La Romania occupa un posto importante nella storia albanese. Merito di una comunità albanese fiorente, che fece di Bucarest un rifugio e la culla del nazionalismo albanese.
Romeno e albanese, lingue gemelle
Gli studi filologici sulla lega linguistica balcanica fanno risalire i primi contatti linguistici tra proto-rumeni e proto-albanesi ai primi sei secoli dopo Cristo, nell’area al centro dei Balcani tra le odierne Sofia, Skopje, Niš e Pristina. La relazione tra lingua albanese e lingua romena resta un tema d’interesse per i linguisti, legata alla questione storica dell’etnogenesi dei due popoli.
La dinastia Ghica, principi di Valacchia
La più famosa famiglia di origine albanese a fare fortuna nell’odierna Romania fu certo quella dei Ghica. Originari di Veles, in Macedonia, i Ghica furono commercianti a Istanbul. Georghe Ghica (1598), trasferitosi in Moldavia, divenne ambasciatore presso la Sublime Porta e quindi brevemente principe di Moldavia nel 1658-1660; gli succedette sul trono, con alterne fortune, il figlio Grigore I Ghica. Il nipote Matei Ghica divenne dragomanno della Sublime Porta, e suo figlio Grigore II Ghica riprese il trono di Moldavia nel 1726, per passare a quello di Valacchia nel 1733. Grigore III e Grigore IV mantennero il trono fino all’occupazione russa del 1828-34, quindi Alexandru II Ghica fu principe e in seguito reggente di Valacchia fino al 1858.
La Romania, culla del nazionalismo albanese nell’800
Un rapporto asburgico testimonia che, nel 1595, 15.000 albanesi furono autorizzati ad insediarsi a nord del Danubio. Nel 1628 la comunità albanese era attestata a Bucarest, e l’albanese Vasile Lupu divenne principe di Moldavia già nel 1634. Gli albanesi erano allora noti in rumeno come Arbănasi / Arbănași, o come Arnăuți (dal turco Arnavut).
La comunità si rafforzò in era fanariota, quando numerosi albanesi aprirono attività commerciali, specie pasticcerie (nel 1820 c’erano 90 commercianti di Arnavutköy a Bucarest) e furono impiegati come guardie del corpo di principi e boiardi di Valacchia.
Nell’800 Bucarest faceva da polo d’attrazione per varie comunità ortodosse dai Balcani ottomani, greci e bulgari in primis, ma anche albanesi. A Bucarest furono aperte scuole e pubblicati libri e riviste in albanese ben prima che ciò fosse possibile nei territori dell’Impero ottomano.
Il movimento di Risveglio nazionale (Rilindja Kombëtare) del nazionalismo albanese all’interno dell’Impero Ottomano fu prolifico in Valacchia, grazie alle iniziative culturali intraprese da Dora d’Istria, Naim Frashëri, Jani Vreto, e Naum Veqilharxhi, che pubblicò il primo dizionario albanese in assoluto a Bucarest, nel 1844.
Nel tardo periodo ottomano, alcuni intellettuali albanesi svilupparono una teoria storico-politica secondo cui albanesi e romeni, “fratelli di sangue”, avrebbero dovuto lottare per la reciproca liberazione nei territori ancora amministrati dagli ottomani. Tale teoria fu sfruttata politicamente dall’Austria-Ungheria dopo il 1897. Lo stesso anno Visar Dodani lanciò un giornale in albanese a Bucarest a sostegno della comune origine illirica di albanesi e rumeni e della loro comune lotta politica.
La comunità albanese in Romania contava 30.000 persone nel 1893. In una tale atmosfera, il movimento per l’indipendenza albanese prese slancio, guidato da Albert Gjika, pretendente al trono d’Albania. Nel 1912, in un congresso pan-albanese a Bucarest presieduto da Ismail Qemali, fu adottata la prima risoluzione per l’indipendenza dell’Albania. Lo stesso anno Aleksandër Stavre Drenova (Asdreni), albanese di Korçë rifugiato a Bucarest, compose il testo dell’inno nazionale albanese, Hymni i Flamurit, cantato sulle note di Pe-al nostru steag e scris Unire del rumeno Ciprian Porumbescu.
La Romania fu il primo paese a riconoscere l’indipendenza dell’Albania, e le relazioni diplomatiche tra le due nazioni furono stabilite il 16 dicembre 1913. Da allora, i due paesi svilupparono forti legami culturali e linguistici. Anche le famiglie dei poeti Victor Eftimiu e Lasgush Poradeci trovarono rifugio in Romania.
Gli albanesi di Romania nel ‘900 e oggi
Dopo la prima guerra mondiale, ai 20.000 albanesi di Bucarest (dati 1920) si aggiunse una nuova ondata migratoria di albanesi di confessione musulmana dalla Jugoslavia. Nel 1921, a Ploieşti, Ilo Mitkë Qafëzezi pubblicò la prima traduzione del Corano in albanese. Molti albanesi si stabilirono in Transilvania, occupati in particulare nell’industria dolciaria.
La comunità subì la repressione comunista a partire dal 1953 quando fu chiusa l’associazione culturale albanese; nei censimenti rumeni da allora gli albanesi vennero categorizzati tra gli “altri”. I diritti perduti sono stati riconquistati dopo la rivoluzione rumena del 1989, ma il numero di persone che si dichiarano albanesi è diminuito drasticamente. Al censimento 2002 erano solo 520 i cittadini rumeni che si dichiaravano di etnia albanese, e solo 484 quelli di lingua madre albanese – ma il numero effettivo della comunità è stimato ad almeno 10.000 persone, per la maggior parte ortodossi e residenti a Bucarest e nelle altre principali città come Timişoara, Iași, Constanța e Cluj-Napoca. Dal 1996 la comunità albanese ha anche un seggio riservato in Parlamento, oggi occupato da un rappresentante della Lega degli Albanesi di Romania.