Paola Ivaldi
Piccoli viaggi
Robin edizioni, Torino 2020
pp. 123, euro 12
Può un luogo come Treblinka restituire senso all’esistenza? Si può essere felici sulle macerie di un centro di sterminio e odio assoluto? Paola Ivaldi, scrittrice esordiente dal grande talento narrativo, si pone l’insana domanda nel corso del suo viaggio interiore in tre tappe e si concede una risposta per nulla convenzionale e, in qualche misura, rivelatrice.
Tutto parte da una malattia senza nome, che scoppia all’improvviso nel pieno di un’estate urbana come tante. Malattia del corpo o della mente? Forse entrambe, non ci è dato sapere, ma da quel pertugio ci è permesso entrare nell’interrotto flusso narrativo fatto di sofferenze, ricordi, balzi in avanti, lucidi giudizi sull’imbarbarimento del presente in cui il prima e il dopo si sovrappongono e si confondono. In mezzo un viaggio, quasi un pellegrinaggio laico, a Lampedusa per lasciare una traccia, un ossequio alle vittime, un oggetto raccolto nel campo di sterminio lontano migliaia di chilometri.
Il viaggio a Treblinka, infatti, precede cronologicamente la visita alla “Porta d’Europa” e lo anticipa simbolicamente, perché Treblinka senza Lampedusa è solo un retorico esercizio di memoria che esonera dalle responsabilità verso le sofferenze del presente e, allo stesso tempo, Lampedusa senza Treblinka rischia di scivolare senza lasciar traccia sulle nostre vite ripiegate su se stesse.
Il viaggio in Polonia è breve, brevissimo, solo due giorni e due notti a Varsavia, ma radicale e perturbante. Accompagnato come un’ala protettiva dalle immagini del film di Claude Lanzmann Shoah – a parere di chi scrive, l’unico che abbia scavato nell’abisso dello sterminio con le giuste parole e gli ancor più acconci silenzi – la visita è una lunga discesa negli abissi della coscienza, nelle contraddizioni del mondo, nelle diversità di prospettiva esistenziale dei nostri contemporanei.
Viaggio nell’abisso e ritorno, si potrebbe dire, perché il rientro a Varsavia si mostra inaspettatamente salvifico. L’autrice si trova all’improvviso nel bel mezzo della Parada Równości, la marcia dell’uguaglianza che si svolge ogni anno all’inizio giugno. Nata come manifestazione dell’orgoglio LGBT, si svolge anche in nome dei principi di libertà e contro ogni forma discriminazione. Travolta dall’energia vitale dei partecipanti, che la spingono calorosamente all’interno del corteo, Paola Ivaldi è riportata di colpo nel presente, nella Polonia talvolta accecata da rigurgiti di omofobia, antisemitismo e xenofobia – come anche altrove –, ma dotata di tutti gli anticorpi necessari per annientarli.