“Meritiamo la nostra sovranità. Meritiamo l’indipendenza. Noi siamo la voce dei turco-ciprioti!”. Queste le parole del leader nazionalista turco-cipriota Ersin Tatar subito dopo la sua elezione a presidente della Repubblica Turca di Cipro del Nord, repubblica de facto riconosciuta internazionalmente dalla sola Turchia. Le posizioni radicali del neopresidente che riceve il patrocinio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan rendono sempre più difficile la riconciliazione dell’isola ormai divisa da quasi cinquant’anni. D’altra parte, la nuova leadership pro-indipendentista e il conseguente mantenimento dell’attuale status quo riceve il beneplacito di Ankara, che continua indisturbata la sua espansione energetica nelle acque circostanti l’isola.
Il contesto elettorale
Le elezioni presidenziali tenutesi il 18 ottobre nella repubblica de facto di Cipro Nord hanno visto la vittoria del leader nazionalista del Partito di Unità Nazionale (UBP) Ersin Tatar con il 51,69 percento dei voti contro il suo principale avversario, il presidente uscente Mustafa Akıncı, che si ferma al 48,31 percento. Un risultato che conferma i dati del primo turno tenutosi la settimana precedente, che vedeva Tatar accedere alla seconda tornata con il 32,50 percento, rispetto al 29,84 del principale contendente.
Un dato che risalta da questa tornata elettorale è sicuramente quello dell’affluenza esigua: su una popolazione di 326 mila abitanti, al primo turno hanno votato circa il 58,22% dei 295 mila aventi diritto, percentuale cresciuta al secondo turno, con il 67,29% dei votanti.
Le elezioni si sarebbero dovute tenere già in primavera, posticipate a causa dell’emergenza Covid-19, che nei mesi precedenti ha contribuito a marcare la divisione fra le due comunità dell’isola. Infatti, lo scorso marzo si sono registrate forti proteste da entrambi i lati del confine a causa della chiusura unilaterale decisa dal governo greco-cipriota di quattro degli otto passaggi che collegano le due repubbliche lungo l’intera linea verde, l’area demilitarizzata che divide l’isola dal 1974.
Il futuro ad un bivio
Il presidente uscente Mustafa Akıncı fin dalla sua elezione nel 2015 ha sostenuto il progetto di riunificazione promosso dalle Nazioni Unite per un sistema federale. Nel corso della sua presidenza ha più volte contestato la crescente influenza della Turchia nella parte nord dell’isola: la crescente migrazione di turchi anatolici e l’islamizzazione degli spazi pubblici vengono percepiti da Akici come un tentativo di assimilare l’unicità dell’identità turco-cipriota in una più strettamente turca, trasformando di fatto la repubblica in un protettorato di Ankara. I negoziati ripristinati tra il 2015 e il 2017 avevano ridato speranza al processo di pace promosso dal ONU, che si è poi arenato dopo il mancato accordo nel luglio 2017.
Ersin Tatar, candidato filoturco nonché già primo ministro della Repubblica Turca di Cipro, grazie alle sue posizioni fortemente indipendentiste ha ottenuto il supporto immediato da parte del presidente turco Erdogan per la corsa alla presidenza. La contestata apertura del quartiere Varosia nella città di Farmagosta e l’accordo di cooperazione economica e finanziaria tra i governi di Ankara e di Nicosia Nord firmato lo scorso maggio, che prevede investimenti per circa 2,3 miliardi di lire turche (oltre 230 milioni di euro) in nuovi progetti infrastrutturali, oltre che portare beneficio alla figura del candidato presidente, ha lo scopo principale di accrescere la dipendenza dell’economia nord-cipriota da Ankara.
Una pace sempre più lontana
La sfida presidenziale ha polarizzato la società turco-cipriota su due temi simbolici: da un lato, la volontà di proseguire i negoziati di pacificazione con i vicini greco-ciprioti sotto l’egida delle Nazioni Unite, dall’altro l’intenzione di preservare la divisione esistente e preferire rapporti economici più stretti con Ankara, in un contesto regionale come del Mediterraneo orientale che diventa sempre più incandescente con le dispute in corso sullo sfruttamento delle risorse marine dell’area. Non a caso, nel programma elettorale di Tatar si fa diretto riferimento alla dottrina di Ankara del Mavi Vatan (“Patria blu”), alludendo ad un coordinamento tra Turchia e Cipro Nord nell’esplorazione delle risorse energetiche nella comune porzione di Mediterraneo.
Dopo un incontro informale tenuto il 3 novembre con la sua controparte greco-cipriota, il presidente Nicos Anastasiades, il neoeletto presidente Ersin Tatar ha annunciato che non ci sono speranze per un progetto federale fra i due paesi, e che nuove soluzioni devono essere portate al tavolo dei negoziati. Il mancato riconoscimento della repubblica turco-cipriota all’interno della comunità internazionale la lega a doppio filo con la Turchia, che continua a perseguire le ambizioni egemoniche nell’area mediterranea.
Immagine: Ali Balıkçı/Anadolu Agency