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GEORGIA: Il boicottaggio dell’opposizione porta il paese in un vicolo cieco

L’11 dicembre si è insediato il parlamento più multipartitico della storia Georgia, peccato che sino ad ora, oltre ai rappresentanti del partito di governo, vi abbiano preso posto solo sei membri dell’opposizione. Uno di quei casi in cui l’espressione “ironia della sorte” pare proprio calzare a pennello.

Elezioni e caos

Il 31 ottobre nel paese si sono tenute le elezioni parlamentari. Il partito Sogno Georgiano (SG) ha ottenuto il 48% dei consensi, scampando così la prospettiva di un governo di coalizione. Tuttavia, la rilevazione di diffuse irregolarità ha provocato una fortissima reazione da parte dei partiti di opposizione, che – chiedendo di ripetere la tornata elettorale – hanno scelto di boicottare il parlamento.

Ebbene, a distanza di quasi tre mesi dal giorno delle elezioni, il compromesso pare ancora una prospettiva lontana. Mentre la presidente Salome Zurabishvili teneva il discorso inaugurale della nuova legislatura e gli 87 membri del partito di governo assumevano il proprio mandato, gli esponenti dell’opposizione si sono riuniti a poche centinaia di metri dall’assemblea legislativa per firmare un memorandum con cui hanno dichiarato la volontà di rinunciare al mandato parlamentare. Per tutta risposta, il 23 dicembre SG ha approvato in parlamento la prima lettura di un disegno di legge che escluderebbe dal finanziamento pubblico i partiti che partecipano al boicottaggio.

Ciò nonostante, l’opposizione è rimasta compatta: solo quattro candidati del partito di estrema destra Alleanza dei Patrioti hanno espresso la volontà di restare iscritti alle liste elettorali e hanno assunto il proprio incarico parlamentare a inizio gennaio, seguiti da due rappresentanti del Partito dei Cittadini alla fine del mese.

Nel frattempo, si sono concluse le indagini della procura generale della Georgia sulla cessione di 35km2  di territorio georgiano all’Azerbaigian nel 2006, un caso che aveva animato la campagna elettorale. Nei mesi scorsi erano stati imputati due componenti della commissione istituita dall’allora presidente Mikheil Saakashvili per valutare la demarcazione della frontiera tra i due paesi. Stando all’accusa,  il confine sarebbe stato definito sulla base di mappe risalenti agli anni Settanta che mostravano una delimitazione sfavorevole per Tbilisi. Il 21 gennaio, tuttavia, la procura ha dichiarato che, a seguito delle indagini,  è emerso che gli imputati avevano agito su istruzioni di alti funzionari di stato. Tale notizia, esacerba una conflittualità già pesante tra governo e opposizione. Mentre da un lato Sogno Georgiano accusa l’ex presidente di aver tradito l’interesse nazionale, il partito di opposizione Movimento Nazionale Unito (UNM) respinge ogni critica, sostenendo che il caso sia stato creato ad arte con motivazioni prettamente politiche.

Una crisi senza vie d’uscita

Cosa possiamo aspettarci? Sogno Georgiano non sembra affatto propenso ad accondiscendere alla richiesta di tornare al voto, mentre, dal canto loro, le opposizioni non hanno accettato alcuna mediazione di altro tipo. A nulla sono valsi i tentativi internazionali di pacificare il contesto politico interno. Pochi minuti prima che il parlamento si insediasse, la delegazione dell’Unione Europea in Georgia e l’ambasciata statunitense a Tbilisi hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, esprimendo la speranza nel raggiungimento di un compromesso “che permetta al parlamento di assumere il suo ruolo vitale”.

Se le opposizioni non accettassero di scendere a compromessi, si aprirebbero due prospettive, entrambe foriere di un forte senso di instabilità per il paese. Sogno Georgiano, potrebbe, infatti, accettare di indire nuove elezioni, dirimendo così la controversia elettorale, ma creando un precedente nella storia politica georgiana. In alternativa, la maggioranza potrebbe scegliere di portare a termine la legislatura in assenza dei rappresentanti dell’opposizione, rinunciando ad approvare riforme costituzionali o altri atti legislativi che richiedano una maggioranza qualificata.

Legalmente, dunque, un parlamento monopartitico è un’opzione praticabile, ma sarebbe anche auspicabile? In un paese che vede nel consolidamento delle istituzioni e della cultura democratica la propria aspirazione più grande, lasciare la frattura insoluta e procedere senza opposizioni sarebbe percepito da molti georgiani non solo come un segno di debolezza, ma anche come un fallimento difficile da accettare.

Tutto cambia … perché tutto resti come prima?

La prolungata instabilità ha avuto conseguenze importanti non solo sul sistema politico, ma anche sugli equilibri interni ai partiti.

Il 15 dicembre, infatti, Grigol Vashadze, il segretario del UNM ha annunciato la fine della propria carriera politica. L’uomo, già ministro degli esteri nell’era Saakashvili, ha contestato alla leadership del partito la mancata consultazione con la base nella scelta della strategia da adottare e ha fortemente condannato la “campagna di attacchi e insulti contro i vertici delle missioni diplomatiche di alleati strategici della Georgia”. Con quest’ultima frase, Vashadze alludeva ad uno scambio di battute tra Saakashvili e l’ambasciatore tedesco a Tbilisi e alle dichiarazioni di Nika Gvaramia, celebre giornalista che in passato ha occupato posizioni governative per conto del UNM, che avrebbe dichiarato “questo governo sarà inevitabilmente rovesciato e questi ambasciatori si scuseranno con il popolo georgiano per il proprio comportamento”.

Importanti novità, tuttavia, giungono anche da Sogno Georgiano. Bidzina Ivanishvili, fondatore e segretario del partito, nonché noto imprenditore e magnate georgiano, ha annunciato il proprio definitivo ritiro dalla politica. La notizia ha per il paese una rilevanza storica: l’esordio in politica di Ivanishvili risale al 2011, la sua elezione a primo ministro al 2012, ma già l’anno successivo l’imprenditore annunciava le proprie dimissioni e il ritiro definitivo dalla scena politica. Da quel momento si è fatto strada il sospetto che l’uomo mantenesse in realtà le redini del paese, manovrandone la vita politica dietro le quinte, sino a quando, nel 2018 la sua nomina a segretario di partito ne ha formalizzato il rientro in politica. Non sorprende, dunque, che ancora una volta tale scelta sia stata percepita da molti come un semplice escamotage per dare un’impressione di rinnovamento e liberare il partito di governo della sua figura più ingombrante.

Il dibattito sulla legittimità delle elezioni continua

Nel frattempo, tra proteste, accuse reciproche e boicottaggi, è emersa una notizia che riporta a quel 31 ottobre in cui i cittadini si sono recati alle urne e che torna a far discutere di percentuali.

La ISFED (“Società per elezioni giuste e democrazia”), un’organizzazione di monitoraggio dei processi elettorali georgiana è a sua volta piombata al centro di uno scandalo. Nei giorni immediatamente successivi alle elezioni, infatti, l’agenzia aveva stimato al 3% il margine di incertezza sull’effettiva performance elettorale di Sogno Georgiano, come risultato delle irregolarità riscontrate. Il partito di governo, per tutta risposta, aveva richiesto che fossero elencati i nomi dei seggi in cui tali brogli avrebbero avuto luogo e ISFED, dopo più di un mese di silenzio, ha annunciato che, a un riconteggio più attento, tali irregolarità ammontavano al massimo all’1%. Manco a dirlo, l’episodio più che rafforzare la posizione della maggioranza, ha creato una nuova faglia politica, tra coloro che accusano la società di essersi fatta corrompere e chi invece sostiene la validità delle elezioni.

Non sarebbe il momento più opportuno per attraversare una fase di instabilità. Mentre la politica nazionale si divide per decimi di percentuali e monasteri contesi, le conseguenze economiche della pandemia nel paese pesano sempre più drammaticamente sulle vite dei cittadini: nell’ultimo anno il Lari si è svalutato del 20%, il carattere globale della pandemia ha messo in difficoltà anche le famiglie che godevano del sostegno economico di parenti all’estero e, negli ultimi mesi, l’elevato tasso di contagi ha imposto pesanti chiusure all’economia interna.

Il recente sondaggio condotto dall’Istituto Democratico Nazionale (NDI) ha dimostrato che lavoro, povertà e inflazione sono i temi più sentiti nel paese, ma non solo. Stando ai dati riportati dal NDI, il consenso del partito di governo tra novembre e oggi sarebbe schizzato dal 30 al 50%, mentre il 76%  degli elettori ritiene importante che tutti i partiti politici partecipino ai lavori parlamentari. Insomma, anche dal punto di vista di elettorale il boicottaggio del parlamento non sembra portare buoni frutti all’opposizione.

Immagine: Agenda.ge

Chi è Eugenia Fabbri

Nata e cresciuta a Bologna, si è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Bologna e frequenta ora il primo anno del corso di laurea magistrale MIREES (Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe), presso la stessa università. Ha vissuto per sei mesi in Georgia, dove ha frequentato alcuni corsi dell'Università Statale di Tbilisi, appassionandosi alle dinamiche politiche del Caucaso Meridionale.

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