lavarsi le mani

UNGHERIA: Ignác Semmelweis e l’importanza di lavarsi le mani

L’Allgemeines Krankenhaus der Stadt Wien è il principale ospedale pubblico di Vienna. Stando a Wikipedia, è il quinto più grande d’Europa sia in termini di posti letto, sia di personale impiegato. È un’istituzione che ha sulle spalle oltre tre secoli di storia: i lavori per la sua costruzione iniziarono all’indomani del secondo assedio ottomano alla città del 1683. Nella sua lunga vita è stato il teatro di molte ricerche scientifiche importanti per la storia della medicina pubblica mondiale. Ed è qui che a metà dell’Ottocento un medico ungherese getta le basi di una disciplina che ha ancora una volta dimostrato la propria importanza durante la pandemia di Covid-19: l’igiene. Questa è la storia di Ignác Fülöp Semmelweis e dell’importanza di lavarsi le mani.

Quando nascere era un rischio

Alla fine del Settecento l’imperatore Giuseppe II visita l’ospedale. Colpito dalle difficoltà della struttura, decide di fare dell’ospedale pubblico di Vienna un’istituzione di eccellenza tanto nella cura dei propri pazienti quanto nella ricerca medica, favorendo il rapporto con l’Università. Proprio qui, nel 1844, nella migliore clinica dell’Austria-Ungheria, si specializza in ostetricia Semmelweis che, nel giro di due anni, viene nominato assistente professore al reparto maternità dell’ospedale di Vienna.

lavarsi le mani semmelweisIgnác Semmelweis era nato nel 1818 a Buda, figlio di una famiglia benestante di origini tedesche. Lasciare l’Ungheria per la capitale è un passaggio inevitabile per chi ha ambizioni e lui a 28 anni lavora in una delle più importanti istituzioni europee, sebbene l’ostetricia, specialmente all’epoca, non fosse il settore più ambito della pratica medica. A far nascere i bambini erano in fondo capacissime le donne fin dalla notte dei tempi. A peggiorare la fama del settore, circola negli ambienti viennesi la sensazione che andare a partorire in ospedale sia rischioso, spesso un condanna a morte per le donne. Capitava spesso che le puerpere si ammalassero di una forte febbre che non lasciava scampo. Chi poteva, partoriva in casa.

 

I due padiglioni

Il problema della febbre puerperale è all’ordine del giorno nel direttivo dell’ospedale, ma nemmeno i più blasonati medici e professori universitari sanno spiegare l’origine della malattia. Semmelweis nota però un fatto che sfuggiva a tutti. Nell’ospedale di Vienna i padiglioni di ostetricia sono due: in uno i parti sono assistiti dal personale medico, nell’altro solamente dalle balie e dalle infermiere. Il medico ungherese analizza il numero di neo-madri decedute nei due padiglioni tra il 1841 e il 1846, osservando che è più facile morire se si partorisce nel padiglione dove operano anche i medici. Il tasso di mortalità rispetto all’altro padiglione è cinque volte più alto. 

Semmelweis passa quindi a studiare che cosa facciano di diverso i medici rispetto a infermiere e balie. E la risposta non è difficile da trovare. Come in tutte le cliniche universitarie del mondo – è vero anche oggi – i professori dissezionano i cadaveri per studiarne le cause di morte e tenere lezione ai futuri medici. Può essere che qualcosa di mortale si trasferisca dai cadaveri alle partorienti attraverso gli stessi medici? All’epoca l’idea che esistessero i germi, entità invisibili a occhio nudo che possono trasmettere le malattie, non era ancora nota: bisognerà aspettare l’ultimo scampolo di secolo. 

La strana morte del dottor Jacob Kolletschka

All’inizio del 1847, durante una delle autopsie di routine, un medico boemo più anziano di Semmelweis, Jacob Kolletschka, si ferisce al braccio con il bisturi. Nel giro di poco tempo si ammala gravemente, presentando sintomi simili a quelli delle neo-mamme. E se sia stato il bisturi infetto a trasferire qualcosa di nocivo e letale dentro al corpo dell’anatomopatologo? Lavarsi le mani, togliendo via ogni particella di questa minaccia invisibile prima di visitare le partorienti o assistere un parto potrebbe essere la soluzione al mistero della febbre puerperale? All’epoca nessuno dei medici si sentiva in dovere di lavarsi le mani dopo aver maneggiato gli organi di un cadavere e prima di visitare un paziente.

Oggi sappiamo che la febbre che colpiva le neo-madri viennesi è provocata da alcuni batteri, come lo Streptococco o Escherichia coli, che trovano una via di accesso nelle lacerazioni della mucosa uterina che si possono verificare durante il parto. E sappiamo che erano proprio i medici che non si lavavano le mani a condannare a morte quelle donne. Semmelweis riesce a convincere l’ospedale a obbligare i medici a lavarsi le mani con acqua e sapone prima di passare da un paziente a un altro (morto o vivo che fosse). L’effetto è immediato: il tasso di mortalità del padiglione sotto osservazione si abbassa e raggiunge i valori dell’altro.

Ma la storia di Semmelweis non è a lieto fine. L’opposizione della direzione dell’ospedale alle sue idee è feroce. Gli chiedono di mostrare che cosa porterebbero i medici sulle loro mani. E Semmelweis non può mostrarlo, anche se sa che l’introduzione della prima pratica di igiene in un ospedale ha migliorato la probabilità di sopravvivenza di un gruppo di suoi pazienti. Lotta contro il muro di gomma dell’establishment medico viennese, ma le forze sono impari. Da un parte la tradizione e l’autorità della prestigiosa università, dall’altra un medico che non riesce a mostrare le prove di quello che sostiene. La sua intuizione e la sua analisi diventano per Semmelweis un’ossessione: scrive decine di lettere, pubblicazioni a chiunque conti nella scienza medica in Europa. Ma nessuno lo ascolta. Entra in depressione, forse sviluppa qualche disturbo psichico. Sicuramente finisce la sua esistenza nel 1867 rinchiuso in un manicomio.

Oggi, quando le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei Ministeri della Salute dei vari paesi ci ricordano l’importanza di lavarsi le mani per limitare la circolazione del coronavirus, ricordiamoci anche di Ignác Fülöp Semmelweis (a cui Budapest ha intitolato un’università): è stato il primo a capirne l’importanza.

Su Ignác Semmelweis si possono leggere la tesi di laurea in medicina di Louis Ferdinand Céline pubblicata da Adelphi: Il dottor Semmelweis. Più recente è invece la biografia scientifica scritta da Sherwin B. Nuland: Il morbo dei dottori (Codice Editore). Su YouTube si trova anche un cortometraggio di Fred Zinnemann, vincitore del premio Oscar nel 1938, dal titolo esplicativo That Mothers Might Live.

Foto: ungarnheute.hu

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