Ieri alle 20 (ora locale) si sono concluse le elezioni presidenziali in Bielorussia. Si è registrata, stando ai dati diffusi dalla Commissione elettorale centrale, un’affluenza dell’84%: un dato che manifesta in ogni caso il forte interesse pubblico che si è registrato attorno a questa tornata elettorale, in un clima segnato dalle numerose proteste pacifiche che si sono susseguite in tutto il paese nelle scorse settimane. Senza alcun riserbo verso una sconfitta preannunciata, la Commissione elettorale ha agito priva di indugi, manipolando i risultati elettorali in diversi seggi.
Secondo i risultati ufficiali, il presidente uscente Aleksandr Lukašenko sarebbe stato rieletto con quasi l’80% dei voti, in linea con la media riportata in tutte le elezioni che si sono svolte nella storia della Bielorussia indipendente. L’esito finale non sembra però coincidere con altri bollettini: secondo quanto annunciato dall’iniziativa “Honest People”, la candidata dell’opposizione Svjatlana Tikhanovskaya avrebbe vinto in almeno 85 seggi in cui gli osservatori indipendenti senza affiliazioni con il governo non sono stati ammessi per supervisionare il corretto svolgimento del processo elettorale e lo spoglio elettorale.
In merito a ciò, la candidata e tutto il suo staff si sono rifiutati di riconoscere i risultati ufficiali, dichiarando il loro pieno supporto verso la reale volontà popolare. Si ricorda che l’OSCE non ha ricevuto l’invito per svolgere la regolare attività di monitoraggio del processo elettorale, mentre è stata inviata una missione della Comunità degli Stati Indipendenti, gruppo noto per non segnalare irregolarità laddove queste si verifichino, nonché organo vicino al Cremlino.
Rivolte soppresse con la forza
A poche ore di distanza, la tensione è palpabile: nel corso della notte una carovana di mezzi militari ha trasportato centinaia di siloviki, le forze armate che fanno capo direttamente al governo, verso i centri nevralgici del paese per prevenire e sopprimere le rivolte di massa. Secondo alcune fonti riportate da media locali, centinaia di manifestanti sarebbero rimasti feriti per aver invocato delle elezioni oneste e democratiche. Gli arresti sarebbero almeno tremila, di cui un migliaio nella capitale. Fortunatamente, ci sono state anche forze dell’ordine che si sono rifiutate di attaccare i loro concittadini, servendo in maniera esemplare e schierandosi dalla parte della giustizia popolare.
Fino a poche ore fa, la capitale risultava chiusa dall’interno al fine di impedire ingerenze esterne. Inoltre, internet funziona da ieri in modo intermittente, limitando la libera circolazione di notizie. Gli animi esausti dei bielorussi dopo una notte di scontri non demordono: in assenza di risultati elettorali ufficiali trasparenti, le sommosse popolari si apprestano a continuare per dare un chiaro segno di unità nazionale.
La mancata presa di posizione da parte dell’UE
All’indomani delle proteste, l’UE ha nuovamente mostrato la sua riluttanza a reagire prontamente di fronte alle gravi violazioni ai diritti umani che si stanno svolgendo nel vicinato orientale. I vertici degli organi UE e Josep Borrell, alto rappresentante dell’agenzia incaricata di condurre la politica estera dell’Unione, hanno chiesto che si intervenga per procedere ad un conteggio accurato e imparziale dei voti.
Il presidente illegittimo è in guerra contro il suo stesso popolo e ci si aspetterebbe che un partner strategico come l’UE interagisse con più decisione per impedire che questa crisi politica destabilizzi il paese ad oltranza. Memore dell’annessione illegale della Crimea da parte della Russia avvenuta sei anni fa, la politica di vicinato europea sta mostrando dei limiti strutturali che se non verranno risolti a breve, andranno poi a sommarsi alla lista delle “risposte non pervenute” da parte dell’UE.
foto: Twitter/RFE