AZERBAIGIAN: La commemorazione del Gennaio Nero

Il 20 gennaio, a Baku e in tutto l’Azerbaigian, è stato commemorato il trentunesimo anniversario di uno degli avvenimenti più oscuri e violenti della storia dell’Unione Sovietica: il Gennaio Nero [Qara Yanvar in azero]. Ogni anno, migliaia di azeri si radunano sul Viale dei Martiri, a Baku, dove sono sepolte le vittime della violenza delle truppe sovietiche. Tuttavia, gli azeri non furono i soli a soffrire per questo evento storico: i giorni che precedettero il 20 gennaio 1990 furono infatti caratterizzati da un violentissimo pogrom che prese di mira la popolazione armena di Baku.

L’origine della violenza

Alle radici dei fatti del gennaio 1990 vi è il conflitto che tutt’oggi frappone Armenia e Azerbaigian, ossia la disputa per il controllo del Nagorno-Karabakh. L’Unione Sovietica di Michail Gorbačëv era in quel periodo scossa in ogni parte da moti indipendentisti e il Caucaso non faceva eccezione. Il 20 febbraio 1988, la richiesta del Soviet della Regione Autonoma del Nagorno-Karabakh di venire annessa alla confinante Armenia, al tempo sotto il controllo della Repubblica Socialista Azera, inaugurò una crisi tutt’ora irrisolta.

Pochi mesi dopo, nel luglio dello stesso anno, nacque il Fronte Popolare dell’Azerbaigian, un movimento il cui intento era rivendicare l’autonomia ed eventualmente l’indipendenza del paese. Nella sua fase iniziale, il Fronte non aveva un preciso indirizzo politico, raccogliendo al suo interno sia le frange più moderate e liberali che quelle prettamente nazionaliste della società e dell’intellighenzia azera.

In un’escalation di tensione, numerosi azeri residenti in Armenia furono costretti a tornare al paese d’origine e lo stesso avvenne per gli armeni che vivevano in Azerbaigian. Nel corso del 1989 in Azerbaigian vi furono numerose manifestazioni e tafferugli volti a chiedere a Mosca una maggiore autonomia. Tra questi ebbero particolare risonanza gli scontri avvenuti a Jalilabad, i cui residenti chiedevano la possibilità di riavvicinarsi ai loro parenti residenti in Iran.

Il pogrom anti-armeno di Baku

Il 9 gennaio 1990, la decisione del parlamento armeno di integrare il Nagorno-Karabakh nei propri confini infiammò definitivamente gli animi. Mentre numerosi sostenitori del Fronte Popolare inondavano le strade di Baku per protestare contro questa decisione, Eimet Panakhov, uno dei leader più estremisti del movimento, dichiarava che “mentre le strade sono piene di senzatetto, migliaia di armeni vivono nel comfort”.

Fra il 13 e il 18 gennaio Baku fu così scossa da un sistematico linciaggio anti-armeno: gruppi di nazionalisti azeri diedero inizio a una vera e propria caccia alle streghe, caratterizzata da linciaggi pubblici e irruzioni all’interno degli appartamenti, che costrinsero i pochi armeni rimasti a evacuare la città. Una testimonianza drammatica degli eventi di quei giorni si trova nel romanzo Sogni di Pietra dello scrittore azero Akram Aylisli.

In tutto ciò, Mosca si astenne dall’intervenire: come descritto da Thomas de Waal in Black Garden, la polizia non fece nulla per fermare la violenza, mentre il governo centrale dichiarò lo stato d’emergenza in tutta la Repubblica  Socialista Azera, escludendo inspiegabilmente Baku. Solo nella notte del 19 gennaio, quando ormai la quasi totalità della popolazione armena aveva lasciato la città, venne dato ordine all’esercito di marciare su Baku.

Il massacro del 20 gennaio

Nella notte tra il 19 e il 20 gennaio, dopo aver tagliato le comunicazioni, l’esercito sovietico marciò sulla città, sfondando, oltre alle barricate poste a difesa delle strade, anche le automobili e persino alcune ambulanze. In una sola giornata, il bilancio dei morti fu tra i 130 e i 170 caduti. Tra le nazionalità coinvolte si annoverano azeri, tatari, russi ed ebrei.

Per la prima volta nella sua storia, i soldati dell’URSS marciarono contro una città dell’Unione Sovietica, tracciando uno spartiacque fondamentale non solo nei rapporti con l’Azerbaigian, ma con tutte le Repubbliche. A Baku e nel resto del paese, il Fronte Popolare guadagnò definitivamente il sostegno dei cittadini, concentrando i suoi sforzi contro il governo sovietico, invece che contro la popolazione armena.

Il giorno successivo al massacro circa 130 mila cittadini scesero in strada, mentre nel paese venne dichiarato un lutto che si protrasse per 40 giorni. Dal giorno dell’indipendenza, ottenuta nel 1991, ogni anno il 20 gennaio a Baku viene commemorato questo anniversario con un raduno presso il Viale dei Martiri, dove sono seppellite le vittime del Gennaio Nero.

2021: tra commemorazione e celebrazione

Negli anni, la commemorazione di questo evento storico ha avuto un ruolo fondamentale nel rafforzare la coesione nazionale in Azerbaigian: segna sia la definitiva presa di coscienza da parte della popolazione della necessità di ottenere l’indipendenza dal regime sovietico, sia la ferita, ancora aperta, causata dalla perdita del territorio del Nagorno-Karabakh.

Così, nel 2021,  l’anniversario del Gennaio Nero segnerà un momento fondamentale per celebrare la ritrovata unità nazionale e la riconquista di un territorio facente parte della giurisdizione azera. I recenti sviluppi, che hanno rafforzato la predominanza azera nella regione, verranno certamente celebrati dal regime, contribuendo tanto a rafforzare il sentimento di appartenenza nazionale e di fiducia nel governo che a esacerbare i rapporti con l’Armenia, che a sua volta ha commemorato in questi giorni i fatti avvenuti nei giorni che precedettero il 20 gennaio. Anche nel ricordo di un evento storico che ha coinvolto entrambi, i due popoli risultano irrimediabilmente divisi da una prospettiva storica agli antipodi.

Immagine: Anadolu Agency

Chi è Carlo Alberto Franco

Nato a Torino nel 1994, inizia a interessarsi di Russia e affini grazie a una Laurea Triennale in mediazione linguistica. In seguito frequenta il MIREES di Bologna e trascorre vari periodi in Russia e Kazakistan. Nel tempo libero si dedica alla musica e alla letteratura.

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