La figura di Andrej Sacharov racchiude almeno tre vite in una: esiste il Sacharov fisico e figlio eroico dell’Unione Sovietica, il Sacharov dissidente ed esiliato, infine l’anziano Sacharov finalmente libero che continua attivamente a battersi per le sue idee.
Una vita per la fisica
Nato a Mosca nel 1921 in epoca di guerra civile post-rivoluzionaria, figlio di un noto professore di fisica, a 20 anni Andrej Sacharov viene esonerato dal servizio militare ed evacuato – ci troviamo nel pieno della seconda guerra mondiale – insieme a un nucleo di scienziati dell’Università di Mosca ad Ashgabat, in Asia centrale.
Conseguito il dottorato nel 1947, lo scienziato si dedica all’astrofisica applicata e alla fusione nucleare. A partire dal 1948 partecipa al progetto di sperimentazione della prima bomba a idrogeno del programma nucleare sovietico.
Intanto la cortina di ferro è scesa sull’Europa, sancendo l’inizio della Guerra fredda. Sacharov è di animo sinceramente patriottico e, almeno all’inizio, non nutre alcun dubbio né sulla bontà dell’URSS staliniana né sulla sperimentazione in ambito nucleare. Ai suoi occhi, come per gran parte del popolo sovietico, la mano forte e autoritaria del leader appare necessaria ai fini di risollevare un paese che è uscito devastato dal secondo conflitto mondiale; nel nuovo contesto di guerra fredda, inoltre, il nucleare può rivelarsi uno strumento adatto al mantenimento di una pace duratura a livello globale. Per vent’anni, fino al 1968, il fisico lavora così alacremente – nella totale segretezza garantita agli scienziati dallo stato sovietico – contribuendo al progetto atomico.
Nel 1953 l’appena 32enne Sacharov diviene membro dell’Accademia Sovietica delle Scienze (è lo scienziato più giovane, dopo il matematico Sergej Sobolev, ad accedervi); nel 1956 riceve il Premio Lenin e per tre volte, nel 1954, 1956 e 1962, viene insignito del titolo di Eroe del Lavoro socialista (la più alta onorificenza civile del tempo).
Tuttavia, già a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta il fisico inizia a opporsi a Nikita Chruščëv, nuovo leader sovietico, esprimendosi negativamente in merito alla ripresa dei test nucleari a scopo bellico. Lo scienziato inizia infatti a preoccuparsi delle implicazioni morali; ricorda: “A partire dal 1957 mi sentii responsabile del problema della contaminazione radioattiva causata dalle esplosioni nucleari, […] delle migliaia di vittime senza nome”.
Una seconda vita per la difesa dei diritti umani
Inevitabilmente così Sacharov rompe con il suo ambiente e inizia ad avvicinarsi ai circoli clandestini del dissenso, con tutti i rischi del caso in un paese dove la repressione mira a soffocare ogni voce difforme e potenzialmente ostile. Così si affida alle reti del samizdat (l’auto-pubblicazione clandestina) per comunicare con quante più persone, anche all’estero.
Il suo saggio Considerazioni sul progresso, la coesistenza pacifica e la libertà intellettuale, in cui riflette sulla risoluzione dei problemi sovietici e dell’intera umanità (partendo dalla fame e arrivando fino all’inquinamento), inizia a circolare clandestinamente nel 1968, raggiungendo presto un successo planetario, tanto da essere pubblicato sul New York Times. Il saggio rappresenta un vero e proprio manifesto politico, di cui progresso, coesistenza e libertà intellettuale rappresentano le idee cardine. Sacharov chiede a gran voce una legge sulla libertà di stampa e d’informazione non solo per contrastare la censura ideologica, ma anche per incoraggiare lo spirito della discussione e la ricerca della verità.
La presa di coscienza, iniziata negli anni Cinquanta, comporterà trent’anni di numerose iniziative in difesa dei diritti umani: dall’ecologia al trattamento degli internati nei gulag, alla difesa dei dissidenti e degli intellettuali perseguitati, tra cui il politologo e storico Roj Medvedev, lo scrittore Aleksandr Solženicyn. In seguito alla diffusione del saggio Considerazioni, Sacharov viene escluso dall’attività di ricerca militare e dalla nomenklatura, con tutti i privilegi che queste comportavano.
Nonostante le crescenti pressioni da parte del governo, Sacharov continua la sua battaglia, impegnandosi per la liberazione di numerosi dissidenti. Quando nell’agosto del 1968 l’Unione Sovietica di Leonid Brežnev invade la Cecoslovacchia, Sacharov amplifica i suoi sforzi per i diritti umani.
Nel 1975 vince il Premio Nobel per la Pace in quanto “portavoce della coscienza dell’umanità”, ma la reazione sovietica è immediata e negativa. Il giornale Izvestija pubblica una lettera di condanna firmata da 72 scienziati sovietici. Jurij Andropov, allora capo del KGB, avvia una campagna di stampa in Occidente contro l’incoerenza di consegnare il Premio Nobel per la Pace al padre della bomba a idrogeno sovietica. Sacharov non riuscirà mai a ritirare il premio in persona, poiché gli viene negato il visto di uscita. Il discorso, che viene letto dalla sua seconda moglie, l’attivista Elena Bonner, si intitola “Pace, progresso e diritti umani” e recita che tutti e tre gli obiettivi sono legati indissolubilmente e vanno perseguiti attraverso il disarmo, la cooperazione internazionale, la libertà di informazione accompagnata da un’istruzione pluralista e il progresso scientifico guidato dalla ragione.
Nel 1980 Sacharov viene arrestato durante una manifestazione contro l’invasione dell’Afghanistan da parte delle truppe sovietiche e viene esiliato nella città chiusa di Gor’kij (oggi Nižnij Novgorod) dove resta per quasi sette anni. Nonostante l’isolamento, continua la sua difesa dei diritti dell’uomo e redige un’autobiografia di oltre 1000 pagine che per tre volte il KGB gli sottrae (e altrettante volte Sacharov riscrive). Continuamente sotto sorveglianza della polizia, Sacharov inizia uno sciopero della fame per chiedere che alla moglie venga permesso di recarsi all’estero per sottoporsi a un intervento al cuore. In una lettera ai familiari racconta di come veniva alimentato forzatamente, con un metodo che prevede una pinza sul naso per costringerlo ad aprire la bocca, mentre mani e piedi sono legati. Nel 1986 è riabilitato dall’ultimo segretario del partito Michail Gorbačëv e può rientrare a Mosca.
La terza vita
Rientrato nella capitale, Sacharov continua a invocare la liberazione di tutti i prigionieri politici. Sostiene la nuova linea di riforme gorbacioviana incentrata sui temi della perestrojka (ristrutturazione) e glasnost’ (trasparenza), ma ne sottolinea la lentezza.
Nel 1988 lo scienziato è eletto al Presidium dell’Accademia delle Scienze, l’anno successivo diviene deputato e viene personalmente nominato da Gorbačëv per la redazione della nuova Costituzione. In quell’anno Andrej Sacharov si vede assegnare l’International Humanist Award dall’International Humanist and Ethical Union.
Muore il 14 dicembre del 1989 per un attacco di cuore. Tre giorni prima il fisico aveva lanciato una nuova iniziativa di sciopero per chiedere l’abolizione del monopolio del potere politico da parte del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (articolo 6).
Il lascito e il Premio Sakharov
Nel 1988 il Parlamento europeo ha istituito il “Premio Sakharov per la Libertà di Pensiero” che riconosce l’impegno e gli sforzi compiuti a favore dei diritti dell’uomo: viene infatti attribuito ogni anno a singoli individui o gruppi che si sono distinti per il loro impegno civile e la difesa dei diritti. Tra i primi laureati del Premio Sakharov nel 1988 ci sono stati Nelson Mandela e Anatolij Marčenko. Lo scorso 22 ottobre il premio è stato assegnato ai rappresentanti dell’opposizione democratica in Bielorussia “per il loro coraggio, resilienza e determinazione”.
Andrej Sacharov continua a essere oggi una fonte d’ispirazione per tutti i difensori dei diritti dell’uomo. Nel 1996 la Commissione pubblica per la protezione dell’eredità di Andrej Sacharov – dopo aver ricevuto in dono gli archivi personali dello scienziato dalla moglie Elena Bonner – ha aperto il Centro Sakharov: un museo e centro culturale di Mosca dedicato alla memoria e alla conservazione dell’eredità del fisico e attivista. Nel corso degli anni il centro è stato più volte bersaglio di attacchi da parte di fondamentalisti ortodossi e estremisti di destra e nel 2014 è stato dichiarato “agente straniero” e multato ai sensi della legge russa.
Dal 24 gennaio 2003 al fisico sono dedicati un albero e un cippo – “in onore dei Giusti del Gulag” – nel Giardino dei Giusti di tutto il Mondo di Milano.
Sulla sua vita e il suo esilio, sia Sacharov che la moglie Elena Bonner hanno scritto diversi libri.
Foto: moscovery.com