di Giovanni Bensi
da Mosca – La rappresentazione del nuovo musical tagiko “La luce dell’istruzione” (“Nuri ma’rifat”) è stata permessa solo dopo che gli autori del copione hanno accettato di cambiare il titolo dello spettacolo e di eliminare alcune scene nelle quali suona una critica delle autorità, oltre che frequenti invocazioni a Dio. Il permesso di mettere in scena spettacoli teatrali in Tagikistan è dato da un “Consiglio artistico” del quale fanno parte noti attori, compositori, drammaturghi e critici, di regola dipendenti dal ministero della Cultura. Originariamente lo spettacolo si intitolava “La fine della notte oscura” (“Tamomi shabi torik”). La trama è semplice: alcuni giovani rivolgono una serie di domande spinose a un “saggio” il quale risponde con versi di classici della letteratura persiana medievale: Rumi, Omar Khayyam, Hafez, Sa’adi.
L’anteprima dello spettacolo ha indotto i critici a porre molte domande circa l’interpretazione dei testi classici. Il “Consiglio artistico” del ministero della Cultura ha suggerito al regista di cambiare il titolo dello spettacolo nel quale si è creduto di vedere un’allusione al fatto che la società tagika “vivrebbe nell’oscurità”. È stato chiesto anche di “moderare” il tono dei monologhi nei quali si sentirebbe una critica all’indirizzo delle autorità tagike. “Nello scegliere il titolo del nostro spettacolo noi non pensavamo affatto che viviamo nell’oscurità”, ha detto in un’intervista il regista dello spettacolo Mirzovatan Mirov. “Volevamo solo richiamare l’attenzione del pubblico su ciò che succede alla nostra moralità. I funzionari erano anche contrariati dalle frequenti invocazioni a Dio (Khudo, Allah) contenute nei testi dei poeti medievali. Ciò potrebbe essere spiegato col fatto che negli ultimi anni si svolge attivamente un processo di islamizzazione della società. Le autorità cercano di prendere sotto il loro controllo la vita religiosa dei cittadini e di ridurre l’influenza del “clero” musulmano non controllato dallo stato.
Commentando la decisione del “Consiglio artistico”, il viceministro della cultura del Tagikistan, Mirali Dostiev, ha dichiarato che i funzionari avevano in mente solo l’”interesse degli spettatori”. “Non esiste alcun divieto, e non c’è neppure la censura. Solo che la vita in tutto il mondo è abbastanza complessa e difficile, e perciò noi raccomandiamo di presentare i problemi con più prudenza e correttezza, in modo di non suscitare tensioni nello spettatore”, ha detto Mirali Dostiev, che evidentemente considera gli spettatori come eterni minorenni da tenere sotto tutela.
Le decisioni del “Cosiglio artistico” sono obbligatorie. I direttori dei teatri sono obbligati a tener conto dell’opinione dei funzionari del ministero della cultura, perché proprio da loro dipende se gli spettatori vedranno nuovi spettacoli.
Non è questa la prima volta che una rappresentazione teatrale in Tagikistan viene sottoposta a dura critica da parte dei funzionari di governo. Alcuni anni or sono in questo paese fu vietato lo spettacolo “Pazzia 93”, messo in scena dal noto regista tagiko Borzu Abdurazokov, tratto dal dramma di Peter Weiss “Verfolgung und Ermordung Jean Paul Marats”. A tutta prima il “Consiglio artistico” aveva accettato lo spettacolo, però, per andare sul sicuro, fu organizzata un’anteprima a porte chiuse per i responsabili del ministero della Cultura, Quando essi ebbero visto lo spettacolo, ne chiesero la proibizione. Secondo loro, la Rivoluzione Francese del 1789-1793 era rappresentata in modo troppo simile alla guerra civile in Tagikistan (1992-1997).
Lo stipendio medio di un attore principiante in Tagikistan è di 50-70 dollari mensili. I biglietti d’ingresso agli spettacoli va dai 50 cents ai 3 dollari.
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