Giovedì 14 gennaio centinaia di studenti sono scesi in piazza ad Atene, sfidando le rigide norme di contenimento della pandemia, per protestare contro un disegno di legge che imporrebbe, per la prima volta, la presenza della polizia nei campus universitari. Momenti di tensione ci sono stati quando la polizia ha tentato di disperdere i manifestanti, per la maggior parte coscientemente dotati di mascherine protettive per il COVID 19, usando gas lacrimogeni.
Il 13 gennaio 2021, il ministro greco dell’Istruzione e della religione, Niki Kerameos, ha presentato sul sito internet del rispettivo ministero la nuova proposta di legge, aprendo a una discussione pubblica della durata di una settimana. Il dibattito, conclusosi il 20 gennaio, ha riguardato la legge nella sua totalità, che prevede anche l’introduzione del voto minimo necessario per entrare nelle università, la cartolarizzazione delle istituzioni accademiche e un numero massimo di anni di studio consentiti. Parallelamente a questa iniziativa è iniziata anche una vivace riflessione sui media e sui social media, dove è parsa evidente la contrarietà di molti, soprattutto a sinistra.
Il nuovo ordine di Nea Dimokratia
Secondo Disinfaux collective (collettivo greco di giornalismo open-source) questa non è l’unica nuova unità di polizia che il governo greco sta istituendo. Nel tentativo di militarizzare e controllare ulteriormente lo stato, le istituzioni stanno assumendo migliaia di nuovi poliziotti e militari, hanno creato una nuova unità per la protezione dei passeggeri e delle attrezzature sui mezzi di trasporto pubblico, hanno riattivato il finanziamento e l’adeguamento delle attrezzature della polizia municipale, hanno introdotto una nuova forza di polizia “disarmata”, denominata ODOS (strada, in greco), per la gestione delle dimostrazioni e disposto nuove e più restrittive direttive per lo svolgimento delle manifestazioni (inclusa l’intenzione di creare uno spazio designato per fotoreporter e giornalisti, in un tentativo di limitare l’accesso a eventi e immagini che potrebbero documentare l’uso di forza eccessiva da parte delle forze dell’ordine).
Fin dalla rivolta del Politecnico di Atene del 1973 – quando un carro armato entrò nell’ateneo sfondando le porte, dando così il via alla repressione sanguinaria delle proteste contro la dittatura dei colonnelli iniziate 3 giorni prima – la presenza delle forze dell’ordine dentro alle università è un argomento sensibile. Nel 1974 quando in Grecia tornò la democrazia, infatti, fu approvata una legge che vietava alla polizia di entrare nei plessi universitari.
Dal momento della sua elezione, nel luglio del 2019, il governo di Nea Dimokratia si è speso per modificare il quadro giuridico, aggiungendo alla legge del 9 agosto 2019 un terzo comma che prevede che “le autorità pubbliche possono agire secondo la legge, compreso il loro intervento in caso di reati”. Secondo questa nuova disposizione la polizia è perciò già autorizzata a entrare nelle università, nel caso ritenga sia stato commesso un reato; prima, per un loro intervento, era necessario l’invito specifico del rettore.
La nuova normativa, istituendo una forza di polizia dedicata, è però un ulteriore passo verso lo smantellamento dell’ordinamento precedente.
La reazione della società civile
Il tentativo del governo riportare la polizia all’interno delle università ha suscitato, oltre alle vivide proteste degli studenti, anche un acceso dibattito nella sfera pubblica. Si è discusso soprattutto della giurisdizione cui dovrebbero essere sottoposti questi nuovi agenti di polizia universitaria e sull’autorità a cui dovrebbero essere sottoposti, se debbano essere agli ordini dei rispettivi rettori (come ogni altro dipendente dell’università) o alle dipendenze dirette delle forze di polizia e del ministero della Protezione civile.
Un altro aspetto controverso è la questione del budget per l’istruzione stanziato per gli anni 2020-2021. Molti studenti e sindacati studenteschi stanno sollevando preoccupazioni riguardo alla continua mancanza di fondi delle università greche, recriminando il fatto che, mentre il ministero cerca di assumere nuovi agenti per operare nelle facoltà, ci sono migliaia di studenti privi del materiale accademico per l’anno che è già in corso.
Néa Dimokratía ha utilizzato un caso specifico come capro espiatorio per introdurre questo nuovo progetto di legge. Alla fine di ottobre 2020, individui non identificati hanno umiliato e abusato verbalmente il decano di un’università di Atene all’interno del suo ufficio, costringendolo a indossare un cartello con scritto “Solidarietà con gli squat”. Per trovare i colpevoli è anche stata emanata una taglia su di loro e istituita una ricompensa per chiunque fosse stato in grado di fornire informazioni utili a identificarli. I responsabili sono stati infine arrestati, per poi essere rilasciati su cauzione.
L’ipotetica nuova normativa trova contrarietà in un ampio spettro della società greca: i sindacati studenteschi, il consiglio dei presidi universitari, persino il sindacato di polizia sono in disaccordo e sollevano preoccupazioni a riguardo, in un contesto in cui anche i media internazionali iniziano a prestare attenzione all’aumento degli episodi di brutalità compiuti della forze dell’ordine in Grecia.
Il 26 gennaio Oxford UCU, uno dei più grandi sindacati di professionisti dell’istruzione, rappresentativo di quasi 120.000 tra docenti, ricercatori e personale accademico, ha dichiarato di considerare allarmante il disegno di legge.
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