Tutto come previsto, tutto come da copione. Vetevendosje (che vuole dire “Autodeterminazione”, VV), il partito nazionalista di sinistra guidato da Albin Kurti ha vinto le elezioni parlamentari tenutesi in Kosovo nella giornata di ieri, domenica 14 febbraio. L’affluenza registrata del 47% è complessivamente soddisfacente considerando il momento storico in atto e le nevicate in corso in gran parte del paese.
Vetevendosje ha stravinto, per la precisione, visto che i dati ufficiali della Commissione elettorale centrale le attribuiscono piu’ del 48% delle preferenze, un dato che potrebbe essere ancora maggiore dopo lo spoglio dei numerosi voti dei kosovari all’estero. Un risultato, soprattutto, che consentirebbe a Kurti di formare il suo governo senza necessariamente andare a cercar voti altrove e senza dover imbarcare alcuno tra i suoi più acerrimi rivali. Al dominio incontrastato di Vetevendosje corrisponde, uguale e opposta, la sconfitta del Partito Democratico del Kosovo (PDK) e della Lega Democratica del Kosovo (LDK), ovvero dei due partiti storici che negli ultimi vent’anni – dalla fine della guerra – si sono alteranti alla guida del paese.
Regge, tutto sommato, il PDK che con il 17,3% vede erodere il suo consenso solo di pochi punti percentuali rispetto al 21% ottenuto alle scorse elezioni del 2019: un calo atteso ma più contenuto di quanto non si potesse pensare alla luce di quanto successo nell’ultimo travagliatissimo anno, conclusosi con l’incarcerazione all’Aja del suo padre fondatore, nonché (ex) presidente della Repubblica, Hashim Thaçi. La sconfitta assume invece i contorni della vera e propria disfatta per la LDK, che ha raggranellato un misero 13,1%, dimezzando, quasi, il 24% di due anni fa. Alla LDK è mancata una leadership riconoscibile (troppo anonima la figura di Avdullah Hoti), ma non solo: è probabile, infatti, che agli elettori non sia piaciuta la disinvoltura con la quale, nella primavera scorsa, la Lega fece cadere il primo governo Kurti dopo solo 51 giorni di vita per accaparrarsi la poltrona di primo ministro – con lo stesso Hoti – in un governo raccogliticcio e privo di respiro politico. Tonfo anche per Alleanza per Il Futuro del Kosovo (AAK), la compagine guidata da Ramush Haradinaj, che non va oltre il 7,4%, perdendo quasi un terzo dei propri elettori e confermandosi come forza significativa solo in alcune municipalità dell’ovest del Kosovo, mentre esce dal parlamento il partito NISMA, capace di convincere solo il 2,6% dei kosovari. Tra le minoranze nazionali, netta affermazione della Lista Serba (LS), che si assicura tutti e 10 i seggi destinati ai serbi. Altri 10 seggi spettano da Costituzione ai partiti delle altre minoranze, potenziali partner del governo Kurti per raggiungere quota 61 deputati, decisiva per avere la maggioranza in parlamento.
Vetevendosje vince in tutti le principali città del paese, sfiorando un consenso quasi plebiscitario nella capitale Pristina dove conquista un sontuoso 64%. Il PDK è la compagine più votata solo nella regione della Drenica, sua storica roccaforte. Ovunque disastroso, invece, l’esito per la LDK. Oltre a quella geografica, comunque – stando ai dati degli exit pool e a quelli dei sondaggi che hanno preceduto questa tornata elettorale – il successo di VV “non conosce età” (era largamente favorito in tutte le fasce d’età risultando particolarmente popolare tra gli under 30) né differenze di sesso, sebbene il movimento di Kurti abbia attratto soprattutto il voto femminile, 6 donne su 10. E probabilmente non è un caso che sia proprio una donna, Vjosa Osmani – attuale presidente della Repubblica ad interim – ad essere l’altra grande vincitrice della giornata di ieri. La Osmani si era formalmente alleata a Kurti solo pochi mesi prima delle elezioni, dopo esser stata allontanata dalla LDK.
Con un parlamento in cui Vetevendosje ha una maggioranza così schiacciante, l’elezione della Osmani alla massima carica dello stato sembra molto probabile: sarebbe il completamento di un processo di rinnovamento, profondo e irreversibile, dell’intera nazione. Non sarà semplice, perché è facile immaginare che tanto il PDK quanto la LDK non faranno sconti: ma visti i rapporti di forza in campo – perlomeno in parlamento – l’azione di contrasto dei due partiti storici del Kosovo rischia di avere le armi spuntate.
E’ stata la Osmani, in una recentissima intervista all’emittente televisiva CNN a tracciare il solco. Sottolineando, innanzi tutto, la necessità di un cambio di passo sociale del paese – lotta alle discriminazioni di genere e miglioramento della qualità educativa delle nuove generazioni – la presidente in pectore ha indicato nel contrasto alla criminalità e alla corruzione e nella creazione di posti di lavoro, specie giovanile, i punti architrave dell’azione del prossimo esecutivo. Con un parlamento così fermamente in mano, VV può permettersi ora di governare praticamente da solo per portare avanti il programma di riforme di cui il paese ha così drammaticamente bisogno. E di farlo per l’intera durata del suo mandato: anche questa sarebbe una novità.
Foto: Gazeta Objektiv