Mercoledì 30 settembre, la Commissione Europea ha rilasciato il primo rapporto sullo stato di diritto dei suoi 27 paesi membri. Il documento si basa sull’analisi di quattro pilastri: il sistema giuridico, la legislazione e le istituzioni contro la corruzione, il pluralismo mediatico e la presenza di “checks and balances” tra organi statali. Durante la conferenza stampa di presentazione del report, la vice-presidente della Commissione Věra Jourová ha affermato che “oggi colmiamo una lacuna molto importante nei nostri strumenti per lo stato di diritto. Per la prima volta, il nuovo report guarda tutti gli stati membri in egual modo al fine di identificare le tendenze dello stato di diritto e di aiutare a prevenire che seri problemi possano verificarsi.”
Di seguito, troverete un breve resoconto dell’analisi della Commissione sullo stato di diritto dei paesi che interessano maggiormente le scrivanie di East Journal.
Europa centro-orientale
Per quanto riguarda la Repubblica Ceca, riforme del sistema giuridico e per una maggiore trasparenza sono state evidenziate nel report. Allo stesso tempo, però, si registrano dubbi su un’efficiente persecuzione dei crimini di corruzione, specialmente legati ai fondi europei.
Una maggiore incertezza è invece rilevata nel sistema giuridico slovacco. Tuttavia, la Commissione ha riconosciuto che, dall’assassinio del giornalista Ján Kuciak e della sua fidanzata, la popolazione slovacca si sia resa consapevole della necessità di una vasta riforma giuridica e di protezione dei giornalisti. Infatti, il report sottolinea come il bisogno di una maggiore trasparenza e di una più feroce lotta alla corruzione siano punti centrali del programma politico del nuovo governo.
Per quanto riguarda la Romania, nonostante il governo abbia ribadito la sua volontà nel promuovere un più efficiente stato di diritto, la pandemia globale avrebbe momentaneamente sospeso la revisione legislativa in materia, alimentando l’incertezza del sistema giuridico romeno.
Tuttavia, ancora una volta, al centro della maggiore invettiva della Commissione ci sono Ungheria e Polonia. La prima, contro la quale, nel marzo 2018, il Parlamento Europeo ha attivato l’art. 7 TUE al fine di valutare il rischio di violazione dei valori dell’UE, è ancora sotto l’occhio del ciclone. La mancata trasparenza del sistema legislativo, il forte rischio di corruzione dovuta a stretti legami tra politica ed imprenditoria, il dubbioso bilanciamento dei poteri nel sistema giuridico sono al centro della discussione. Inoltre, la Commissione si è detta preoccupata di alcuni recenti sviluppi della Corte Suprema, la quale ha dichiarato illegale la richiesta per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE. La risposta del governo ungherese al report non si è fatta attendere. Budapest ha definito il report “non solo fallace, ma assurdo”. Inoltre, già martedì 29 settembre, il presidente ungherese Viktor Orban aveva chiesto le dimissioni della vicepresidente della Commissione, Vera Jourova per aver definito Budapest “una democrazia malata”.
La Commissione ha espresso, infine, anche grande preoccupazione per lo stato di diritto in Polonia. Dal 2015, la Polonia ha adottato una serie di misure volte a minare l’indipendenza dell’intero sistema giuridico polacco. Per tale motivo, nel 2019 e 2020, la Commissione ha attivato due procedure di infrazione nei confronti di Varsavia e la Corte di Giustizia dell’UE ha sospeso la competenza della camera disciplinare della Corte Suprema nel valutare casi disciplinari dei giudici. Inoltre, il report ha evidenziato l’assenza di una legislazione efficiente nel regolare l’attività delle lobby e dell’indipendenza degli organi competenti nel contrastare la corruzione.
Balcani
Spostando l’attenzione all’area dei Balcani, le valutazioni sono eterogenee da paese a paese, ma il problema comune risiede nella discrepanza tra le norme giuridiche e la loro piena attuazione. La Grecia, paese membro già dal 1979, presenta ancora profonde fragilità nell’amministrazione della giustizia: nonostante il paese abbia adottato riforme nell’ambito dei programmi di aggiustamento economico, l’efficienza e la qualità del sistema giudiziario restano al di sotto delle aspettative, soprattutto sul fronte della digitalizzazione. Considerazioni simili si estendono alla lotta contro la corruzione, resa poco efficace da importanti lacune legislative e recenti riforme che hanno reso difficile perseguire i casi di tangenti. Infine la Commissione non ha mancato di registrare i pareri delle organizzazioni della società civile attive nel campo delle migrazioni, che hanno espresso la preoccupazione per il recente giro di vite del governo nel contesto della crisi migratoria e della pandemia.
Per quanto riguarda la Bulgaria, la mancanza di risultati nella lotta alla corruzione si riflette nei sondaggi sulla percezione pubblica, tra i più bassi in Europa, ed è uno degli aspetti chiave emersi durante le proteste dell’estate 2020. Secondo la Commissione, resta da stabilire un solido track record di condanne definitive nei casi di corruzione che riguardano figure pubbliche di alto livello.
Preoccupazioni simili, seppure di minore entità, si estendono anche alla Slovenia, dove stando al rapporto restano da affrontare le inefficienze nel perseguire i crimini finanziari legati ad esempio al riciclaggio di denaro sporco.
La Croazia, infine, rappresenta il fanalino di coda in termini di indipendenza percepita del sistema giudiziario: la corruzione continua a destare particolare preoccupazione a livello locale e nella gestione delle aziende pubbliche.
Una questione che interessa trasversalmente tutti i paesi dell’area balcanica sono il pluralismo e la libertà di stampa. La Slovenia, in particolare, è vessata da conflitti di interesse che limitano il pluralismo dei media a tutti i livelli, dal nazionale al locale. Nel caso della Bulgaria, la mancanza di trasparenza della proprietà dei media è considerata una fonte di preoccupazione. Inoltre diverse associazioni per la libertà dei media riferiscono di attacchi fisici e online contro giornalisti. Problematiche simili sono state riscontrate anche in Croazia, dove il lavoro dei giornalisti investigativi è a rischio. Rispetto al contesto greco, la Commissione ha valutato insufficienti i meccanismi volti a garantire il rispetto degli standard professionali nella pratica del giornalismo e le condizioni di lavoro precarie per i giornalisti a causa, tra l’altro, della crisi economica e finanziaria.
Paesi baltici
Per quanto riguarda le repubbliche baltiche, le riforme adottate sembrano avere un impatto positivo sullo stato di diritto dei paesi, specialmente in Estonia, dove le più avanzate tecnologie di comunicazione e informazione sono usate nelle corti. Certamente anche in questi paesi esistono dei margini di miglioramento. La Lettonia soffre momentaneamente di carenza di risorse umane per esplicare al meglio le nuove funzioni del consiglio giudiziale. Desta inquietudine, invece, in Lettonia, il legame tra politica e proprietà di canali mediatici, specialmente nel quadro locale e regionale.
La parola agli esperti
Niente di nuovo sul fronte dello stato di diritto. Sembra dire questo il Verfassungsblog, piattaforma online specializzata nel diritto costituzionale e nel diritto europeo. Infatti, non solo il report non aggiungerebbe nulla di nuovo rispetto a quello che già si sapeva, ma la sua pubblicazione non comporterebbe nulla da un punto di vista pratico nei 27 paesi membri. Per questo motivo, è necessario che le istituzioni europee si prendano il fardello di sanzionare chiunque violi uno dei valori fondamentali dei trattati.
Ciò potrebbe avvenire in due modi. Innanzitutto, laddove le minacce a un effettivo stato di diritto si fanno sempre più chiare, la Commissione Europea dovrebbe attivare l’art. 7 TUE oppure una procedura di infrazione. “Dovrebbe” in quanto nessun obbligo legale è previsto dai trattati. In secondo luogo, una clausola di condizionalità del rispetto dello stato di diritto dovrebbe essere inserita nel budget 2020-2027. Certo, le negoziazioni non sono semplici, soprattutto a causa della forte opposizione di Budapest e di Varsavia. Allo stesso tempo, però, non può più essere accettabile lasciar correre tutto. Ne va della credibilità di Bruxelles.
Immagine: apiceuropa.eu