“Wo shi Taiwan ren”. È così che, parafrasando il celebre “Ich bin ein Berliner”, pronunciato da Kennedy nel 1963 a Berlino Ovest, il presidente del Senato ceco Miloš Vystrčil ha chiuso il suo discorso dinanzi al parlamento di Taiwan a fine agosto, guadagnandosi una calorosa standing ovation durante la sua visita diplomatica nell’isola. Ma andiamo con ordine.
Il viaggio diplomatico
L’idea di recarsi in visita a Taiwan, in realtà, era del suo predecessore, Jaroslav Kubera, improvvisamente deceduto a gennaio di quest’anno. Tra le cose ritrovate dalla moglie del defunto, una lettera dell’ambasciata cinese in Repubblica Ceca, contenente pesanti ritorsioni commerciali: secondo la moglie sarebbero state proprio queste pressioni all’origine dell’infarto che lo ha colpito (anche se, va detto, l’ex presidente del Senato era un accanito e irriducibile fumatore).
Non stupisce, quindi, che, fresco di nomina, Vystrčil abbia inizialmente temporeggiato prima di intraprendere questo viaggio. Ma, nonostante le opinioni contrarie del presidente Miloš Zeman, del premier Andrej Babiš e del ministro degli Affari Esteri Tomáš Petříček, e forte dell’appoggio del Senato, Vystrčil si reca a Taipei, dove tiene un discorso toccante sulla necessità di difendere la democrazia e la libertà. Paragonando la lotta dei cecoslovacchi per abbattere il comunismo a quella dei taiwanesi contro la dittatura, ricorda, con le sue parole, l’importanza di appoggiare gli sforzi democratici in Bielorussia e a Hong Kong, augurando ai taiwanesi “un futuro libero, veritiero e giusto” e raccogliendo un prevedibile scroscio di applausi.
Questione politica o economica?
La missione diplomatica di Vystrčil non ha, però, solo valenza politica. Ad accompagnarlo, infatti, 36 rappresentanti di aziende ceche attive nel campo delle tecnologie più avanzate: la Taiwan Cooperative Bank, per esempio, sta valutando di aprire a Praga la sua seconda succursale europea. Taipei, infatti, preoccupata per gli sviluppi a Hong Kong, crede sempre meno alle promesse cinesi di “un paese, due sistemi”, soprattutto dopo le parole del presidente cinese Xi Jinping su una riunificazione manu militari, e vedrebbe volentieri in Praga un ponte per avvicinarsi all’Europa. Desiderio che potrebbe trovare terreno fertile in un’Europa a cui – complice il Covid – l’eccessiva dipendenza produttiva dalla Cina inizia a stare stretta.
Come prevedibile, non si sono fatte attendere le reazioni cinesi particolarmente dure. Così Wang I, ministro degli Affari Esteri cinese, su Vystrčil: “lo costringeremo a pagare un prezzo alto per il suo comportamento miope e il suo opportunismo politico”. Pechino non intende tollerare questa “aperta provocazione” che equivarrebbe a “inimicarsi 1,4 miliardi di cinesi”. Pronta la reazione di Petříček che ha richiamato l’ambasciatore cinese per chiarimenti: “in diplomazia non si utilizzano parole così dirette e dure”.
Vystrčil dice di avere paura: “sono sotto pressione”. Le minacce cinesi non sono da prendere sotto gamba, come mostra il caso canadese o, più modestamente, quello di Praga. Intanto dalla Cina è già arrivata la disdetta di una commessa da 200mila euro per 11 pianoforti della storica ditta Petrof, già pronti per la spedizione. Ma le ritorsioni commerciali contro le ditte ceche che operano in Cina potrebbero essere ben più gravose.
Nemo propheta in patria… o forse sì?
Oltre che sul piano della politica internazionale, il viaggio diplomatico ha sicuramente importanza anche su quello della politica locale. Il presidente ceco Zeman ha definito la missione “una provocazione da adolescenti”, mentre il suo kancléř (capo di gabinetto) Vratislav Mynář si è affrettato a sincerare l’ambasciatore cinese che il presidente ceco non inviterà più Vystrčil al vertice sulla politica estera delle massime cariche dello Stato.
La storica visita rischia di avere ripercussioni anche in campo elettorale. Il 2 e il 3 ottobre i cechi andranno ai seggi per rinnovare un terzo del Senato e alcune cariche ammministrative regionali. Vystrčil potrebbe far guadagnare qualche punto al suo partito, l’ODS (il Partito Civico Democratico, di centrodestra), anche se, nel 2012, fu proprio l’ODS con il suo premier Petr Nečas a cambiare rotta criticando il sostegno al Dalai Lama, di cui Václav Havel era grande amico e sostenitore.
La questione economica si è intrecciata spesso con quella dei diritti umani nella storia recente del paese, dividendo il campo tra coloro che vorrebbero disconoscere la politica di una sola Cina e avvicinarsi a Taiwan, e quanti invece preferiscono mantenere buoni rapporti con il dragone perchè “con la Cina si fanno solo affari e sui diritti umani si deve tacere”.
In realtà, gli investimenti provenienti dall’isola di Taiwan superano di ben 14 volte quelli della 60 volte più popolosa Cina. Mancano all’appello, infatti, i tanti decantati investimenti cinesi in Repubblica Ceca con cui Pechino sembra voglia comprare il silenzio e la fedeltà dei cechi. Sotto quest’ottica, il viaggio di Vystrčil sembrerebbe più che sensato e ragionevole. Ma da qui a vedere in Vystrčil, di cui in 30 anni in politica nessuno aveva mai sentito parlare, un potenziale candidato alle presidenziali del 2023 ce ne passa.
Foto: Reuters