Armenia e Azerbaigian hanno raggiunto questa notte un accordo per il cessate il fuoco umanitario che entrerà in atto dalle 12 di oggi. L’accordo è stato siglato a Mosca, dopo dieci ore di negoziati tra il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e i corrispettivi armeno e azero, Zohrab Mnatsakanyan e Jeyhun Bayramov. Il cessate il fuoco dovrebbe mettere una conclusione ai combattimenti che dal 27 settembre imperversano sulla linea di contatto tra l’Azerbaigian e la repubblica de facto del Nagorno-Karabakh.
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Le clausole dell’accordo
In una breve dichiarazione alla stampa, Lavrov ha annunciato che il cessate il fuoco permetterà lo scambio di prigionieri e dei corpi dei caduti tra le parti e sarà seguito da negoziati più sostanziali per definirne più concretamente le modalità. Armenia e Azerbaigian si sono anche impegnati a continuare il dialogo attraverso il gruppo di Minsk dell’OSCE, l’ente internazionale preposto alla risoluzione del conflitto che è stato, quindi, confermato come lo strumento negoziale principale.
Gli interrogativi
I tredici giorni di scontri hanno causato, ufficialmente, la morte di 50 civili – 31 azeri e 19 armeni – e 376 soldati armeni, mentre Baku non ha comunicato il numero dei propri militari caduti. Tanti i centri abitati finiti sotto i bombardamenti, su tutti Stepanakert, capitale de facto del Nagorno-Karabakh, ma anche Ganja, Aghjabadi, Tartar, Goranboy, Aghdam e Barda in Azerbaigian.
Per gli abitanti della regione il cessate il fuoco rappresenterebbe la fine di un incubo, quello di perdere un proprio caro o di vedere la propria abitazione colpita da un bombardamento. Rimangono, però, numerosi gli interrogativi riguardo alla tregua, in particolare se verrà effettivamente rispettata e quanto durerà.
Diversi i dubbi anche sul futuro dei negoziati, se questo accordo sembrerebbe una vittoria diplomatica per il Cremlino, resta da vedere se Mosca avrà l’intenzione o la forza di indurre le parti a trovare una risoluzione permanente al conflitto. Da studiare il ruolo della Turchia che mai come in questi giorni si era mostrata propensa ad intervenire nel Caucaso e che aveva aspramente criticato il processo negoziale promosso dall’OSCE. Infine, Francia, Russia e Stati Uniti, i tre co-presidenti del gruppo di Minsk, dovranno trovare una comunità di intenti mai vista fin’ora per ridare slancio ai negoziati.
Immagine: Reuters