Complici le basse temperature che hanno colpito il paese, è stato registrato in questi giorni un livello preoccupante di smog nelle maggiori città polacche. IQAir, azienda svizzera specializzata nell’analisi della qualità dell’aria, ha riscontrato nella città di Wrocław il secondo dato peggiore al mondo per inquinamento dell’aria. Non è andata molto meglio nella capitale Varsavia e a Cracovia, il cui livello di particolato è risultato tre volte superiore all’indice massimo raccomandato.
La dipendenza dal carbone
Il fenomeno, noto da anni, diventa critico con la stagione invernale, con l’incremento nell’utilizzo del riscaldamento delle abitazioni. Tra il combustibile bruciato ad uso domestico, infatti, è frequente l’uso di carbone, spesso di bassa qualità, e anche di spazzatura generica.
Il carbone – che corrisponde all’80% del fabbisogno energetico nazionale – è il combustibile fossile più inquinante in assoluto, in particolare per quanto riguarda l’emissione di polveri sottili. Le autorità statali, sebbene abbiano cercato di contrastarne gli effetti dannosi, non sembrano inclini a rinunciare a questa fonte energetica. La Polonia, infatti, ospita il maggior numero di miniere di carbone in Europa dopo la Germania, ed è l’unico stato membro dell’Unione Europea che continua a costruire nuove centrali elettriche a carbone.
Tra le numerose presenti sul territorio nazionale, si segnala in particolare la centrale di Bełchatów, alimentata a lignite, che – con le sue 38 milioni di tonnellate di CO2 prodotte ogni anno – si classifica come la centrale più inquinante dell’intero continente europeo, tanto da essere oggetto di azioni legali da parte dell’ong ambientalista ClientEarth.
Anche la miniera a cielo aperto di Turów, localizzata nella zona nota come “triangolo nero” al confine con Germania e Repubblica Ceca, ha fatto esplodere un vero e proprio caso diplomatico. Nella confinante cittadina di Frýdlant, infatti, è stato rilevato un livello preoccupante di deterioramento delle risorse idriche e, sebbene la Polska Grupa Energetyczna – azienda alla gestione di Turów – abbia negato qualsiasi responsabilità, le autorità locali continuano a fare pressione sul governo polacco per chiedere la chiusura dell’impianto.
Uccidere l’industria del carbone?
“Non uccideremo l’industria del carbone”, aveva annunciato il presidente Duda nel 2018. Tra i motivi per il sostegno al carbone vi sarebbe l’economicità di questa fonte energetica, in grado di limitare le importazioni di gas naturale dalla Russia, e il suo radicamento culturale.
In realtà, il costo della materia prima è aumentato esponenzialmente negli ultimi decenni a causa della necessità di scavare sempre più in profondità in giacimenti minerari che, in alcuni casi, risalgono al XIX secolo. La necessità di provvedere al fabbisogno di carbone, quindi, ha reso necessario l’apporto di sostanziosi finanziamenti statali per lo sviluppo degli impianti esistenti e, contestualmente, l’importazione di carbone dall’estero, in particolare da Russia e Ucraina.
Ad ogni modo, all’industria del carbone è legata l’economia (e il tessuto sociale) di una delle regioni più ricche del Paese, la Slesia. L’estrazione e la lavorazione del carbone, infatti, è un settore che impiega direttamente circa 85.000 posti di lavoro. Nelle cittadine meridionali non è raro incontrare intere famiglie di minatori da generazioni e spesso l’intera economia locale ruota attorno all’estrazione del combustibile fossile.
Nel corso degli ultimi anni è aumentata la sensibilità al problema dello smog nelle grandi città. Le autorità locali raccomandano, durante i mesi invernali, di non praticare sport all’aperto e incoraggiano l’uso di apposite mascherine per i bambini. La municipalità di Cracovia, tra le più colpite dall’inquinamento, ha vietato la combustione per uso domestico del carbone e della spazzatura e ha sviluppato un’app per consentire ai cittadini di segnalare eventuali violazioni. Tuttavia, nessun piano nazionale per la de-carbonizzazione è stato avanzato e, al contrario, negli ultimi anni il governo ha annunciato l’avvio di nuovi giacimenti.
Un’emergenza nazionale?
Nonostante sia uno dei Paesi dove è meno sentito il problema del cambiamento climatico, le pressioni della Commissione Europea e delle associazioni ambientaliste hanno spinto la Polonia ad accettare – dopo intense negoziazioni – l’impegno del Green Deal per chiudere tutti gli stabilimenti a carbone entro il 2049. La Commissione ha garantito speciali finanziamenti agli stati dell’Europa Centrale per agevolare la riconversione energetica.
L’Agenzia Europea per la qualità dell’aria stima che circa 43mila persone muoiano ogni anno in Polonia per patologie legate all’inquinamento dell’aria. Delle 50 città europee dalla peggiore qualità dell’aria, ben 36 si trovano in Polonia. La questione energica non solo si lega ad un problema sanitario nazionale, ma è stata definita una priorità per la Commissione Europea. Sul tema dell’ambiente, però, continuano a pesare ancora troppi interessi in gioco, non ultimo il peso ancora cruciale dei sindacati dei minatori.
Immagine: Rinnovabili.it