Il 28 febbraio, a Mosca, sarà apposta una targa sulla facciata del palazzo dove visse Alice Negro, cittadino italiano arrestato nel 1941 e morto in un lager staliniano nel 1944. La commemorazione si svolgerà nell’ambito del progetto “Ultimo indirizzo” (in russo Poslednij adres), un’iniziativa pubblica che ha lo scopo di commemorare i cittadini vittime della repressione politica durante il periodo sovietico.
Il progetto, esempio di storia pubblica
“Ultimo indirizzo” è un’iniziativa civica che si ispira al progetto delle Pietre d’inciampo (Stolpersteine), creato nel 1992 in Germania per ricordare le vittime della Shoah e attivo in 650 città di 11 paesi europei.
Il progetto, che ha come principio fondatore il motto “Un nome, una via, una targa”, si propone di applicare migliaia di targhette commemorative di modello uniforme sulle facciate degli edifici che rappresentano l’ultimo indirizzo conosciuto delle vittime delle repressioni.
Ogni targhetta commemorativa, grande all’incirca come una cartolina, è dedicata a una singola persona, a un indirizzo preciso. L’iniziativa di applicare la targa parte, a sua volta, da un singolo cittadino. I membri dell’associazione Poslednij adres utilizzano come fonte principale, per la ricerca e la verifica delle informazioni che appaiono sulle targhette commemorative, la banca dati dell’associazione Memorial di Mosca, che ha raccolto informazioni archivistiche riguardanti circa 4,5 milioni di cittadini sovietici vittime delle repressioni politiche. Si tratta dello stesso archivio alla base della tradizionale manifestazione “Ritorno dei nomi” (di cui avevamo parlato qui) che si tiene ogni 29 ottobre davanti alla pietra delle isole Solovki, monumento sulla piazza della Lubjanka.
Il “Ritorno dei nomi’ e “Ultimo indirizzo”, entrambe iniziative di storia pubblica, rappresentano un’importante forma di commemorazione, che contribuisce a una memoria attiva e a mantenere viva la conversazione sulle repressioni, siano esse passate o contemporanee.
Chi era Alice Negro
Nato a Tollegno (BI) il 6 aprile 1904, Alice Negro nasce in una famiglia operaia e dall’età di 14 anni lavora alla tipografia sociale di Biella. Come il padre, si iscrive prima al Partito Socialista e dal 1921 al Partito Comunista d’Italia.
Nel 1931 emigra in Francia, a Parigi frequenta gli emigrati politici e lavora come tipografo. Lo stesso anno ottiene il visto per l’URSS: giunge inizialmente a Leningrado e, in seguito, inviato dal partito comunista italiano, si sposta a Mosca per studiare alla Scuola Internazionale Lenin (Meždunarodnaja leninskaja škola, MLŠ). Nel 1932 si iscrive al partito comunista sovietico e lavora alla tipografia n. 39, che pubblica le opere di Lenin in italiano. Nel 1932 sposa Maria Karš, dalla quale ha due figlie, Atea e Lucia.
Nel 1933 è trasferito alla tipografia n. 7 “Iskra Revoljucii”, dove due anni dopo diventa vice-caporeparto. Denunciato da un compagno di lavoro italiano, nel 1936 è espulso dal partito e licenziato. Viene accusato di metodi capitalisti nella direzione della tipografia e di propaganda antisovietica. Nei successivi quattro anni cerca invano di essere reintegrato nel partito e di trovare un impiego. Si rivolge più volte all’ambasciata italiana per ottenere il passaporto, in sostituzione di quello italiano lasciato a Parigi, per poter rientrare in Italia.
Viene arrestato una prima volta nel 1937, per essere rilasciato poco dopo. Nel febbraio 1941 è nuovamente arrestato con l’accusa di propaganda trockista, intenzioni terroriste e rivelazione dei metodi di lavoro dell’NKGB. Il 16 settembre 1941 viene condannato a 8 anni di lager e viene inviato al campo Usol’skij, nel territorio di Perm’, dove morirà il 27 maggio 1944.
Il 28 maggio 1957, per decisione del Procuratore generale dell’URSS, Alice Negro viene riabilitato. Sessantaquattro anni dopo, “Ultimo indirizzo” applicherà la targa con i suoi dati anagrafici in Kapel’skij pereulok 13, presso l’abitazione dove Negro risiedeva con la sua famiglia prima dell’arresto.
La scheda completa relativa alla sua storia, oltre a quelle dei tanti italiani vittime di un simile destino, può essere consultata all’interno della banca dati delle vittime italiane di repressioni in Urss, compilata a cura dell’Associazione Memorial Italia.
FOTO: Esempio di una targa del progetto “Ultimo indirizzo” (Wikimedia commons).