Domenica scorsa si è svolto il secondo turno delle elezioni presidenziali polacche. Anche se il candidato di Diritto e Giustizia (PiS), Andrzej Duda, è stato riconfermato presidente, la grande novità è stata lo straordinario successo del candidato liberale di Piattaforma Civica (PO), Rafał Trzaskowski.
Solo a febbraio PO sembrava dibattersi in una crisi di consenso problematica, con una candidata presidente che non riscuoteva un grande successo nell’elettorato e una certa incapacità di connettersi alle importanti mobilitazioni che hanno coinvolto negli scorsi mesi le città principali della Polonia su temi come la questione LGBT e il diritto all’aborto. Tuttavia, Trzaskowski ha saputo risollevare il partito, arrivando a guadagnare oltre il 30% al primo turno e raggiungendo quasi il 50% dei voti al secondo, con una affluenza record vicina al 70%: una sconfitta, quella dei liberali, che ha premiato Duda solo per una manciata di voti, e che vede la Polonia apparentemente spaccata a metà.
La crisi verticale della sinistra
Il successo di Rafał Trzaskowski ha penalizzato soprattutto il candidato principale delle forze socialdemocratiche, riunite nel cartello elettorale Lewica (La Sinistra), che comprende Wiosna (Primavera), l’Alleanza della Sinistra Democratica e Razem (Insieme). Parliamo di Robert Biedroń, che nel primo turno di giugno ha preso un misero 2,22%, nemmeno mezzo milione di voti. Questo, peraltro, nonostante la coalizione della sinistra abbia totalizzato un risultato più che rispettabile alle elezioni politiche del 2019: 12,5%, quasi due milioni e mezzo di voti e ben 49 parlamentari, dopo che i socialdemocratici erano rimasti fuori dal Sejm e dal Senato per ben quattro anni.
Tuttavia, la crisi della sinistra polacca è una sconfitta annunciata per chi sapeva dove guardare. Tutta la campagna elettorale di Robert Biedroń è stata basata su un programma estremamente progressista sui temi etici e dei diritti civili: sostegno al movimento LGBT, alle proteste femministe che non si sono fermate nemmeno durante la pandemia, posizioni che suscitano interesse soprattutto in alcuni settori della borghesia progressista polacca, ma estremamente lontani dal sentire delle classi sociali più basse che la sinistra dovrebbe tradizionalmente rappresentare.
E questo problema non è stato affatto bilanciato dal programma economico e sociale di Lewica, che non è stato percepito realmente alternativo a quello liberista di Piattaforma Civica: la costante moderazione delle posizioni socialdemocratiche da parte di Robert Biedroń e del suo entourage non ha, come credeva probabilmente il leader di Lewica, spostato voti dai liberal-conservatori alle sinistre, e ha invece premiato alla lunga la propaganda di Trzaskowski incentrata sul voto utile.
Peraltro, i temi economici sono stati estremamente marginali in questa campagna elettorale. Così, chi si aspettava un partito socialdemocratico in radicale opposizione sia al nazionalismo sia al liberismo è rimasto deluso, mentre i moderati – di centrosinistra, diremmo in Italia – hanno preferito convergere sul candidato di Piattaforma Civica per provare a battere Andrzej Duda: Robert Biedroń, rimasto in mezzo al guado, ha finito per non prendere i voti né degli uni, né degli altri.
Quali prospettive per i liberali e la sinistra?
Oggi, sia i liberali che la sinistra stanno pensando alle mosse politiche da effettuare nei prossimi mesi, anche se naturalmente da due posizioni di forza completamente differenti. Rafał Trzaskowski è consapevole, nonostante la sconfitta contro Duda, di essere al centro dell’attenzione politica e mediatica in Polonia. È riuscito in pochissimi mesi ad arrivare a insidiare la vittoria di Duda, che a febbraio sembrava certissima, mettendolo in crisi soprattutto su temi politici: una adesione parziale alle istanze del movimento LGBT (sì alle unioni civili, no alle adozioni) e delle minoranze, che rispetto alle posizioni ultratradizionaliste del PiS fa certamente sensazione in un paese come la Polonia.
Più di tutto però, da parte di Trzaskowski c’è stata la proposta di una visione politica complessiva basata su un forte europeismo e sulla difesa degli interessi polacchi in un clima di collaborazione con i paesi dell’area UE. Un europeismo, quello del candidato di PO, che ha tenuto banco anche dal punto di vista del programma economico: sebbene questi aspetti siano rimasti sullo sfondo nella campagna elettorale, Trzaskowski ha saputo incarnare l’esigenza di settori della borghesia polacca di utilizzare i fondi europei, fondi che il candidato di PO ha gestito direttamente da sindaco di Varsavia. La prossima mossa di Trzaskowski, ad ogni modo, sarà probabilmente il mantenimento del capitale politico guadagnato in queste elezioni e contestualmente il tentativo di conquistare nuovo sostegno al centro e alla sua sinistra in vista delle prossime elezioni politiche.
Dall’altra parte Robert Biedroń ha dovuto fare fronte a una pesante crisi della sua coalizione, la peggiore da quando è diventato il volto nuovo della sinistra polacca, e si trova oggi in una posizione di estrema debolezza. Abbiamo già visto i problemi insiti nella sua campagna elettorale, che alla fine lo hanno reso un candidato poco appetibile in una competizione in cui un’ampia porzione del Paese voleva evitare di rieleggere Duda, scegliendo un candidato più progressista. Ad oggi Biedroń ha due possibilità. Da un lato potrebbe decidere di guadagnare voti alla sua destra, spostandosi verso il centro e tentando di rosicchiare voti a PO. Questa strategia tuttavia potrebbe funzionare poco: il risultato di Trzaskowski ha galvanizzato il suo elettorato, che in vista delle prossime elezioni politiche potrebbe ulteriormente compattarsi per provare a battere il PiS e a far tornare al governo i liberali.
Dall’altra parte Biedroń potrebbe decidere di spostarsi a sinistra, e provare a guadagnare consensi tra le fasce più deboli della popolazione polacca, quelle a cui la sinistra dovrebbe tradizionalmente parlare e che oggi votano tendenzialmente il PiS. Questo significherebbe proporre politiche in favore degli operai e dei contadini polacchi, vessati dalla crisi economica, mantenendo però le posizioni favorevoli a unioni civili e adozioni, a cui Biedroń non può – e immaginiamo non vuole – rinunciare, in quanto attivista del movimento LGBT. Posizioni che conquistano settori estremamente progressisti della borghesia polacca e della società civile, in particolare molti studenti, ma che non incontrano il favore di buona parte degli abitanti delle zone rurali condizionati dalla Chiesa cattolica. Un equilibrio difficile da mantenere, ma su cui Biedroń potrebbe puntare per tornare a guadagnare consensi.
Foto: krytykapolityczna.pl