di Pietro Biscaro
Poche settimane fa si è svolto il Draft NBA, l’evento in cui le squadre della lega cestistica nordamericana scelgono i migliori prospetti internazionali e dei college statunitensi. Il compito degli scout, già di per sé difficile e legato a variabili imprevedibili, è stato reso ancora più arduo dalla pandemia, che ha bloccato il basket in America come in Europa. Nonostante l’incertezza, c’erano pochi dubbi sul fatto che Deni Avdija sarebbe stato scelto nella lottery, cioè le prime 15 scelte. La stellina del Maccabi Tel-Aviv giocherà infatti con i Washington Wizards, che lo hanno chiamato al numero nove.
Chi è Deni Avdija?
Oltre a essere un potenziale fenomeno del basket, chi è Deni Avdija? Come detto, il cestista classe 2001 giocava nel leggendario club gialloblu di Tel-Aviv, nel quale è arrivato dodicenne da Herzliya, dove è cresciuto. Ma se Avdija è nato e cresciuto in Israele e gioca per Israele (con anche discreti risultati, avendo trascinato la nazionale under 20 a due titoli europei consecutivi), il suo nome tradisce ben altre origini. Deni è infatti figlio d’arte, suo padre Zufer è stato un grande cestista jugoslavo degli anni Ottanta e un’icona della Stella Rossa. Dopo un decennio alla Zvezda, Zufer va a giocare in Israele, dove conosce sua moglie e lì si stabilisce.
Avdija senior è stato uno dei pochissimi – secondo il giornalista Sergio Tavčar – giocatori di livello a provenire dal Kosovo. Prima di approdare a Belgrado, vestiva la maglia dell’Elektrokosovo della natia Pristina (ora Sigal Pristina). Non solo: Zufer è di etnia gorani, letteramente “gli abitanti delle montagne”. Questa piccolo gruppo etnico, abita la regione della Gora, ora a metà tra Albania e Kosovo. Si tratta di una popolazione slava di fede musulmana, convertita a questa religione dagli ottomani nel XVIII secolo. I gorani parlano un dialetto che ha caratteristiche comuni al serbo, al bulgaro e al macedone, e questa appartenenza al mondo slavo rende difficile la convivenza con la popolazione albanese.
La minoranza gorani
L’identità gorani rimane difficile da delineare anche per i gorani stessi, indecisi se ritenersi un popolo a sé o parte di una nazione più grande, fermo restando che tutti i loro vicini li considerano parte del proprio popolo. Alcuni si ritengono, per cultura, più vicino ai bosniaci, altri ancora, per lingua, ai macedoni o ai bulgari o ai serbi.
Oltre ad Avdija, uno dei pochi gorani ad aver avuto successo nello sport è Miralem Sulejmani, calciatore ex Partizan, Ajax e Benfica. Quando era un giovane di belle speranze nei bianconeri di Belgrado, fu accusato dal direttore sportivo di aver minacciato di prendere la cittadinanza albanese, se non gli fosse stato concesso di partire per l’Olanda. Sulejmani, che professò il proprio attaccamento alla maglia della Serbia, finì col giocare 20 partite con le Aquile Bianche. Probabilmente è un caso, ma come Sulejmani anche Avdija è legato alla Serbia. Infatti Zufer, che era uno jugoslavo convinto, ha indirizzato Deni proprio su quel sentiero (anche se il figlio, in parte per motivi pratici legati allo status di professionista al Maccabi ha scelto di giocare per Israele), come mostrano le sue dichiarazioni dopo essere stato scelto al draft.
Le prime dichiarazioni
In collegamento da Israele, rispondendo alle domande di rito Deni Avdija afferma: «Mio padre è nato in Kosovo, in Serbia». Le parole di Avdija, pronunciate probabilmente senza malizia (anche se quando si parla di Serbia e Kosovo un minimo di malizia non è mai da escludere), hanno causato le proteste dei media albanesi e il giubilo di quelli serbi. Anche se legato alla Serbia, è difficile pensare che Deni intendesse alzare un polverone, anche considerata l’emozione del momento. Avdija, un raro caso di serbo-israeliano con radici nella cultura dei gorani di Kosovo, ha anche affermato di sentire il peso di portare in alto il nome di Israele – dove il basket è sport nazionale – nell’NBA, in cui l’unico israeliano a ritagliarsi un ruolo relativamente di rilievo è stato Omri Casspi.
Per concludere, al draft è stato scelto un altro prospetto che ha a che fare con il Kosovo, Aleksej Pokuševski, andato ai Minnesota Timberwolves con la 17° scelta. La sua famiglia è infatti scappata da Pristina durante la guerra, per stabilirsi a Novi Sad. Come Avdija, anche Pokuševski non gioca in Serbia, essendosi trasferito al Pireo a 13 anni per vestire il biancorosso dell’Olympiakos. È quantomeno curioso che in Kosovo, dove il basket non ha quasi tradizione, affondino le loro radici due giovani promesse della palla a spicchi.
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