“La donna non indosserà abiti da uomo, né l’uomo indosserà abiti da donna, perché chiunque fa tali cose è in abominio all’Eterno, il tuo Dio” (Deuteronomio, 22:5). Questo è soltanto uno degli enormi tabelloni ispirati alla Bibbia comparso la scorsa settimana a Varsavia e finanziato dall’associazione Roty Marszu Niepodległości (Truppe per la Marcia dall’Indipendenza) che hanno animato gli ultimi mesi di scontro intorno al movimento LGBT in Polonia. A propria volta, Roty è soltanto una delle organizzazioni – il cui obiettivo è “mobilitare i polacchi a prendersi cura degli interessi nazionali, della sovranità statale e promuovere il patriottismo” – che abbia optato per questo tipo di comunicazione. È da tempo, infatti, che le associazioni schierate sui due fronti utilizzano gli spazi normalmente riservati ai messaggi pubblicitari per sostenere le proprie idee.
Andando a ritroso, risalgono a più di due anni fa ormai le prime camionette messe in circolazione dall’associazione Pro – Prawo do życia (Pro – Diritto alla vita), su cui facevano mostra di sé alcuni slogan anti-abortisti. Da quel momento in poi, via via le strade della Polonia sono state sempre più attraversate dai furgoni e popolate dai tabelloni di organizzazioni contrapposte.
In particolare, i tragitti percorsi dalle camionette degli attivisti pro-life hanno scatenato con frequenza crescente la proteste della società civile e portato talvolta all’aggressione degli autisti e al tentativo di distruzione dei mezzi (l’arresto della nota attivista Margot Szutowicz è formalmente dovuto proprio a uno di questi episodi). Le ultime “sortite” dei furgoni organizzati dai pro-life (a Cracovia ce n’è stata una il 29 agosto con la scritta: “Stop pedofilia. La lobby LGBT in Polonia vuole insegnare ai bimbi di 4 anni la masturbazione e a quelli di 6 ad acconsentire al sesso”) sono state costantemente scortate dalla polizia e rigidamente perimetrate. La reazione talvolta rabbiosa della controparte nasce dalla frustrazione di dover continuamente subire l’esposizione di messaggi omotransfobici e fuorvianti, come la correlazione insistita tra omosessualità e pedofilia, che pure vengono autorizzati dalle amministrazioni delle varie città.
Anche le associazioni a difesa dei diritti civili hanno provato a veicolare i loro messaggi con gli stessi mezzi. Tuttavia, il tentativo non si è rivelato altrettanto efficace. Teatro di uno scontro di questo tipo è la città di Białystok, sede nel luglio 2019 di un Pride connotato da violenze contro i manifestanti. Proprio in ricordo di quei fatti, alla metà di luglio di quest’anno l’organizzazione Tęczowy Białystok (Białystok Arcobaleno) ha affittato una serie di grandi tabelloni affiggendo slogan di tolleranza e uguaglianza: “Dopo la tempesta arriva sempre l’arcobaleno” con sfondo proprio sui colori dell’arcobaleno. L’iniziativa ha causato la reazione di un altro gruppo informale, ovvero Milcząca Większość (Maggioranza Silenziosa), che ha risposto con altrettanti tabelloni contenenti slogan di segno opposto: “Bene contro odio” (una scritta bianca in campo nero, dove però la parola “odio” è caratterizzata invece dai colori arcobaleno), oppure ancora “La verità non la occulti con la menzogna” (in questo caso, è la parola menzogna a contenere i colori arcobaleno).
Milcząca Większość, i cui tabelloni sono stati fatti oggetto di attacchi, racconta difendendosi: “Il tentativo di distruggere i nostri cartelloni è solo un’altra prova di quanto aggressivi e intolleranti verso le opinioni altrui siano gli attivisti di sinistra. La distruzione dei cartelloni pubblicitari non è avvenuta da parte di un movimento congiunto di residenti, ma ha rappresentato solo l’azione di alcuni singoli individui che non hanno affatto il sostegno generale della città”. Il gruppo anti-LGBT si dice convinto della giustezza delle proprie azioni, spiegando anzi che i cartelloni infondono “fiducia” nelle persone e questo, a loro avviso, “è particolarmente necessario in tempi in cui la sinistra cerca in ogni modo di limitare la libertà di parola”.
“Gazeta Wyborcza”, principale quotidiano polacco, ha paragonato Milcząca Większość al Ku Klux Klan, accusando i suoi membri di trincerarsi dietro all’anonimato, dato che rifiutano di lasciare i riferimenti di qualsiasi rappresentante. Loro, invece, giudicano l’azione di Tęczowy Białystok come una provocazione tanto più offensiva perché avallata dalle autorità locali: “Una maggioranza consistente degli abitanti aveva già mostrato nel 2019 [con le violenze contro il Pride] che nella nostra città non ci può essere sostegno per tali eventi”.
Su tutto questo si posano le recenti dichiarazioni di Ursula von der Leyen, che ha promesso che nell’Unione Europea, e tanto meno in Polonia, non ci sarà più posto per zone dichiarate LGBT-free. È auspicabile e doveroso, anche se da queste parti il percorso sembra ancora piuttosto lungo.
Foto: “Non lasceremo che le famiglie vengano distrutte” – Milcząca Większość / Fakty.interia