di Enzo Navarra
Da Atene – Durante la prima ondata di coronavirus il governo di centro-destra del premier greco Kyriakos Mitsotakis ha ricevuto il plauso internazionale per la tempestività nell’applicazione delle misure restrittive, grazie alle quali la Grecia ha scongiurato lo scenario italiano. Tuttavia, da luglio fino all’annuncio del secondo lockdown nazionale, in vigore dallo scorso 7 novembre, l’esecutivo di Nuova Democrazia è stato tutt’altro che impeccabile tanto nella gestione quanto nella comunicazione dell’emergenza sanitaria.
La prontezza di riflessi durante la prima ondata
Il Covid-19 è entrato nell’agenda della politica greca il 26 febbraio, mentre a Salonicco si riuniva la Società dei virologi greci proprio per discutere del nuovo coronavirus (SARS-CoV-2). Lo stesso giorno in città, una donna 38enne, rientrata da Milano, presentava i sintomi della malattia, diventando il primo caso di positività accertato in Grecia.
Le prime misure contro la diffusione del virus non si sono fatte attendere: il giorno seguente, l’esecutivo Mitsotakis ha sospeso le celebrazioni di Carnevale, che si sarebbero svolte nel fine settimana successivo, e le uscite didattiche all’estero.
In Italia il lockdown è arrivato il 9 marzo, quando il paese viaggiava a una media di nuovi contagi giornalieri superiore a mille e con circa 500 decessi dall’inizio della pandemia. In Grecia la stessa misura è stata annunciata il 22 marzo con decorrenza dal giorno successivo: i numeri erano decisamente diversi, con 624 contagi totali e 15 decessi. I cittadini potevano circolare solo con autocertificazioni (cartacee o via sms)
“[Il lockdown] deve essere fatto in tempo, prima che sia troppo tardi”, era il mantra di Mitsotakis. Il primo ministro ha così giocato d’anticipo e i numeri gli hanno dato ragione: “solo” 2632 contagi totali, 146 decessi e 35 pazienti in terapia intensiva fino al 4 maggio, data di inizio dell’allentamento delle misure restrittive.
L’inizio della grande confusione
Mentre il governo era alle prese con la questione migratoria, su cui permangono tutt’ora molte ombre, a inizio luglio ha visto la luce la “Lista Petsas” (dal cognome del portavoce del governo, Stelios Petsas). Durante la prima ondata il governo aveva lanciato due campagne informative con gli hashtag #MenoumeSpiti e #MenoumeAsfaleis (Stiamo a casa e Stiamo al sicuro), finanziando una lista di oltre 1.200 mezzi di comunicazione per un totale di circa 20 milioni di euro.
Un’operazione tutt’altro che trasparente, poiché non sono mai stati pubblicati i criteri di attribuzione dei fondi: questa vicenda hasuscitato le critiche dell’International Press Institute espresse in una lettera al primo ministro e al suo portavoce firmata, tra gli altri, anche da Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa.
Parlando poi del mondo della scuola, anche la ministra dell’Istruzione Niki Kerameos è stata al centro di polemiche. All’inizio dell’anno scolastico numerosi istituti sono stati occupati dagli studenti in segno di protesta per la mancata introduzione di protocolli sanitari e si è arrivati anche a un duro scontro dialettico con Kerameos. A partire da lunedì 9 novembre, con le scuole medie e superiori chiuse per il lockdown, la didattica a distanza sulla piattaforma WebEx ha creato non pochi grattacapi per i diffusi problemi di connessione e le lezioni saltate.
Anche la popolazione greca si trova disorientata in rapporto alla pandemia. Un sondaggio pubblicato nell’ambito di una ricerca dell’Università di Cambridge sulla disinformazione ha evidenziato dei dati interessanti: il 46% dei intervistati di nazionalità greca sostiene che la mortalità da Covid-19 sia stata “gonfiata” e il 20% crede che gli Stati Uniti abbiano creato e diffuso il virus.
Un secondo lockdown
A partire da giugno, la Grecia ha riaperto i confini e il 1 luglio è scattato il semaforo verde per tutti i voli e i viaggi marittimi internazionali, con l’introduzione di controlli a campione. Per non ostacolare la stagione turistica, anche a fronte di focolai in aree limitate – come nelle isole di Poros, Paros e Antiparos –, sono stati attuati coprifuochi locali ad agosto.
Da settembre, tuttavia, come in tutta Europa, anche in Grecia il grafico dei nuovi contagi è in continua crescita. Mentre il giorno più critico della prima fase è stato il 21 aprile con 156 contagi, dall’8 settembre la Grecia non è mai andata sotto quella soglia, toccando stabilmente le quattro cifre dal 27 ottobre in poi.
Il 4 novembre il portavoce Petsas si era sbilanciato, dichiarando in mattinata: “Escludo una chiusura totale nell’Attica nei prossimi giorni”. Eppure, già il giorno successivo veniva smentito dal premier Kyriakos Mitsotakis, che ha annunciato un lockdown nazionale fino al 30 novembre: “Perché ora? Abbiamo visto una crescita esponenziale nei contagi, ben 10.000 in soli cinque giorni. Meglio prendere queste misure ora, prima che sia troppo tardi. Non posso assumermi la responsabilità di mettere a rischio la salute dei nostri cittadini”.
L’11 novembre, Nikos Chardalias, viceministro della Protezione civile con delega alla gestione delle crisi e addetto alle comunicazioni del governo sul coronavirus, ha annunciato il coprifuoco in tutto il paese dalle 21 alle 5 a partire da venerdì 13 novembre.
Per informazioni sulla Grecia e la diffusione del coronavirus, l’Ambasciata italiana di Atene aggiorna quotidianamente questo sito. Tutti i numeri riguardanti i contagi in Grecia sono stati presi dal sito governativo dedicato al coronavirus, attivo dal 7 aprile.
Immagine: Dimitris Papamitsos, APE-MPE. Copyright Athens News Agency – Macedonian News Agency.