IRAN: Il campo di Ashraf preda degli Ajatollah

Ashraf è una città irachena a circa 60 km da Bagdad  e a più di 100 km dal confine con l’Iran ed è lì che vivono da anni, centinaia di migliaia di iraniani. La loro sistemazione è in un campo profughi, fuori il centro abitato; negli ultimi anni la sicurezza di residenti nel campo però, non è più tranquilla. Ma andiamo con ordine e ripercorriamo le tappe della lunga storia di Ashraf.

Dal 1986 mentre Iran e Iraq si trovavano nel mezzo di una sanguinosa guerra durata otto anni, l’OMPI ( Organizzazione dei Mujaheddin del popolo iraniano) si stabilì nella città di Ashraf ; l’OMPI,  nata nel 1965 in Iran come gruppo armato con l’intento di sovvertire prima lo Shah e poi la Repubblica islamica, godeva dell’appoggio tutt’altro che disinteressato dell’Iraq. Arrivati nella città di Ashraf i membri dell’OMPI fondarono l’ALNI, l’ Armata di liberazione Nazionale dell’Iran. Le forze armate dell’ALNI durante il conflitto tra Iran e Iraq, fecero diverse irruzioni in Iran a carattere “sovversivo” per manifestare il dissenso nei confronti del conflitto e del loro governo nazionale.

Godendo dell’opportunistica protezione del governo iracheno, gli iraniani stabilitisi ad Ashraf intensificano le attività di lotta contro il regime dei mullah, ma con la fine della guerra nel’1988 e la caduta del governo di Saddam nel 2003, cambiarono molte cose per i residenti iraniani ad Ashraf, che in quegli anni si erano stabiliti in un campo.

Innanzitutto i residenti di Ashraf riconsegnarono tutte le armi, in cambio di un accordo di protezione da parte degli americani, gli stessi americani che nello stesso anno, prima del “cessate il fuoco” avevano bombardato il campo. Con la consegna delle armi e dopo 15 mesi di accurate ricerche da parte del Pentagono, il governo americano ritenne che i residenti di Ashraf non potessero essere protagonisti di nessun attacco perchè senza mezzi, e gli fu conferito lo stato di protetti dalla Quarta Convenzione di Ginevra

Nonostante l’intervento di alcuni parlamentari europei e di rappresentanti politici americani in difesa della causa dei cittadini di Ashraf, la cittadina a soli 100 km dal confine iraniano è continuamente bersagliata dal regime dei mullah e dalle sue due guide Ali Khamenei e Mahmoud Ahmadinejad che in tacito accordo col governo iracheno, sono sempre più contrari alla permanenza del campo , risultando sempre più indignati e impauriti a causa del consenso che la Comunità Internazionale conferisce ai residenti del campo. Negli ultimi anni il campo è stato bersaglio di attentati ancora impuniti, e i suoi abitanti sono stati preda di soprusi e torture piscologiche molto gravi, nonostante la Quarta Convenzione di Ginevra. Le pagine dei quotidiani nazionali dedicate alle notizie estere non parlano quasi mai di quest’angolo di mondo che tanto piccolo e insignificante non dovrà essere, visto che in molti non ne vorrebbero più l’esistenza.

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8 commenti

  1. Una enclave che gioca alla guerra a due passi dalla “casa madre” a cui si vuole ribellare; questi signori forse farebbero meglio a valutare i propri interessi. Non credo abbiano convenienza ad immolarsi sull’altare degli interessi delle compagnie mercenarie Usa in cambio di niente!

    • Si vede che non conosci tutta la faccenda e giudichi in fretta! Per dirti solo un piccolo punto; al momento che gli usa hanno deciso invadere Afghanistan e poi l’Iraq per esportazione della democrazia, CNRI ha presentato la terza via sulla situazione Iraniana che sarebbe: “NO all’accondiscendenza con il regime dei mullah al potere in Iran, NO alla guerra e SI a un cambiamento democratico con il popolo iraniano e la resistenza organizzata. Siamo in grado di portare la democrazia in Iran senza l’aiuto dei governi occidentali, basta che loro smettessero di appoggiare questo regime!!!

  2. ho sempre apprezzato il vostro lavoro, e per me siete una fonte utilissima. spero però che la sezione dedicata all’iran non sia un perenne attacco politico/culturale a questo paese, che oggi più che mai invece andrebbe difeso!
    said ci ha fatto capire che vanno rispettate tutte le culture, anche se le troviamo folli, anche se le troviamo disumane.
    devono essere le stesse persone che stanno dentro i confini di quella che noi possiamo credere follia a doversi ribellare. in maniera spontanea, senza essere essere eterodirette da agenti esterni (come spesso accade ed è accaduto già in iran), senza aiuti esterni sedicenti umanitari, ma in realtà ad uso e consumo del capitalismo imperialista americano e sionista.
    da sincero democratico ho sempre apprezzato i tumulti della libertà alla quiete della sottomissione… per cui se in un paese come l’iran la gente non si ribella, vuol dire che forse merita – o per meglio dire VUOLE – i guardiani della rivoluzione che gli rompono i coglioni per qualsiasi cosa.
    e lo dico da intollerante nei confronti di qualsiasi fondamentalismo, specie se religioso.

    ps: so che voi non fate quasi mai attacchi politici, ma era una precisazione che ho fatto considerando la fonte dell’articolo, a quale movimento è legato.

  3. Questo esperimento sull’Iran è nato dopo lunga riflessione e dibattito interno. A noi il regime degli Ajatollah non piace. Come può piacere. Ma certo non siamo di quelli che sostengono la necessità di bombardare Teheran. Personalmente sono fermamente contrario alla cosiddetta ingerenza “umanitaria”. In secondo luogo penso che dietro la maschera umanitaria ci siano interessi economici che, da europei, ci sono persino nocivi essendo l’Iran un nostro partner energetico.
    L’Iran, l’antica Persia, non è un Paese di pastori nel deserto e non credo che gli Usa o Israele avranno mai la forza per un attacco che sarebbe suicida. L’Iran ha una classe colta di livello europeo che studia nelle nostre università, ha una cultura secolare che nessun regime può cancellare, ha le forze per liberarsi da solo quando verrà il momento.
    Vorremmo solo raccontare l’Iran per quello che è, certo esercitando la critica, ma anche mostrando come e perché il regime ottiene consensi.
    Qualche settimana fa, in casa mia, una ragazza di Teheran che è in Italia per studi, ha pianto parlando del suo Paese e di come essere iraniano sia un marchio d’infamia che si porta appresso ovunque vada. Un marchio d’infamia fabbricato dalle nostre cancellerie e dai media conniventi. E conniventi, almeno questo, noi proprio non lo siamo.

    Matteo

    • Per favore e vi supplico quando parlate dell’Iran dovete separare il regime malvagio e disumano al potere nella mia patria con la coltura iraniana e il popolo che da più di 30 anni sta soffrendo sotto questa dittatura e che ribella ogni giorno con tutti i mezzi al potere e viene soppresso ogni giorno di più. Sono orgogliosa di essere Iraniana e ancora di più orgogliosa di combattere contro questo regime per la libertà e una democrazia secolare.

  4. Sono d’accordissimo con Matteo; da autrice dell’articolo e da conoscitrice della cultura iraniana ( anche se ho ancora moltissimo da imparare), ritengo che la rubrica sull’Iran dovrà accrescere le informazioni su un Paese di cui si conosce ben poco e quel poco è spesso filtrato da una comunicazione unidirezionale.

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