di Vittorio Giorgi*
Si è tenuta recentemente a Tashkent, capitale dell’Uzbekistan, la tavola rotonda “Current Problems of Environmental Safety and Health Protection: Role of Civil Society Institutions in Solving Them” organizzata dal “Movimento Ecologico dell’Uzbekistan”, nella quale si sono presi in esame i maggiori problemi ecologici della regione. Primo su tutti, il lago d’Aral.
Il lago d’Aral
Era il quarto lago più esteso del pianeta. Oggi appartiene all’Uzbekistan e al Kazakistan. All’inizio degli anni ’60, in epoca sovietica, politici e tecnici scellerati hanno attuato un programma di sviluppo agricolo senza prevedere gli effetti sull’ecosistema. L’acqua dei fiumi Amudarya e Syrdarya, che affluivano nel lago, è stata prelevata per anni tramite l’uso di canali per irrigare i campi di cotone. A causa di questo “scriteriato sfruttamento” i due fiumi si sono prosciugati determinando l’essiccazione del lago e dell’area circostante, un tempo rigogliosa.
Oggi il livello del lago d’Aral è sceso di 22 metri e la sua estensione è diminuita del 60%. L’arretramento della linea costiera di ben 120 chilometri ha formato un deserto salato dove si è estinta quasi tutta la flora e la fauna ittica. L’alterazione dell’ecosistema ha determinato nella zona l’insorgenza di malattie delle vie respiratorie, del sistema endocrino e anemia, soprattutto tra i bambini, che ha colpito il 70% della popolazione.
La provincia Surkhandarya
In Tagikistan, a breve distanza dal confine uzbeko, si trova la Sue Talco (State Unitary Enterprise “Tadjik Aluminum Company”) industria statale per la produzione di alluminio, dal 1980 sta emettendo nell’ambiente grandi quantitativi di sostanze chimiche tossiche (idrogeno fluoridrico, anidride solforosa, monossido di azoto, monossido di carbonio) che inquinano l’ecosistema e – trasportate dal vento – contaminano anche quella parte del territorio uzbeko in prossimità del confine, la provincia Surkhandarya.
Gli effetti devastanti prodotti dalle sostanze tossiche provenienti dalla Talco sono oggi visibili su tanti bambini uzbeki nati con gravi alterazioni osteo-scheletriche e su soggetti adulti che hanno contratto malattie degli apparati neuro-endocrino, cardio-vascolare e respiratorio.
La centrale idroelettrica di Rogun
Il progetto per la costruzione della centrale idroelettrica di Rogun, nella Repubblica del Tagikistan, risale agli anni ’70, durante il periodo sovietico. I lavori per la costruzione della base della futura grande diga, iniziati nel 1976, furono sospesi a seguito del crollo dell’Urss. L’area in questione si trova in una zona sismica di 8-10 gradi della scala Richter, dove è stata osservata una frattura sismotettonica. Oggi il governo del Tagikistan vuole realizzare il vecchio progetto della centrale idroelettrica, dando inizio alla costruzione di una diga alta 335 metri (sarà la più alta del mondo) mediante tecniche obsolete. E vuol fare ciò senza aspettare i risultati della perizia tecnica degli esperti internazionali.
E’ importante evidenziare che l’Uzbekistan è un Paese con un’antica storia e una luminosa identità culturale, che dal 1991 (anno della sua indipendenza) ad oggi ha saputo raggiungere importanti livelli nel campo politico-democratico ed economico ma questi problemi ambientali – di cui l’Uzbekistan non è responsabile – sono così macroscopici che c’è bisogno dell’intervento delle organizzazioni internazionali e delle Ong affinché il Tagikistan, responsabile della reiterazione del disastro, adotti le necessarie misure in osservanza dell’Accordo di cooperazione sull’ambiente firmato nel 1994 dai governi dell’Uzbekistan e del Tagikistan, e delle norme di Diritto internazionale sul divieto di inquinamento transfrontaliero.
Dobbiamo comprendere, con la mente e col cuore, che questi disastri ambientali, frutto dell’incoscienza dell’uomo, sono così enormi e devastanti che non appartengono soltanto all’Uzbekistan e all’Asia Centrale, ma al mondo intero e a tutta la comunità internazionale.
* Vittorio Giorgi, avvocato civilista di Caserta, esperto in cooperazione con l’Uzbekistan, presidente “Unione Regioni Storiche Europee”. Ha svolto, alla conferenza di Tashkent, il ruolo di moderatore e relatore.
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Grazie per la pubblicazione. Ora East Journal è conosciuto e apprezzato anche in Uzbekistan. Vittorio Giorgi