Ogni tornata elettorale in Russia — anche quella di minori dimensioni, che interessa un numero contingente di regioni — può rappresentare un quadro interessante di osservazione; soprattutto a livello locale, il microcosmo elettorale di un piccolo gruppo di soggetti federali può farsi cartina al tornasole di processi e umori più ampi e diffusi nel paese.
Nel caso della giornata elettorale del 13 settembre, che ha interessato 29 soggetti federali sparsi dall’estremo oriente all’estremo nord, dalla Kamčatka a Sebastopoli (elezioni del governatore e dei parlamenti locali), le solite speranze di cambiamento rispetto alla norma (la schiacciante vittoria di Russia Unita, il partito del presidente Putin) sono risultate, ora come tante altre volte, vane. E questo a discapito dell’eclatante caso di avvelenamento di Aleksej Naval’nyj, che in Siberia si trovava quei giorni proprio per sostenere la campagna elettorale dei suoi sodali a Novosibirsk e Tomsk.
In ogni caso, a prescindere dalla limitatezza di questa tornata elettorale, è bene ricordare che, soprattutto dal punto di vista del Cremlino, si tratta di esiti significativi nell’ottica del graduale avvicinamento alle elezioni della Duma di Stato che si terranno nel 2021. Il massiccio granitico di Russia Unita non poteva mettersi a (permettersi di) vacillare proprio adesso, con una vicina Bielorussia in pericoloso sommovimento, un oppositore ossequiato dall’Europa ricoverato a Berlino, una serie di questioni economiche e soprattutto sociali irrisolte che alimentano un discreto malumore nel paese.
Per cosa si è votato
Per la prima volta dopo il referendum di questa estate, si è votato in realtà su tre giorni (i voti registrati il venerdì e il sabato sono stati considerati “voto anticipato”) — scelta criticata da diversi attivisti, perché permette potenzialmente un numero maggiore di infrazioni elettorali, un problema endemico alle elezioni in Russia.
Come riporta l’associazione Golos, contrariamente alle usuali rassicurazioni dalla Commissione elettorale centrale in merito all’assenza, anche questa volta, di infrazioni sostanziali, questa tornata elettorale ha visto un imponente numero di violazioni di vario ordine: il sito del movimento in difesa degli elettori dichiara di non aver mai ricevuto tante segnalazioni negli ultimi quattro anni come nella giornata di domenica scorsa.
Gli elettori hanno eletto (o meglio, per lo più come vedremo, rieletto) 18 governatori, 11 parlamenti locali e i consigli comunali di 22 capoluoghi regionali.
Per quanto riguarda i governatori, tutti quelli in carica si sono ricandidati. Di questi, sono in nove quelli che hanno assunto il loro ruolo dopo le dimissioni, più e meno “suggerite” dall’alto, del presidente eletto alle precedenti elezioni; incaricati dal potere centrale di svolgere le funzioni di governatore in corso d’opera, si tratta di uomini diretta emanazione di quel potere.
Tra le altre elezioni dei parlamenti e consigli locali, lo scenario più interessante era rappresentato dalla città di Novosibirsk, dove appunto Naval’nyj si era recato prima di venire avvelenato. Si tratta del terzo consiglio cittadino più grande della Russia (con i suoi 1,6 milioni di abitanti è la terza città della Federazione). Qui l’opposizione ha formato la coalizione “Novosibirsk-2020”, raggruppando posizioni anche molto eterogenee tra loro ma pragmaticamente decise a rappresentare un fronte compatto.
I risultati
Come già accennato, non ci sono stati colpi di scena. I 18 governatori sono stati riconfermati anche in quelle regioni dove ci si poteva aspettare, quantomeno, un ballottaggio, come nell’oblast’ di Irkutsk. Qui, dopo che al candidato dell’opposizione Evgenij Jumašev è stata rigettata la candidatura, ci si poteva aspettare una buona riuscita dal candidato del partito comunista Michail Ščapov: al contrario di Igor’ Kobzev, nominato dall’alto a guida dell’oblast’ nel dicembre del 2019 dopo che il governatore (esponente del partito comunista) era stato “invitato” alle dimissioni, Ščapov è un uomo del posto e si presenta come difensore delle ricchezze della sua regione. Ciò non è però bastato evidentemente a far traballare la sedia di Kobzev, il quale comunque è il governatore che esce peggio da questa tornata elettorale, avendo raccolto “solo” il 60% delle preferenze (Ščapov si è fermato al 25%). Poco meglio di Kobzev ha fatto il governatore Aleksandr Tsybul’skij della riottosa oblast’ di Archangel’sk: la regione è da tempo ormai interessata da proteste dei cittadini contro la costruzione della discarica a cielo aperto di Šies; benché Tsybul’skij si dica formalmente contrario al progetto, è divenuto impopolare per la sua intenzione di “declassare” il circondario autonomo dei Nenets, inglobandolo definitivamente a livello amministrativo nell’oblast’ (di cui giuridicamente fa già parte): si tratta di un territorio poco abitato che si affaccia sul mare di Barents dove i cittadini percepiscono stipendi più alti e hanno diritti a varie agevolazioni. Un effetto diretto dell’impopolarità di questa intenzione è stato il risultato del referendum estivo: il circondario è stato l’unico soggetto federale in tutta la Russia dove il “no” alle modifiche costituzionali ha superato il 50%.
Per quanto riguarda i parlamenti e i consigli cittadini, alla fine qualche membro dello staff di Naval’nyj effettivamente l’ha spuntata: così è stato a Tomsk per Ksenija Fadeeva e Andrej Fateev, a Novosibirsk per Sergej Bojko.
In generale, benché Russia Unita festeggi la riconferma forte dei risultati di questa tornata elettorale, i dati sull’affluenza bastano a delegittimare — se già le infrazioni non bastassero di per sé — ogni facile giubilo. Escludendo l’oblast’ autonoma ebraica, che ha registrato (apparentemente) un 70%, in ben 7 soggetti federali dove si eleggevano i governatori l’affluenza si è fermata tra il 20 e il 29% (nell’oblast’ di Smolensk 19,89%); in altri tre soggetti, tra cui Sebastopoli, si è attestato un dato tra il 32 e il 37%, nei restanti tra il 41 e il 53%.
Immagine: Kommersant.ru