Questo articolo è stato scritto in collaborazione con István Csabay, studente dell’Università di Pécs.
La riforma delle università ungheresi prosegue spedita, ma suscita un po’ dovunque resistenze: in seguito all’occupazione della SzFE, gli studenti hanno protestato a Szeged, Pécs e Debrecen. Un vero e proprio risveglio che, al netto dei risultati pratici, dimostra che nel paese sono presenti energie pronte a sfidare il governo.
Un progetto di riforma già noto
Tutto ebbe inizio nel luglio del 2019, quando fu annunciato il piano di privatizzazione dell’Università Corvinus di Budapest, prestigioso centro di studi economici e politici, prototipo di una più ampia riforma degli atenei ungheresi. Dietro la facciata di maggiori investimenti “privati” – in realtà portati avanti da personalità vicine allo stesso governo – l’azione prometteva di tagliare i costi “improduttivi”, sopprimendo alcuni corsi di laurea e riducendo le borse di studio, garantendo, al contempo, l’assoggettamento dell’ente all’esecutivo.
Non sorprende così che nella tarda primavera del 2020 altre sette università – fra cui la SzFE – siano state costrette ad aderire a questa nuova struttura, caratterizzata dalla presenza di una fondazione privata che, sopprimendo l’autonomia degli enti, di fatto gestisce l’ateneo. Un piano ulteriormente sviluppato nel gennaio del 2021, quando altri quattro atenei sono stati chiamati a votare per decidere se adottare o meno questo nuovo modello: l’Università Semmelweis a Budapest e quelle di Pécs, Szeged e Debrecen.
Il caso di Pécs
Nel mezzo di una pandemia, nel periodo di intermezzo fra i due semestri accademici e con due sole settimane di preavviso questi atenei hanno dovuto deliberare su un tema estremamente delicato, scegliendo se aderire o meno, senza alcuna garanzia su chi avrebbe fatto parte della fondazione incaricata di gestire l’ateneo.
Comprensibilmente, la notizia della riforma non è stata accolta con particolare entusiasmo dalla maggioranza degli studenti, nello specifico tra quelli di Pécs, importante centro dell’Ungheria meridionale. Un piccolo gruppo di universitari ha deciso così di mobilitarsi, strutturandosi attraverso la pagina facebook Free PTE e organizzando riunioni online, denominate plenum, dove hanno partecipato in centinaia fra studenti, personale dell’università e docenti.
Un modo per informare e informarsi, dialogare e diffondere le testimonianze provenienti da altre atenei già “riformati” (come Miskolc, Corvinus e SzFE) o da altre personalità del mondo dell’istruzione (come i rappresentanti del sindacato di categoria). Un tentativo anche di far pressione al szenátus dell’università, chiamato a votare la riforma. In aperto contrasto con i rappresentanti degli studenti che avevano avallato la proposta, il plenum del 19 gennaio ha dimostrato l’ostilità dell’università, ribadita anche nel secondo plenum del 25 gennaio. Ancora il 28, giorno prima del voto, il sondaggio realizzato dal gruppo riguardo l’attitudine degli studenti verso la riforma ha dato un risultato evidente:
Verde: sono incerto, blu: sono contrario, giallo: sostenitore (Fonte: pagina facebook Free PTE).
Ciononostante, il senato accademico dell’Università di Pécs, così come quelli di Szeged e Debrecen, ha votato a favore della riforma. Il motivo è semplice: il passaggio a una fondazione privata (pur sovvenzionata da denaro pubblico) è fortemente sponsorizzato dal governo che ha promesso ingenti investimenti in caso di adesione. Dunque, un vantaggio economico, ma con un piccolo problema: nessuna garanzia che la fondazione rispetterà l’autonomia degli atenei, e ancora meno che non ne influenzi le scelte.
Una strategia che va letta nella più ampia cornice della politica culturale di Viktor Orbán, incentrata sulla conquista dei centri universitari, funzionale per la formazione di una nuova classe dirigente vicina al governo – evidente nel caso della Corvinus – o di lotta contro atenei o centri di ricerca ostili, come la CEU, o l’Istituto di storia politica a Budapest.
E ora?
La delusione, inevitabilmente, è grande: il voto dei senati accademici segna un ulteriore passo in avanti nel progetto governativo, e assottiglia ulteriormente il numero degli atenei pubblici rimasti nel paese. Al netto di alcune polemiche sulle modalità di voto – come a Szeged – il governo ha ottenuto quello che voleva, e tre tra i maggiori atenei ungheresi sono passati a fondazioni private.
Ma non è ancora finita: la SzFE insegna, e non è detto che la lotta degli studenti non possa proseguire.
Foto: Wikimedia
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