È uscito recentemente anche in inglese il volume dello storico Marco Buttino Samarcanda. Storie in una città dal 1945 a oggi, edito da Viella in italiano nel 2015 (Samarkand. Living the City in the Soviet Era and beyond, Viella, 2020). Si tratta di un’altra opera importante dell’autore che si occupa ormai da anni di Unione Sovietica e, in particolare, della natura dell’esperienza socialista nei territori dell’Asia centrale (ricordo qui, in particolare, La rivoluzione capovolta. L’Asia centrale tra il crollo dell’impero zarista e la formazione dell’Urss del 2003, volume tradotto poi anche in russo).
L’esplorazione della città mitica, soprattutto nell’immaginario italiano, di Samarcanda si svolge nel volume attraverso le coordinate ‘narrative’ della storia e della geografia. L’autore non solo ci accompagna dai secoli precedenti all’instaurazione del potere socialista in quello che oggi è l’Uzbekistan (e al tempo il governatorato zarista del Turkestan) fino ai risvolti conseguenti al collasso dell’Urss nel 1991, ma ci guida anche quasi ‘turisticamente’ tra i diversi quartieri che compongono (o hanno composto) la città. Le foto inserite nel volume non solo fanno da corredo alla trattazione storico-antropologica, ma offrono un’idea della Samarcanda di un tempo e di oggi.
Concentrandosi in particolare sulla storia delle diverse comunità che componevano il tessuto sociale urbano (in particolare, gli ebrei di Buchara, i gitani Mugat, i coreani deportati) e ricordandoci che il nocciolo più antico della città è quello tagiko, l’autore descrive come le politiche etnico-linguistiche di assimilazione e integrazione siano passate da una più e meno palese russificazione alla spinta uzbekistanizzazione post-sovietica.
Buttino non ci abbandona mai nella lettura, recuperando i fili della trattazione ogniqualvolta rischiamo di perderci nelle diverse periodizzazioni. Lo storico si sofferma più volte sulla sottile e fluida linea ‘negoziale’ che in epoca sovietica passava tra potere centrale (moscovita), autorità locali e quotidianità e che in sostanza rendeva ogni repubblica sovietica ‘sovietica’ a suo modo (come le famiglie infelici del famoso incipit di Anna Karenina).
Questo studio preciso e puntuale della città di Samarcanda nel corso del Novecento è infatti funzionale a comprendere, ampliando, il fenomeno locale dell’esperimento statale sovietico. È la parola ‘compromesso’ a fungere da Leitmotif nella trattazione: la vita sovietica era in realtà ben lungi dall’essere rigidamente governata dall’alto, in maniera gerarchica; gli abitanti dell’Unione Sovietica si muovevano piuttosto in uno spazio fluido e in una certa misura negoziabile racchiuso tra una sfera prettamente ‘sovietica’, una ‘parzialmente sovietica’ e una ‘non-sovietica’. In questa cornice si staglia la questione del particolare ‘colonialismo sovietico’, che l’autore discute tra le righe in tutto il volume e fa emergere con chiarezza nell’ultima parte, dedicata a un confronto tra le diversissime esperienze di Algeri e Samarcanda.
Quale era dunque il rapporto tra il centro e la periferia e quale è stato il suo risvolto una volta che tale legame si è sciolto nel 1991: sono queste le domande che guidano il volume di Marco Buttino e che qui abbiamo in breve delineato.
Per approfondire la storia sovietica (e post-sovietica) di Samarcanda vi invitiamo a seguire la nostra diretta di presentazione del libro con l’autore, mercoledì 3 febbraio alle ore 18.30. L’appuntamento, trasmesso in diretta Facebook, sarà poi disponibile sul nostro canale YouTube e su IGTV.