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SERBIA: La Chiesa ortodossa ha un nuovo patriarca

La morte del patriarca Irinej, avvenuta lo scorso 20 novembre a causa di complicazioni dovute al Covid-19, ha aperto le porte per un possibile rinnovamento delle posizioni della Chiesa ortodossa serba. Sono passati tre mesi prima dell’elezione di colui che andrà a ricoprire, per i prossimi anni, questo importante ruolo religioso. Il 18 febbraio è stato sorteggiato dall’assemblea dei vescovi il nome del quarantaseiesimo patriarca: la scelta è ricaduta su Porfirije Peric, metropolita di Zagabria-Lubiana, e considerato vicino al presidente della Repubblica Aleksandar Vucic.

Chi è Porfirije, il nuovo patriarca

Nato nel 1961, Porfirije è stato eletto relativamente giovane rispetto ai suoi predecessori. In un paese in cui circa il 90% della popolazione si dichiara ortodossa e in cui la chiesa ha giocato, nel corso dei secoli, non solo la funzione di guida religiosa ma anche politica, Porfirije riveste un ruolo di primaria importanza per i serbi.

Nato in Vojvodina, ha svolto la sua formazione monastica in Kosovo, per poi proseguire con un dottorato ad Atene. Dopo aver aiutato nella creazione di diverse comunità di riabilitazione per tossicodipendenti nel monastero Kovilj, Porfirije è stato nominato metropolita di Zagabria-Lubiana dall’allora patriarca Irinej e dal sacro sinodo nel 2014.

Considerato vicino al governo e al presidente Vucic, ma meno conservatore rispetto ai suoi predecessori, Porfirije deve guidare 12 milioni di fedeli sparsi per i Balcani e nel resto del mondo. Dovrà affrontare le sfide poste dalla modernizzazione e dalle continue divisioni all’interno dei paesi in cui la Chiesa ortodossa serba svolge un ruolo fondamentale: non solo la questione del Kosovo, ma anche il problema del rapporto con le autorità politiche in Montenegro, cresciuto negli ultimi anni.

Il ruolo controverso della Chiesa nella storia serba

La Chiesa ortodossa serba, autocefala rispetto alla Chiesa ortodossa di Constantinopoli, ha da sempre svolto un ruolo importante nella regione. La sicurezza di avere il patriarca della Chiesa come alleato non è infatti una novità per la classe politica serba. Nel corso dei secoli, dalla sua creazione da parte di San Sava nel XIII secolo alla sua finale denominazione nel 1920, la Chiesa ortodossa serba ha infatti esercitato un ruolo guida per la popolazione serba, sia sotto l’impero ottomano che nei momenti di indipendenza politica.

Durante il ventesimo secolo, la posizione della Chiesa ortodossa serba ha iniziato a presentare caratteristiche conservatrici, nazionalistiche e intolleranti verso le minoranze; l’unico momento in cui si è vista una netta separazione tra la figura di guida religiosa e quella di guida politica fu vissuto durante il regime comunista jugoslavo. Dopo la morte di Tito, la Chiesa vide la possibilità di ritornare a far parte del potere decisionale del paese attraverso Slobodan Milosevic negli anni ’90. Con il patriarca Pavle, la Chiesa appoggiò le cause identitarie e unitarie dietro le guerre degli anni ’90 nei Balcani.

Questo rapporto, spesso controverso, tra Chiesa e Stato ha portato ad una clericalizzazione dello Stato. Ogni partito e personaggio politico, infatti, ha cercato di sfruttare la vicinanza del patriarca e della chiesa alla scena politica serba a proprio favore anche dopo la svolta “democratica” del paese ad inizio XXI secolo.

La questione del Kosovo

Porfirije, rispetto ai suoi predecessori Irinej e Pavle, mostra una posizione più flessibile sulla questione del Kosovo (dovuta anche al cambio generazionale). Tuttavia, un cambiamento di posizioni in termini di riconoscimento dello stato kosovaro da parte della Chiesa ortodossa serba non arriverà certamente presto.

Il Kosovo rappresenta infatti uno dei tre pilastri fondamentali su cui la Chiesa serba basa la sua identità, assieme al culto di San Sava e all’idea che il popolo slavo possa essere solamente cristiano. Il Kosovo è considerato il cuore del cristianesimo ortodosso serbo, centro della sua cultura e spiritualità per via della presenza del patriarcato di Pec e del monastero di Visoki Decani, oltre che di altri siti ortodossi.

Tuttavia, la continua politicizzazione dell’eredità culturale (condannata anche dalla comunità internazionale) di tutta la regione e in particolare del Kosovo si scontra con la situazione politica nella regione. La posizione della Chiesa ortodossa e dello stato serbi sulla questione kosovara continuano infatti ad allontanare il paese dalla possibilità di accesso all’Unione Europea, lasciando la Russia come unico alleato del paese.

Foto: Falco, Pixabay

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