Digerito il disastroso risultato ottenuto nell’offensiva di dicembre, l’URSS ripensò le tattiche di guerra sul fronte finlandese. Stalin inviò ai confini nuove divisioni dell’Armata Rossa e consegnò il comando a Semën K. Timošenko, suo uomo fidato e alto ufficiale di lunga esperienza. A Timošenko spettava il compito di ravvivare un esercito che aveva subito perdite ingenti nonostante la sua superiorità numerica e malgrado la dotazione di avanzati mezzi militari a disposizione.
Considerata la sproporzione tra le due forze in campo, come era stato possibile, per i sovietici, fallire così rovinosamente la prima offensiva sul fronte finlandese?
L’epurazione degli ufficiali dell’Armata Rossa
Tra il 1937 e il 1939 circa 22.000 ufficiali sovietici erano stati rinchiusi in campi di prigionia. Molti di loro erano poi stati processati e fucilati durante le Grandi purghe. Il risultato di questa sconsiderata e criminale azione politica fu che, all’alba del Secondo conflitto mondiale, Timošenko rimaneva uno dei pochi alti ufficiali sopravvissuti all’opera di epurazione stalinista.
L’eliminazione delle migliori menti dell’esercito, tra cui 3 dei 5 Marescialli dell’URSS, aveva di fatto frenato l’imponente processo di sviluppo dell’Armata Rossa (reso possibile dalla crescita esponenziale dell’industria pesante negli anni ’30).
Dotata di armamenti all’avanguardia e composta da quasi 5 milioni di soldati, alle soglie della Seconda guerra mondiale l’Armata Rossa era priva di alti ufficiali esperti e di truppe adeguatamente addestrate.
La preparazione dell’esercito finlandese
Dall’altro lato del confine si erano viste, sin dai primi di dicembre, le manovre di un esercito disciplinato e motivato. A differenza dei sovietici, i finlandesi avevano preparato con intelligenza e ponderatezza la guerra contro l’URSS. Coscienti che prima o poi si sarebbe arrivati allo scontro frontale con Stalin, si dimostrarono pronti e vigili nell’organizzare la difesa delle frontiere. La conoscenza del territorio, che aveva facilitato il successo delle azioni di guerriglia, era inoltre accompagnata da disciplina e da un sentimento patriottico diffuso nell’esercito.
Persino il Partito Comunista Finlandese (Suomen Kommunistinen Puolue) si rifiutò di prestare aiuto all’URSS: molti militanti decisero di combattere contro l’Armata Rossa, al fianco di nazionalisti e membri delle organizzazioni di estrema destra finniche.
Una scelta significativa dal punto di vista simbolico, poiché la propaganda sovietica presentava l’Armata Rossa non (solo) come l’esercito dell’Unione, ma come l’armata che si ergeva a difesa del proletariato mondiale. Il fatto che altri comunisti decidessero di combatterla rappresentava una sconfitta ideologica.
Nuove tattiche e la guerra di logoramento
L’entusiasmo finlandese si sarebbe però dissolto con l’arrivo in scena di Timošenko, che nel mese di gennaio puntò tutto sull’addestramento delle truppe e sullo sviluppo di diverse tattiche innovative.
L’Armata Rossa cominciò a spostarsi con slitte corazzate trainate dai carri armati; l’equipaggiamento fu all’altezza del rigido inverno e i soldati ebbero il tempo di prepararsi adeguatamente alla seconda offensiva. Per tutto il mese di gennaio i sovietici furono sottoposti a sfiancanti esercitazioni dietro le linee del fronte, mentre l’artiglieria pesante si impegnava a distruggere i bunker di cemento finlandesi disseminati lungo il confine.
Timošenko, consapevole dell’impossibilità di continuare una guerra veloce e manovrata, trascinò l’esercito finlandese in un’estenuante guerra di logoramento volta a perforare la difesa sulla linea Mannerheim. Concentrò quindi la maggioranza degli sforzi sull’istmo di Carelia inviando in quella zona il meglio delle truppe che aveva a disposizione.
L’avanzata sovietica
Dal primo febbraio 1940 i sovietici avanzarono progressivamente sul territorio nemico con la 7ª e la 13ª Armata. L’Armata Rossa si rese protagonista di un’offensiva bene organizzata, superando difficoltà di varia natura, dalle condizioni atmosferiche ai disperati contrattacchi dei finlandesi.
L’8 marzo, nei pressi di Viipuri (Vyborg in russo), le truppe sovietiche si spinsero in avanti senza esitazioni malgrado i finlandesi avessero allagato l’area per diversi chilometri. I carri armati più pesanti trascinarono i più leggeri T-26 e la fanteria non si fermò di fronte all’attrito dell’acqua gelida (con temperature sotto lo 0).
L’impreparazione, la disorganizzazione e la mancanza di equipaggiamento dei riservisti che avevano preso parte alla prima offensiva, aveva lasciato spazio a un esercito coordinato, ben equipaggiato e guidato da un generale con una lunga esperienza sul campo.
Le battaglie della strada di Lähde (11 – 14 febbraio) e quella di Viipuri (22 febbraio – 5 marzo), vinte entrambe dai sovietici, consegnarono definitivamente il successo militare nelle mani di Stalin.
Un successo arrivato dopo quasi 4 mesi, centinai di migliaia di morti (270.000 secondo le fonti finlandesi e occidentali e 48.745 secondo quelle sovietiche) e innumerevoli mezzi corazzati distrutti.
L’armistizio
Il governo finlandese firmò il Trattato di pace di Mosca quando ormai la situazione dell’esercito era irrimediabilmente compromessa. Il 6 marzo, il primo ministro finlandese Risto H. Ryti raggiungeva Mosca per i negoziati. Lo stesso giorno, l’Armata Rossa si avvicinava minacciosamente a Viipuri dopo aver frantumato le difese finlandesi nei pressi di Tali. L’attesa per un aiuto militare da parte di Francia e Gran Bretagna si era allungata oltre ogni speranza mentre il morale dell’esercito si dissolveva insieme alle frontiere stabilite nel 1920.
Il 12 marzo si raggiunse un accordo rovinoso per i finlandesi, che perdevano la Carelia, l’importante città di Viipuri e altri territori (per un totale del 10% del territorio nazionale). Altre conseguenze pesantissime furono la concessione della penisola di Hanko come base navale per 30 anni e l’esodo di 420.000 finlandesi rimasti senza casa dopo l’occupazione sovietica.
L’Armata Rossa, che era riuscita a prevalere durante la seconda offensiva, ne usciva comunque fortemente ridimensionata insieme alla figura di Stalin. L’arroganza e la superficialità del Segretario generale avevano condannato ad una rovinosa morte centinaia di migliaia di soldati sovietici e la sofferta vittoria finale non cancellava i gravi errori commessi dal leader georgiano.
Il Segretario generale del PCUS era stato sordo ai consigli di Šapošnikov, capo di stato maggiore dell’Armata Rossa, il quale lo aveva ammonito della potenziale resistenza e intransigenza dei finlandesi. Ma non solo. Durante le Grandi Purghe aveva epurato migliaia di validissimi ufficiali, molti dei quali avevano partecipato alla Rivoluzione d’ottobre e poi combattuto durante la guerra civile contro i bianchi. Uomini che avevano visto nascere l’Armata Rossa e che avevano contribuito a renderla uno dei migliori eserciti al mondo.
Nel maggio del 1940, poco dopo la firma del trattato di pace di Mosca, Stalin liberò dai campi di prigionia e reintegrò nell’esercito 11,500 ufficiali. Una mossa tanto necessaria quanto tardiva: a ridosso dell’estate del 1941, 3/4 degli ufficiali dell’Armata Rossa avevano un’esperienza sul campo che si riassumeva in una manciata di mesi.
Un fattore che peserà come un macigno sull’Unione Sovietica durante la Grande guerra patriottica contro i nazisti.
Foto: WSOY kuva-arkisto