POLONIA: Manifestazioni e cortei ovunque. Cronaca di una protesta senza fine

Giovedì 22 ottobre, la Corte costituzionale polacca ha stabilito che l’aborto sulla base di difetti congeniti e malformazioni fetali, anche incurabili, è incompatibile con la costituzione. Di fatto, questa decisione equivale a un divieto pressoché totale dell’interruzione di gravidanza e sta scatenando tensioni politiche e manifestazioni in tutto il paese. Gli organizzatori delle manifestazioni puntano il dito contro il leader del PiS (Diritto e Giustizia), Jarosław Kaczyński, accusato di usare la Corte per evitare di assumersi la responsabilità diretta di una decisione impopolare.

Da ormai dieci giorni, migliaia di persone scendono in piazza senza interruzione in quasi 500 città e paesi della Polonia: dalla capitale a Cracovia, passando per Poznań, Danzica, Katowice, Wrocław e tante altre città, il paese è in fermento come non succedeva da qualche decennio.

Lo sciopero nazionale delle donne e le richieste

Le proteste hanno preso il via subito dopo la sentenza della Corte. A Varsavia, migliaia di persone si sono ritrovate per le strade e hanno raggiunto il quartier generale del PiS, per poi arrivare nei pressi della villa di Kaczyński. Lì, la polizia ha dovuto disperdere la folla e caricare i manifestanti. A guidare le proteste c’è ancora una volta l’Ogolnopolski strajk kobiet (lo sciopero nazionale delle donne), movimento nato in seguito allo sciopero pro-aborto del 2016. L’organizzazione è sostenuta da movimenti LGBT, associazioni pro-aborto, studenti, dottori, disabili e diverse sigle sindacali. Anche gli agricoltori hanno fatto sfilare una decina di trattori a sostegno delle manifestazioni e sempre più persone si sono unite alla protesta.

La contestazione a favore dell’aborto è diventata trasversale e ora coinvolge un po’ tutto il paese.  Oltre ai diritti legati all’interruzione di gravidanza e all’educazione sessuale, in un manifesto gli organizzatori chiedono le dimissioni del governo, una Corte costituzionale trasparente, fondi per l’assistenza sanitaria e aiuti ai lavoratori, protezioni dalla violenza domestica. Il messaggio è chiaro: to jest wojna. Questa è una guerra, contro il governo ma non solo.

Le proteste nelle chiese e la reazione dei nazionalisti

Nel weekend, il dissenso è stato espresso in maniera inedita per un paese così cattolico: durante la tradizionale messa domenicale, attiviste e simpatizzanti hanno fatto irruzione all’interno di molte chiese per interrompere la funzione e distribuire volantini. Mentre all’esterno, in qualche caso, vernice rossa e graffiti hanno sporcato i cortili e le mura degli edifici ecclesiastici. “Preghiamo per il diritto all’aborto” e “aborto libero!”, hanno urlato a gran voce le manifestanti durante la messa. A fronteggiarle c’erano però nazionalisti e ultraconservatori, che hanno occupato e impedito ogni forma di contestazione, sostituendosi alla polizia. Come a Varsavia,  dove due uomini che presidiavano la chiesa di Santa Croce hanno portato via una donna del collettivo “Polskie Babcie” (nonne polacche). Accoltellato al volto un ragazzo di Gdynia, vicino Danzica. Scontri anche a Wrocław, dove un gruppo di 20 uomini vestiti di nero ha attaccato i manifestanti.

Lunedì sera, invece, è stata la volta dei blocchi stradali. I manifestanti hanno paralizzato il traffico di 150 città della Polonia con cortei nelle strade più affollate e sit-in nelle piazze più importanti. La maggior parte delle persone intrappolate nel traffico ha solidarizzato, ma la tensione resta alta. Una Bmw ha infatti investito di proposito e ferito due donne, a Varsavia. Sempre nella capitale, circa 80 neofascisti del movimento ONR (Obóz Narodowo-Radykalny), membri del partito di estrema destra Konfederacja (Confederazione) e diversi ultras del Legia Varsavia hanno presidiato la chiesa di Sant’Alessandro per tutta la serata.

La chiamata alle armi è arrivata via twitter. Da una settimana, l’organizzatore della marcia dell’Indipendenza, Robert Bąkiewicz, raccoglie i suoi fedelissimi e ha da poco creato una ‘guardia nazionale‘ per difendere le chiese e i monumenti nazionali. Secondo Bąkiewicz, la polizia non farebbe abbastanza nel combattere “la rivoluzione della sinistra violenta e bolscevica”. Alcuni esponenti della maggioranza, compreso Kaczyński, hanno elogiato pubblicamente le persone che hanno partecipato a queste azioni e invitato i polacchi a proteggere le chiese e a ‘difendere la nazione‘ perché, secondo l’esecutivo, la Polonia sarebbe in pericolo.

Le minacce di Kaczyński 

Il giorno dopo, in un video il leader del PiS ha affermato che la sentenza della Corte è “del tutto in linea con la costituzione” e ha anche espresso rammarico per il fatto che la protesta “sia diventata il pretesto per violenti sconvolgimenti sociali che si stanno verificando in una fase grave dell’epidemia di Covid-19. Gli organizzatori e i manifestanti sono una minaccia, stanno commettendo un grave crimine“. Kaczyński ha anche aggiunto che la chiesa è un simbolo e, come tale, viene attaccata perché è “il depositario dell’unico sistema morale comunemente noto in Polonia. Il rifiuto della chiesa è nichilismo ed è questo che vediamo nelle manifestazioni. Difendiamo la Polonia, difendiamo il patriottismo”. Da più parti, il discorso di Kaczyński è stato paragonato a quello del generale Jaruzelski del 1981, quando fu proclamato lo stato di guerra.

Le proteste sono proseguite anche mercoledì 28 ottobre, quando migliaia di persone hanno manifestato nuovamente in 450 città. Le organizzatrici dell’Osk hanno convocato uno sciopero di 24 ore e a Varsavia il corteo ha bloccato tutte le uscite del parlamento fino a tarda notte. Una parte dei manifestanti ha invece raggiunto la sede del PiS. Anche i polacchi e le polacche che vivono all’estero hanno deciso di unirsi alle manifestazioni in tante città europee. Sempre mercoledì, il presidente Andrzej Duda ha dichiarato che, pur comprendendo la protesta, condivide la sentenza della Corte. Duda anche parlato di un ipotetico compromesso legislativo, prontamente respinto dall’opposizione.

Giovedì 29 ottobre la protesta si è spostata sotto la sede della tv pubblica. Da anni accusata di essere la voce del governo, TVP non ha quasi dato spazio alle proteste. Durante i servizi del tg nazionale, giornalisti e ospiti hanno parlato di proteste ridotte, aggressive e tipiche del “fascismo della sinistra”, con violenti e infiltrati giunti da altri paesi.

La manifestazione di Varsavia

Il momento clou della settimana è stato però venerdì 30 ottobre, quando a Varsavia sono stati organizzati tre cortei a ritmo di musica techno, confluiti poi su viale Jerozolimskie e rondo Domwskiego. Dal centro, circa 100mila persone hanno attraversato la città e hanno cercato di raggiungere la casa di Kaczyński, armate di tamburi, vuvuzelas, pentole e padelle. Il corteo, pieno di cartelloni umoristici che sbeffeggiavano i leader polacchi e chiedevano il diritto di scegliere, è stato bloccato a piazza Wilsona dall’imponente schieramento delle forze di polizia. Durante la marcia non sono mancati i momenti di tensione, quando circa 50 ultras e nazionalisti hanno lanciato fumogeni e attaccato i manifestanti con spray urticante. I disturbatori sono stati dispersi dalle forze dell’ordine, anche se i testimoni parlano di continue provocazioni da parte di piccoli gruppi di uomini dal volto coperto. Davanti alla chiesa di Santa Croce, alcuni ultracattolici che presidiavano il sagrato hanno diffuso la registrazione di un bambino che piangeva attraverso megafoni e altoparlanti. La polizia ha arrestato 37 persone ma, considerando che un tale afflusso di persone non si vedeva dai tempi di Solidarność, ha giudicato il corteo pacifico e ben organizzato.

Lo sciopero nazionale delle donne, forte del sostegno popolare guadagnato negli ultimi dieci giorni, ha dichiarato che non intende sospendere le proteste. Le attiviste continuano a organizzare manifestazioni e sit-in in tutta la Polonia, dalle grandi città alla provincia, lasciando spazio alla creatività delle polacche e dei polacchi. L’interruzione di gravidanza, motivo centrale delle manifestazioni, ha lasciato velocemente spazio a una contestazione generale che ha allargato le sue rivendicazioni, in risposta ai no di un governo poco disponibile al dialogo. L’esecutivo ha più volte pregato di sospendere ogni evento per via della crisi pandemica, ma sembra aver perso il controllo della situazione e il sostegno degli elettori. Secondo recenti sondaggi, quasi il 70% dei polacchi è a favore dell’aborto e ritiene sbagliata la sentenza della Corte costituzionale. Questa settimana sarà decisiva per testare la forza di un movimento di protesta ormai trasversale e comprendere meglio le intenzioni di un esecutivo messo in difficoltà dalle piazze e dalle strade di tutta la Polonia.

 

Foto: Tommaso Di Felice

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Chi è Tommaso Di Felice

Nato a Roma nel 1987, si è laureato in Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Appassionato di storia e politica, dopo un Erasmus a Varsavia è rimasto in Polonia per diversi anni. Ora è tornato a Roma, ma lo sguardo rimane sempre rivolto a Est.

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