Dato che nei due articoli precedenti abbiamo parlato di slavofilismo, è interessante ora proporre una digressione che approfondisca le caratteristiche dell’eurasiatismo, una corrente di pensiero che ancora oggi ispira la geopolitica russa e che affonda le sue radici nel pensiero slavofilo. Andremo dunque a parlare della genesi del pensiero eurasiatico, enfatizzando i punti di convergenza e divergenza con lo slavofilismo.
La dottrina eurasiatica si è sviluppata nel primo decennio del ventesimo secolo, grazie a un gruppo di illustri studiosi emigrati guidati da Nikolaj Sergeevič Trubeckoj (1890-1938), e si diffuse in particolar modo subito dopo la rivoluzione russa del 1917. Questa dottrina sostiene che l’Eurasia, ovvero il territorio corrispondente all’incirca all’ex Unione Sovietica e all’impero russo, costituisca una civiltà unica in sé, distinta dall’Europa e dall’Asia, e come tale paragonabile all’Europa, ma non agli stati-nazione come la Francia o la Germania. Questa civiltà non deve quindi commettere l’errore di tentare di integrarsi con l’Europa (o con qualsiasi altra civiltà), cercando di replicarne lo sviluppo, ma necessita di concentrarsi sul proprio particolare cammino.
Il compito dell’eurasiatismo è quindi quello di dimostrare l’unità e l’unicità dell’Eurasia (non solo della Russia, dunque). Pertanto, i suoi sostenitori si concentrarono sulla ricerca delle origini comuni dei vari popoli che componevano lo spazio euroasiatico. L’origine della civiltà asiatica fu individuata nella conquista mongola della Russia e nello stato tataro-mongolo che ha governato la Russia dal XIII alla fine del XV secolo. I nazionalisti russi, come gli slavofili avevano sempre visto la conquista mongola come una catastrofe naturale, mentre gli eurasiatici sostenevano il contrario e si sforzavano di esplorare le affinità linguistiche e antropologiche con le popolazioni asiatiche.
Europa e umanità: la critica di Trubeckoj all’eurocentrismo
Europa e umanità di Nikolaj Trubeckoj è il saggio che segna la nascita del pensiero eurasiatico. In questo testo pubblicato a Sofia nel 1920 l’autore analizza la crisi della civiltà europea e di quella russa e cerca di indicarne una via d’uscita.
Il primo punto su cui Trubeckoj si sofferma è la pretesa di universalità della cultura occidentale, la quale viene definita come imperialismo culturale. Secondo l’autore, è inconcepibile pensare che esista una scala evolutiva per determinare gli stadi di sviluppo dell’umanità ed è ancora più inconcepibile pensare che questa scala evolutiva sia determinata da una sola civiltà. L’idea di progresso definita dalla cultura europea è pertanto un metro di misura errato perché ricerca i propri stadi di sviluppo e la propria storia nelle altre culture. Queste ultime, essendo distinte e avendo seguito un proprio cammino, non potranno mai essere giudicate secondo dei criteri comparativi.
Il secondo punto che viene enfatizzato da Trubeckoj è che ogni cultura si fonda su valori differenti e pertanto deve seguire un proprio cammino. L’imitazione di modelli esterni e l’assimilazione culturale possono solo riprodurre una posizione subalterna e insoddisfacente, dato che i principi che vengono ritenuti superiori hanno origine altrove. Se una cultura cade nell’imitazione rischia dunque di cadere in una crisi d’identità: è questo che accadde alla Russia nel 1917, secondo Trubeckoj.
L’eurasiatismo tra slavofilismo e panslavismo
Il pensiero eurasiatico è stato certamente influenzato dallo slavofilismo, dal quale ha ereditato diversi concetti. Tuttavia, questi concetti cono stati reinterpretati e hanno dato origine a idee innovative. Tra queste, vi è l’idea di nazione russa come unità sinfonica di individui collettivi (popoli ed etnie). Questo è senz’altro un pensiero inedito, ma che si rifà al concetto di sobornost’ (conciliarità, collegialità) elaborato da Chomjakov.
Una delle opere che che più ha segnato l’eurasiatismo è La Russia e l’Europa di Nikolaij Danilevskij (1822-1885), un pensatore slavofilo e panslavista. In quest’opera Danilevskij delinea la sua visione del mondo analizzando le varie civiltà che contribuiscono al processo storico. Danilevskij quindi individua un distinto “tipo storico-culturale” slavo di cui la Russia ne sarebbe a capo. Secondo il pensatore slavofilo, il destino russo e quello slavo sarebbero congiunti e la sua piena realizzazione dipenderebbe dal prendere coscienza dei propri specifici attributi e dall’elaborazione di un programma d’azione comune.
Trubeckoj è invece contrario all’idea di un “carattere slavo” e sostiene che le culture slave si siano sviluppate indipendentemente da quella russa e siano espressione di un carattere proprio e distinto. Tuttavia, il pensiero di Danilevskij e l’eurasiatismo si ritrovano sullo stesso terreno concettuale della tipologia civilistica. I concetti di Danilevskij furono dunque spogliati del loro panslavismo e reinterpretati da Trubeckoj in chiave eurasiatica. Le intuizioni principali di Danilevskij rimangono chiare, come l’idea che il mondo consista in una serie di culture discrete, ognuna con i propri specifici attributi, la cui validità non può essere messa in discussione sul proprio terreno. Ogni cultura ha infatti i propri processi peculiari di genesi e decadimento, come succede per la materia organica.
Immagine: “Cartina etnografica dell’Eurasia, 1847”, Depotitphotos