Una sposa ambita si aggira per l’Europa centrale. È la Repubblica Ceca e la ricca dote è l’appalto da 160 miliardi di corone (6 mld di Euro), che, con annessi e connessi, potrebbe valere doppio, per l’ampliamento della centrale nucleare di Dukovany, la seconda insieme a quella più nota di Temelín, nella Boemia del Sud (tra l’altro da anni oggetto di dissapori con gli austriaci che se la trovano alle porte di casa). I pretendenti all’altare sono cinque: Rosatom (Russia), Westinghouse (USA), KHNP (Corea del Sud), CGNP (Cina) e Atmea (joint-venture franco-nipponica tra EDF e Mitsubishi). Tutti tecnicamente idonei secondo Dana Drábová, responsabile dell’autorità nazionale ceca per l’energia atomica. Ma la vera domanda è se lo siano anche sotto il profilo geopolitico della sicurezza.
Nonostante la pandemia, che vede la Repubblica Ceca nuovamente in stato di emergenza, il governo preme per lanciare il bando entro la fine di quest’anno e scegliere il vincitore nel 2022. Forse su spinta del presidente Miloš Zeman, forte sostenitore del candidato russo, il cui mandato scade nel 2023. Inoltre, l’anno prossimo in Repubblica Ceca si terranno le elezioni politiche e tutto potrebbe cambiare.
Ma se mai questa sposa indecisa dovesse infine convogliare davvero a nozze, alla fatidica frase del sacerdote “se qualcuno è a conoscenza di qualche impedimento a questo matrimonio, parli ora, o taccia per sempre” probabilmente ad alzarsi sarebbero in tre.
Ambiente
Il primo opporrebbe le classiche e ben note motivazioni ambientali. Se molti chiedono che la Repubblica Ceca punti massicciamente sull’energia verde, come quei vicini tedeschi con cui spesso i cechi si confrontano, l’atomo riveste però un ruolo strategico nel paese, con il 34% dell’elettricità prodotta, a fronte di un carbone ancora protagonista con il 39%, mentre le rinnovabili sono ferme al 9%. Il paese è un esportatore netto di energia con un bilancio attivo di 14 TWh, pari al consumo annuo totale di tutte le famiglie ceche. Per questo il governo teme che, spente le centrali a carbone e dismessi i vecchi i reattori di Dukovany (inaugurata ancora sotto il comunismo, la centrale dovrebbe “scadere” nel 2035), il paese si troverà al buio.
Economia
Il secondo oppositore si alzerebbe per contestare la sostenibilità economica dell’operazione. Chi finanzierà e come i costi colossali? ČEZ, la compagnia elettrica ceca al 70% di proprietà pubblica, non intende affrontare da sola l’intero progetto e chiede sostanziose garanzie sotto forma di prezzi di vendita dell’energia garantiti e dell’impegno dello stato di, in caso di complicazioni, accollarsi il completamento del progetto. Ma secondo gli oppositori è praticamente certo che tra 20 anni il progresso tecnologico avrà reso le rinnovabili sempre più competitive e, quindi, troppo oneroso il prezzo fisso richiesto dalla ČEZ. La differenza rispetto al livello di mercato finirà per gravare sui consumatori finali.
Non a caso sei anni fa il governo di Bohuslav Sobotka annullò un appalto simile per potenziare Temelin. E forse fece bene: in Gran Bretagna, 7 anni fa, il governo inglese si era vincolato in un progetto simile a un prezzo di 92,5 sterline per megawattore quando, oggi, in Europa costa circa la metà. Non stupisce, quindi, la forte contrarietà degli azionisti di minoranza che ritengono il progetto troppo rischioso e dalla profittabilità assai incerta.
Sicurezza
Le ragioni che al matrimonio eccepirebbe, invece, il terzo oppositore sarebbero sicuramente legate alla sicurezza. In un’analisi il BIS, il servizio di intelligence ceco, ha passato in rassegna i candidati alla la luce, tra gli altri, dell’aspetto della sicurezza e, pur non scartando nessuno a priori, ha richiamato l’attenzione su alcuni criteri che renderebbero Russia e Cina un pericolo.
Il segretario di Stato americano Michael Pompeo, durante il suo viaggio in Europa centrale in estate, ha perorato la causa della Westinghouse sottolineando, più che gli aspetti tecnici, quelli della sicurezza: “Se la Russia dovesse incidere in modo sostanziale sull’ampliamento della centrale nucleare di Dukovany potrebbe minare l’indipendenza della Repubblica ceca”. I grossi calibri della politica internazionale che, ai tempi del progetto di Temelin, si interessarono improvvisamente al piccolo paese centroeuropeo, sono la prova tangibile dell’importanza strategica di progetti del genere: gli ex-presidenti Barack Obama, Dmitrij Medvedev e Nicolas Sarkozy.
ČEZ, intanto, avrebbe cacciato in estate un suo dipendente sospettato di passare informazioni sensibili a un rappresentante della Rosatom. Il settimanale Respekt, che ha riportato la notizia, ricorda come, anche per l’appalto di Temelin alcuni manager sarebbero stati pedinati.
La Cina non sta a guardare. Non molto tempo dopo le minacce del ministro degli Esteri cinese all’indirizzo del presidente del senato ceco Miloš Vystrčil, l’ambasciata ceca a Pechino ha ricevuto la richiesta di 36 visti speciali per i dipendenti della CGN. Richiesta respinta. Sull’influenza cinese il BIS non ha ha dubbi: nella sua ultima relazione ha scritto che “le attività dei servizi cinesi sono aumentati sia in termini di intensità che di raggio di azione rappresentando una minaccia per gli interessi e la sicurezza della Repubblica Ceca”.
Unione europea
Non particolarmente intraprendente a livello di negoziati europei (se non quando si parla di migranti o fondi), nel caso del Green Deal si è pero assistito a un insolito attivismo del premier ceco. Dopo un’opposizione iniziale, nel giro di poco il governo di Babiš ha espresso alla Commissione europea l’impegno della Repubblica Ceca di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Secondo gli analisti il compromesso raggiunto vedrebbe il consenso ceco al Green Deal in cambio del semaforo verde della CE all’aiuto di stato per il prestito pubblico necessario all’enorme appalto nucleare.
Qualunque sia il candidato prescelto, ammesso che l’ambita sposa contragga matrimonio, una cosa è certa: non sarà un matrimonio per amore.
Foto: La centrale nucleare di Dukovany/WikiCommons