di Lilly Marciante e Martina Urbinati
Fin dall’inizio delle proteste pacifiche in Bielorussia, la Lituania si è sempre schierata dalla parte dei manifestanti e dei prigionieri politici sia con aiuti concreti (prima fra tutte la decisione di garantire protezione alla leader dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya il 12 agosto scorso) che per mezzo di iniziative di solidarietà da parte della società civile. Tra le istituzioni, la European Humanities University (EHU) ha alle spalle una lunga storia di solidarietà nei confronti di studenti e professori che sono stati costretti a lasciare la Bielorussia.
Una storia travagliata
Fondata nel 1992 a Minsk per contribuire alla formazione della nuova classe dirigente post-sovietica, la EHU è la prima università indipendente che condivide e promuove un’educazione di stampo occidentale in Bielorussia. Con il consolidamento del regime autoritario instauratosi intorno alla figura di Aleksandr Lukashenko, le autorità bielorusse si accanirono contro “la mancanza di premesse accademiche” della EHU per costringerla a lasciare il paese nel 2004.
Dovendo decidere in quale paese stabilirsi, la Polonia fu scartata per via dell’atteggiamento paternalistico alla base della storica dottrina Giedroyc, secondo cui il paese centro-orientale guiderebbe i rapporti di cooperazione tra Ucraina, Lituania e Bielorussia, assicurandone così l’indipendenza dall’influenza russa. Concretamente, i rappresentanti della EHU temevano che il governo polacco dell’epoca cercasse di formare una sorta di élite filogovernativa in cambio di protezione e finanziamenti.
La scelta allora ricadde sulla Lituania, ma non senza perplessità. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, Lituania e Bielorussia iniziarono a contendersi il primato su intere pagine di storia condivisa così da poter legittimare l’avanzamento delle rispettive narrative nazionali. A differenza della Polonia però, la Lituania viene percepita come paese neutrale per via del legame che ha con la Bielorussia fin dai tempi del Gran Ducato di Lituania. Senza ulteriori indugi, la direzione della European Humanities University si accordò per instaurare una più o meno pacifica convivenza a Vilnius.
Nel corso dei suoi 15 anni di attività, le politiche di insegnamento della EHU sono state spesso criticate dalle istituzioni lituane. La quasi totale assenza della lingua lituana nei programmi di studio ha finito per esasperare la mentalità conservativa dello stato baltico, il quale per anni ha evitato il dialogo con la controparte bielorussa. Eppure, proprio lo scorso anno in occasione dell’ottavo congresso internazionale per gli studi bielorussi, il dibattito aperto tra numerosi intellettuali ed esperti è servito a porre le basi per una possibile riconciliazione negli anni a venire.
Il ruolo della EHU negli ultimi eventi in Bielorussia
Nonostante le tensioni verificatesi tra Lituania e Bielorussia negli ultimi anni (caso della centrale nucleare di Astravets in primis), si può dire che l’attuale crisi politica in Bielorussia abbia dato uno slancio alle dimostrazioni di vicinanza verso la società civile, i prigionieri politici e i cittadini bielorussi più in generale. Anche la EHU sta facendo la sua parte in questo momento così critico. Per saperne di più, abbiamo intervistato Maksimas Milta, direttore del dipartimento di comunicazione e sviluppo alla European Humanities University.
Qual è il ruolo della EHU in merito alla crisi politica in Bielorussia?
Per quello che riguarda gli studenti costretti a lasciare il paese, ora è possibile presentare domanda di trasferimento alla EHU durante tutto l’anno accademico, non più solo all’inizio di ogni semestre come in precedenza. Fin dal momento dell’immatricolazione, gli iscritti potranno inoltre beneficiare delle borse di studio erogate dal governo lituano. Come successe per le elezioni presidenziali del 2010, ci aspettiamo che le richieste di trasferimento aumentino in inverno: questo perché, di norma, le università bielorusse certificano il mancato superamento della sessione di esami invernale così da poter espellere gli studenti “non idonei”.
Oltre che occuparci dei nuovi iscritti, siamo vicini anche ai nostri ex studenti. Di recente, ci è stato riferito che l’Accademia Nazionale delle Scienze in Bielorussia potrebbe procedere al licenziamento di ricercatori del dipartimento di storia. Ci stiamo perciò attivando per trovare una soluzione, qualora questo dovesse verificarsi. Nell’ultimo mese, la European Humanities University ha condotto azioni mirate alla liberazione di 22 persone tra docenti universitari e ricercatori, in alcuni casi anche attraverso l’elaborazione di piani di evacuazione verso la Lituania. Al momento, sono 2 gli studenti che devono ancora essere rilasciati.
La EHU è stata una pioniera per quanto riguarda la promozione di valori europei e di un modello liberale di educazione. Secondo lei, quanto importante sarà un approccio del genere per il futuro della Bielorussia? Saranno necessari più fondi europei?
L’Unione Europea è l’alleato più naturale per la società bielorussa: storicamente, Svezia, Polonia e Olanda hanno stanziato gran parte dei fondi per l’attuazione di progetti per la cooperazione e lo sviluppo portati avanti dalla EHU. Se le manifestazioni pacifiche continuano ancora dopo due mesi dalle elezioni, è anche grazie a progetti incentrati sul tema dell’ impegno civico condotti in diverse regioni del paese, seppur adeguatamente camuffati per evitarne la soppressione.
Dal momento in cui molti studenti e docenti vengono espulsi dalle università statali bielorusse, forme di solidarietà nel campo della formazione universitaria e della ricerca possono venire in aiuto. A tal proposito, esistono già progetti di cooperazione tra la EHU e atenei in Lituania?
Quando si parla di attività di ricerca, le istituzioni aiutano, ma sono gli individui a fare la differenza. In linea di massima, alla EHU diamo molto valore allo sviluppo di relazioni orizzontali, a prescindere dall’esistenza di memorandum d’intesa tra istituzioni. Per esempio, nel corso degli ultimi due anni abbiamo notevolmente aumentato il livello di cooperazione con l’accademia di Belle Arti a Vilnius. In materia di diritto, abbiamo incrementato le relazioni con la Corte Costituzionale lituana. Nel campo degli studi sul patrimonio storico, abbiamo all’attivo da tre anni un progetto sulla salvaguardia delle sinagoghe lungo il confine tra Lituania e Bielorussia. Attingendo dalle esperienze portate a termine sul territorio lituano, la EHU fa da intermediario tra le due parti, coinvolgendo anche le comunità locali.
Gli studenti stanno attivamente partecipando ai movimenti di protesta in Bielorussia. A suo parere, Lukashenko potrebbe avere sottovalutato il loro potenziale in passato?
La disillusione politica in quanto manifestazione di malcontento popolare è esplosa in seguito al sostanziale ridimensionamento dell’emergenza COVID-19 da parte di Lukashenko. A partire dal primo di settembre, la dimensione studentesca è un’importante componente dei movimenti di protesta, che ho potuto sperimentare in prima persona. In alcuni casi, gli studenti sono stati minacciati dai rettori delle loro stesse università. È successo che dei sicari arrestassero studenti anche all’interno degli ambienti universitari. Come viene analizzato in un recente articolo, gli studenti sono per Lukashenko motivo di preoccupazione già dal lontano 2001, quando si preparava a ricandidarsi per la seconda volta alla presidenza. Si noti che gli studenti sono tra gli elettori più resilienti: è proprio in seguito a quelle elezioni che ebbe inizio l’ondata di oppressioni verso il settore dell’educazione che tuttora persiste.
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