha interesse a rovesciare lo status quo per mettere se stesso (o suoi affiliati) al potere. Dopo l’omicidio di Ceausescu a prendere il potere furono infatti – dopo averlo giustiziato – gli eredi del suo stesso regime. E oggi?
A scatenare la protesta sarebbero state le dimissioni di Raed Arafat, siriano naturalizzato romeno, fondatore del Serviciul Mobil de Urgenta, Reanimare si Descarcerare (Smurd), servizio di medicina d’urgenza che per anni ha affiancato il disatrato servizio d’emergenza urgenza dello Stato. Una recente riforma della sanità, voluta da Basescu su “consiglio” del Fmi, prevede l’ingresso di privati nel settore. Come suggerito da Matteo Tacconi, Arafat si è dimesso in protesta di una legge che andrebbe a toccare il suo Smurd, nel frattempo riconosciuto come servizio nazionale ma “monopolio” di Arafat.
Luca Bistolfi, in un precedente articolo, paventa la presenza di agenti della polizia di sicurezza tra i manifestanti, infiltrati allo scopo di far degenerare la piazza in scontri violenti. E la violenza, si sa, deligittima qualsiasi protesta. Il premier Emil Boc ha dichiarato: “La violenza non sarà più tollerata” così, durante la manifestazione di ieri sera a Bucarest, sono scattati gli arresti per più di 250 persone con circa 280 denunce per violazione dell’ordine pubblico. A questi si aggiungono una settantina di feriti.
La Romania è il Paese che più di tutti, in Europa, sta subendo i tagli di bilancio imposti dal Fmi. La crisi romena è gravissima. Come riporta Mihaela Iordache, su Osservatorio Balcani, ci sono stati: “tagli draconiani di stipendi e pensioni, licenziamenti anche nel pubblico. Questo nonostante la Romania continui ad essere il Paese con la crescita più alta dell’Unione europea, nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha registrato un +1.8%.Il caso Arafat è stato solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso e ad accelerare le proteste”.
Il leader dell’opposizione del Partito Nazionale Liberale (PNL), Crin Antonescu, cavalca l’onda delle proteste e invoca elezioni anticipate.
Le proteste contro le misure economiche volute dal governo, in Romania, si intrecciano con un sostrato di corruzione, poteri deviati, interessi personali, uso pubblico della violenza. La protesta, che sembra destinata ad accrescersi, porterà forse alle dimissioni di Boc ma Basescu difficilmente lascerà la poltrona di presidente. Il timore è che, come già nel 1989, tutto cambi affinché tutto resti uguale.
in effetti non si capisce come possano sopravvivere gli strati più indigenti della popolazione. quest’estate ho percorso la romania e debbo dire che mi sono posta il quesito. soprattutto nelle campagne o nei piccoli villaggi.
un giovane sui 25 anni mi ha detto ” qui stanno bene solo i vecchi” bene in senso lato ovviamente.”non c’è nessunissimo lavoro”
forse intendeva dire che i vecchi contadini possono sopravvivere, ma i giovani che non hanno nulla?
si vive con pochissimo e mi chiedo come mai non ci sia più delinquenza, perchè, nonostante tutto, è un paese sicuro.
La Romania ha ampie sacche di povertà, questo è sicuro, ma è un Paese ricco di risorse e sempre più meta di turismo. Le campagne e le periferie delle grandi città sono sovente preda della povertà, in modo non dissimile dalle campagne e periferie serbe, bulgare, ucraine. E’ una povertà che, però, non è miseria. Certo la crisi ha aggravato. Ci sono Paesi, come la Macedonia, più poveri della Romania, ma è una povertà “sostenibile”. La Romania ha l’anomalia di essere un Paese dell’Unione. Un’adesione forse frettolosa.
Sulla deliquenza, dipende cosa s’intende. Come in tutti i Paesi poveri a vincere è l’economia informale (traffici, contrabbando) che è di per sé un crimine. La società, però, non è preda di una violenza diffusa e il crimine organizzato è poco radicato. Perché? Credo che il crimine si adoperi laddove ci sono ricchezze di cui appropriarsi e, come lei dice, in Romania non c’è molto da rubare.
Matteo
Per capire meglio l’attuale situazione economico-finanziaria della Romania, credo sia opportuno ricordare alcuni dati macroeconomici risalenti all’anno scorso, 2011:
1) Il PIL del Paese è stato pari a 119,8 miliardi di euro.
2) L’economia sommersa ammonta a 35% del PIL e l’evasione fiscale si aggira attorno ai 5 punti percentuali del prodotto.
3) Il costo della corruzione è pari a 30 miliardi di euro all’anno; se la cifra viene rapportata al PIL del Paese il risultato fa rabbrividire!
4) il PIL procapite è pari a 7.500 dollari, la penultima nella classifica europea; l’ultima è la Bulgaria.
I problemi della Romania sono veramente tanti (oltre a quelli appena elencati), ricordo per mancanza di spazio, solo alcuni: il Paese è fondato su diversi clan mafiosi e clientelari, a livello locale e centrale che controllano tutte le attività illecite: dal contrabbando (anche i rifiuti tossici), alla droga, al traffico di persone, alla prostituzione, ecc., in collusione con la classe dirigente.
Questa situazione di decadenza ha origini lontane ma il collasso si è verificato dopo la rivolta di Palazzo del 1989 quando il potere politico ed economico è passato nelle mani dell’oligarkia comunista, ora dipinta di democrazia, che si è arricchita smantellando l’apparato produttivo della Romania (il Paese era ricco di risorse).
E così è iniziato l’esodo dei romeni: l’emigrazione in massa (credo sia l’unico caso nella storia dopo il 1989), e come si può immaginare, dopo l’ingresso nell’UE, l’Europa è stata invasa anche dai delinquenti i quali non hanno nulla da perdere.
Nel chiudere vorrei sfattare (“vox populi”) il mito, secondo quale in Romania sussiste la CERTEZZA DELLA PENA: tale principio era in vigore e applicato durante il comunismo ma nella Romania “democratica” si compra TUTTO, giustizia compresa! Di conseguenza chi è povero e magari innocente va in gallera perché non ha il denaro per corrompere i giudici!
Spero fortemente che non si permetta alla Romania di entrare nell’area Schenghen (occorre l’unanimità dei paesi contraenti) perché consegnare un’area così vasta di frontiere nelle mani della corruzione romena e dei vari clan mafiosi sarebbe la fine per l’UE!
perchè i delinquenti sono venuti tutti in Italia!
perche provengono dai romani, tutti i delinquenti romani errano castigati e mandati nella dacia attuale romania… come la mafia italiana sono i delinquenti rumeni…
Certo che per paragonare queste proteste a quelle dell’89 (quando in ballo non c’era certo un cambio di politica del governo ma la fine di un sistema oppressivo che durava da quasi mezzo secolo) bisogna essere storicamente non miopi, ma ciechi. Voi potete divertirvi a paragonare galline con pecore finché volete, ma il rispetto per la storia e il senso delle proporzioni non andrebbe mai perso. Soprattutto quando si spiega un paese come la Romania, le cui tragedie non andrebbero banalizzate come state facendo voi (esperti). Saluti.
Gent. Lettore
lei ha tutto il diritto di esprimere le sue critiche, alle quali voglio però rispondere che, in primo luogo, è la stampa romena a fare il paragone (veda Adevarul di questi giorni). In secondo luogo in questo articolo scrivo: “Le attuali proteste sono state paragonate a quelle del 1989. Secondo chi sostiene questa analogia…”. Non affermo che ci sia un paragone, riporto un’opinione diffusa.
A banalizzare, mi sembra, è la sua lettura disattenta.
Cordialmente
Matteo
Bravo
Se un giornale romeno azzarda un paragone improprio perché ha un’agenda politica da promuovere, è compito degli analisti senza agenda cercare di riportare gli avvenimenti nel loro contesto a beneficio dei propri lettori. E se un’opinione è palesemente assurda o sproporzionata, sarebbe utile leggerne una confutazione, piuttosto che vederla riportata come se fosse sensata. Chi vi legge, credo, non si aspetta una semplice cronaca dei fatti ma una visione leggermente più ampia. Mi sembra che in questo articolo (e in altri precedenti) il famoso senso delle proporzioni sia andato completamente perso e si sia preferito un tono sensazionalistico che poco ha a che vedere con la prospettiva storica. Addirittura l’autore dell’articolo conclude con una frase dello stesso tenore che, francamente, lascia più che perplessi: “Il timore è che, come già nel 1989, tutto cambi affinché tutto resti uguale”. Il lettore disattento o poco informato sarebbe portato a pensare che in Romania nessuna differenza ci sia tra la democrazia imperfetta del 2012 e il regime totalitario del 1989 e che nel frattempo nel paese non sia successo nulla, il che è ovviamente un’assurdità. Capisco che i giornalisti tendano alla semplificazione, all’iperbole e – come in questo caso – al paradosso, ma i paradossi bisogna saperli maneggiare, altrimenti si rivelano boomerang per la credibilità di chi scrive.
Saluti.
Enzo Reale
Che il paragone sia improprio è una sua opinione, poiché un’analogia tra due fatti (o il suo contrario) rientrano nel campo delle opinioni, non delle verità storiche. Questa è l’unica cosa che contesto. Per il resto, ha ragione. Che questi paragoni siano improri, in termini assoluti, è evidente a un cieco (come lei dice). Ogni evento storico è di per sé non paragonabile a un altro, poiché diverse sono le condizioni e il contesto in cui si verifica.
Questo articolo e i precedenti sono due cose diverse. I precedenti sono scritti da un autore che, credo, i nostri lettori conoscono per le sue posizioni radicali. Il mio citare l’89 è, lo ripeto, il riportare le opinioni altrui (della stampa romena, come del collega che ha scritto i pezzi precedenti). Certo un lettore non è tenuto a conoscere le opinioni degli autori, ma non è nemmeno tenuto a leggerci. Ha la libertà di cambiare pagina, come di contestare.
Che il paradosso richieda capacità di essere maneggiato, è assai vero. Ed evidentemente quella capacità non l’abbiamo. Almeno non io. Anche la frase finale, che lei cita, risponde a questo grossolano gusto del paradosso poiché, con una battuta, liquida due momenti importanti (almeno uno senz’altro) della Storia romena.
Un saluto
Matteo
Grazie per la risposta. Credo che questo scambio abbia contribuito a fare un po’ di chiarezza e a riportare gli eventi nella loro cornice corretta. Buon lavoro.
Enzo Reale
Guardi, che abbiamo dei limiti lo sappiamo, è grazie a scambi come questi che ce ne rendiamo conto. A breve uscira un e-book proprio sulla rivoluzione romena con tre contributi, di diverso taglio, sulla questione. Mi farebbe molto piacere avere un suo franco parere. Cordialmente
Matteo
”
In un nostro recente viaggio in Romania una delle prime cose che ci ha colpito è stato il proliferare di banche, soprattutto straniere. Ve ne sono a ogni angolo. Forse se le proteste fossere indirizzate anche contro questi “enti privati a partecipazione pubblica” il mirino sarebbe più a fuoco. ” Egr Zola secondo lei quello che ho riportato sono idee e opinioni? NO. E istigazione secondo me bella e buona. Io ho grande stima per molti dei suoi colleghi ed anche di Lei perche fate informazione seria. Inviti alcuni suoi collaboratori a scrivere non quello che desiderano loro, ma quello che avviene realmente. La ringrazio
Gent. Giuliano
ha perfettamente ragione, tendo non intervenire su quanto scritto da un collaboratore poiché credo (in termini assoluti) che la censura sia prima di tutto autocensura, e che se sentiamo il bisogno di autocensurarci allora vuol dire che ci misuriamo con una realtà che non è libera ma gravata da interdizioni. Nel caso specifico ha però perfettamente ragione. Le dirò che non è il primo a farmelo notare e l’istigazione alla violenza è uno dei reati a mezzo stampa sanciti dal codice penale (anche se non credo esista il reato d’istigazione alla violenza in Paesi terzi). In ogni caso, è un’affermazione grave che- a questo punto – provvederò a rimuovere.
Spero però questo confronto sia, prima di tutto, testimone della buona fede con cui operiamo e del rispetto che in ogni cosa cerchiamo di portare al lettore.
La responsabilità ultima di quanto pubblicato è, legalmente e moralmente, la mia non del sig. Bistolfi.
Grazie
un saluto
Matteo