BIELORUSSIA: Il regime dei manganelli (video e immagini)

Alle scorse elezioni presidenziali sembra che siano stati ben pochi i voti per il presidente uscente, Alexander Lukashenko, al potere dal 1994, rieletto – secondo i dati ufficiali –  con circa l’80% dei consensi. Secondo alcune rilevazioni indipendenti, la rivale Svetlana Tikhanovskaya avrebbe ottenuto in molti seggi tra il 60 e il 70 per cento dei suffragi, con punte del 90. Si sono a quel punto verificate proteste in tutta la Bielorussia che hanno scatenato una violentissima reazione del regime. Squadre di OMON, le unità anti-sommossa in rigorosa tenuta nera con casco e mazze, addestrati per il contrasto al terrorismo, hanno iniziato pestaggi violenti e indiscriminati sia sui manifestanti che su persone estranee alle proteste.

L’intento è quello di terrorizzare la popolazione, sperando che la paura abbia la meglio sul desiderio di cambiamento. Molti video testimoniano di violenze immotivate, spari in strada con proiettili di gomma, uso di granate stordenti tra la gente di passaggio, inseguimenti e bastonature, improvvisi posti di blocco per fermare ignari automobilisti puntualmente manganellati senza una ragione.

Il canale Telegram Nexta, che con lo spegnimento della rete internet da parte del governo è diventato il principale canale di comunicazione e informazione in Bielorussia, porta innumerevoli esempi di queste violenze. Centinaia di persone sono state portate via dalle strade, spesso senza alcuna ragione. I prigionieri, secondo i primi racconti, hanno subito ulteriori percosse nei centri di detenzione, in ginocchio e con i pantaloni calati, con minacce di morte e di stupro. La violenza gratuita e indiscriminata, quasi animalesca, delle forze di sicurezza, ha offeso profondamente l’animo pacifico dei bielorussi, suscitando indignazione e disgusto.

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Molti cortei pacifici di donne vestite di bianco e con fiori bianchi si stanno moltiplicando, a Minsk e in altre città. Il canale Nexta testimonia l’enorme quantità di questi cortei, piccoli o grandi, dalle città ai villaggi di tutto il paese. A impressionare è proprio la capillarità del dissenso.

L’elemento più importante, però, sono gli scioperi che si stanno verificando nelle principali fabbriche del paese. Le principali strutture produttive si sono fermate per protesta, e questo è ciò che è più in grado di minacciare il regime. Al momento i reparti degli OMON si tengono convenientemente lontani dalle fabbriche. Se le fabbriche riusciranno a resistere nello sciopero generale, la sorte del regime sarà in pericolo.

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La Russia sembra stare a guardare ma, nel suo progetto di assimilazione della Bielorussia, la possibile caduta di Lukashenko può essere vista con favore. Gli Stati Uniti, a cui Lukashenko ha recentemente aperto la porta anche con l’acquisto di petrolio, sono molto cauti nel condannare le violenze, che in altri tempi avrebbero sollevato indignate proteste.

Tuttavia non si deve ridurre la situazione bielorussa a uno scontro tra “filorussi” e “filo-occidentali”. La Bielorussia non è l’Ucraina e le differenze sono molte. Non ci sono, in queste proteste, bandiere europee a sventolare. Non si mette in discussione l’affinità con la Russia e non ci si appella, nemmeno da parte dei leader dell’opposizione, all’integrazione europea come fine ultimo ed esclusivo.

Il Cremlino sta sicuramente giocando un ruolo in questa crisi, ma in modo assai più sfumato che ai tempi della rivoluzione ucraina. Le forze armate, la polizia, gli apparati di sicurezza sono fortemente infiltrate dalla Russia ma anche le proteste, in virtù della loro natura spontanea e in certa misura disorganizzata, possono essere influenzate da elementi che fanno gli interessi di Mosca. Poco prima delle elezioni erano stati arrestati a Minsk trenta mercenari russi del Wagner Group, sospettati di voler organizzare disordini. La Russia dispone di basi militari in Bielorussia, e aveva chiesto la possibilità di dislocare numerosi caccia militari a Bobruisk e non ha certo intenzione di farsi sfuggire il controllo sul paese.

video e immagini provengono dal canale Telegram Nexta.

Ringrazio G. per i numerosi stimoli e consigli.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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