Dora e il minotauro. La mia vita con Picasso
di Slavenka Drakulić
traduzione di Estera Miočić
Bottega Errante Edizioni, 2021
Euro 17
Fotografa o pittrice? Francese o croata? Argentina o etrusca? Forse comunque ebrea? Donna, ma con caratteristiche maschili. Politicamente impegnata, poi del tutto indifferente verso la politica. Atea o credente? Sottomessa e isterica. Intellettuale? Sì, ma pazza. Ingenuamente sincera, ma anche bugiarda, gelosa, donna vanitosa dietro una maschera di freddezza. Orgogliosa e superba, ma che invece di lottare rinuncia e si abbandona alla propria debolezza. Femme fatale vittima della propria passione, mi disse una volta Lacan.
È un intero libro rigorosamente scritto in prima persona, sotto forma di diario, quello che la celebre scrittrice Slavenka Drakulić dedica alla visionaria Dora Maar, nome d’arte di Henriette Theodora Markovitch, nata a Parigi nel 1907 da madre francese e padre croato. Poliedrica esponente della corrente surrealista, la sua raffinata vocazione per la fotografia viene troppo presto oscurata dall’ingombrante fama di Pablo Picasso. Pubblicato per la prima volta in Croazia nel 2015, il romanzo spoglia Maar della riduttiva veste di musa e amante del pittore spagnolo per ridare lustro alla sua figura di artista e soprattutto di donna.
Accanto alle opere su Frida Kahlo e Mileva Einstein, Dora e il minotauro completa la triade di Drakulić dedicata a grandi personalità femminili che si sono dovute misurare con la notorietà opprimente dei rispettivi partner. Come dichiarato dalla stessa autrice, l’obiettivo non è quello tracciare una biografia, bensì di portare alla luce le dinamiche contraddittorie scaturite dal rapporto tra un uomo e una donna di talento legati sentimentalmente e al contempo impegnati nello stesso ambito professionale.
Evito di identificare gli artisti con le loro opere. E proprio perché ne ho conosciuti tanti, so quanto rivoltante possa rivelarsi un artista interessante. È meglio non conoscere gli artisti, né sapere nulla di loro. Si rimane sempre delusi. Ciò vale tanto per Picasso quanto per me!
Nata in Francia, cresciuta in Argentina, nel pieno della Belle époque Dora Maar si fa subito conoscere grazie ai suoi scatti conturbanti, carichi di erotismo e mistero, visionari fotomontaggi in cui combina eleganza e ambiguità. Quando incontra Picasso a Saint-Germain-des-Prés, nel 1936, gioca a far saltare un coltello nello spazio tra le dita della propria mano sul tavolino di un caffè, insanguinando il guanto candido e folgorando l’artista andaluso; lei ha 28 anni, lui 54.
Carico di presagi è l’inizio della relazione – proficua per l’uno, tormentata per l’altra – che li unisce per quasi otto anni, durante i quali Picasso la ritrae e trasfigura ripetutamente nelle sue tele, privandola man mano della sua esotica e algida immagine di “sfinge egiziana”. È nelle lacrime della stessa Maar che l’impietoso pittore-Minotauro intinge il pennello, per poi cucirle in volto una maschera di dolore con il suo inconfondibile tratto.
Aveva dipinto tutto – il mio presente e il mio futuro. Mi aveva mostrato in tutte le mie sfaccettature, dalla ragazzina incantata in spiaggia fino alla prigioniera del Minotauro, piagnucolosa, indossatrice di cappelli pazzi e grottesca figura cadaverica ormai priva di sembianze femminili. Avrei dovuto capire a quale destino stessi andando incontro. Non solo io, ma tutte le sue donne che nei suoi ritratti avevano compiuto lo stesso percorso.
Attraverso la minuziosa descrizione delle produzioni artistiche di Maar e Picasso, il volume ricostruisce i retroscena delle fotografie e dei dipinti realizzati nel periodo del loro connubio creativo; opere bidimensionali solo in apparenza, a cui Drakulić restituisce profondità e prospettiva. Una prosa lucida e razionale scompone e dà voce all’anima frammentata di Dora Maar, tessendo i fili delle sue molteplici identità. La scrittrice croata imbastisce un diario che è come un fiume in piena, i cui riflessi creano un interminabile gioco di specchi tra arte e realtà, menzogna e verità, personalità pubblica e privata.
La volontà di autoanalisi della fotografa e pittrice, reduce dal legame con Picasso e ormai matura, la porta a interrogarsi senza sosta sulle sue scelte e azioni. Maar-Drakulić va sulle tracce delle dinamiche che hanno portato la Dora-amante a sabotare la Dora-artista, la giovane donna brillante a sottostare alle capricciose umiliazioni di un uomo egocentrico e sfrontato. Dora e il minotauro è un’agonia cristallina puntellata di impetuosità e ossessione, abbandono e apatia, che lascia al lettore il compito di rispondere alla domanda cardine del romanzo: come può l’amore portare all’autodistruzione?
C’è una fotografia scattata in spiaggia all’inizio della nostra relazione. Ci mostra immersi in mare fino al girovita. (…) I nostri corpi non si toccano. Amo quella fotografia perché fa intuire che tra noi era già successo qualcosa, che un attimo prima di entrare in acqua avevamo fatto l’amore. Chiunque all’epoca ci avesse fotografati o solo osservati dalla spiaggia poteva accorgersene. Ricordo che stando accanto a lui nell’acqua bassa, mentre ci riscaldava il sole al tramonto, mi sentii pervasa da un intenso senso di appartenenza reciproca. Di quel legame profondo che le coppie raramente vivono e che ancora più raramente sopravvive.
foto: placca commemorativa nella casa di Dora Maar a Ménerbes, Provenza/Wikipedia