Mercoledì 15 luglio i cittadini della Macedonia del Nord si recheranno alle urne per il rinnovo del parlamento monocamerale, composto da 123 rappresentanti. Le elezioni anticipate sono state innescate dalle dimissioni dell’ex primo ministro Zoran Zaev in seguito alla mancata decisione del Consiglio europeo di ottobre di concedere al paese balcanico l’apertura dei negoziati per l’adesione all’Unione europea. Dallo scorso 3 gennaio la repubblica è guidata da un governo tecnico presieduto dall’ex ministro del’Interno Oliver Spasovski.
Si tratta delle prime elezioni dopo la conclusione dell’accordo sul cambio del nome del paese in Repubblica della Macedonia del Nord, l’evento più significativo dall’indipendenza del 1991 e che continua a dividere l’elettorato. Gli osservatori prevedono un’affluenza più bassa del solito, dovuta sia all’emergenza sanitaria legata al coronavirus, che ha registrato dallo scorso febbraio circa 7000 casi positivi e 358 vittime, sia una campagna elettorale che ha suscitato pochi entusiasmi attraverso tutto lo spettro politico.
I socialdemocratici
Le elezioni anticipate sono un test di credibilità per l’Unione Socialdemocratica di Macedonia (SDSM), il principale partito della coalizione di governo guidato dall’ex primo ministro Zaev. Nel corso dell’ultima legislatura, Zaev è riuscito a ottenere l’ingresso della paese nella NATO e l’apertura dei negoziati per l’adesione all’UE, a seguito della conclusione dell’accordo di Prespa con la Grecia. Quest’ultimo, nonostante la ratifica da parte del parlamento, continua a polarizzare l’elettorato e a fornire un argomento all’opposizione nazionalista.
A dispetto dei successi diplomatici ottenuti, Zaev non è riuscito a capitalizzare forti consensi. La decisione favorevole del Consiglio europeo di marzo di aprire i negoziati con la Macedonia del Nord è infatti passata in sordina a causa del diffondersi della pandemia e dei timori di conseguenti ripercussioni economiche sul paese. Il manifesto elettorale dei socialdemocratici ammonta a un lungo elenco di promesse già annunciate in precedenti tornate ma mai pienamente mantenute – tra cui investimenti in sanità e infrastrutture, aumento del salario minimo e transizione verde. Pesano sulla reputazione del governo anche i risultati deludenti in termini di lotta alla corruzione.
L’opposizione conservatrice
Il Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone (VMRO) è il principale partito di opposizione. Benché il partito si dichiari conservatore e sia affiliato al Partito Popolare Europeo, la VMRO ha una matrice marcatamente nazionalista e si rivolge principalmente all’elettorato etnico macedone. Dopo un decennio di leadership di Nikola Gruesvki, culminato con la sua messa in stato di accusa per corruzione e una fuga rocambolesca in Ungheria, la guida del partito è passata in mano a Hristijan Mickoski, professore universitario ed ex-protegé di Gruevski.
La campagna di Mickoski è stata incentrata intorno allo slogan “il rinnovamento sta arrivando“. Al centro del manifesto elettorale vi è infatti un nucleo centrale di riforme sociali ed economiche, tra cui lo sviluppo di una nuova politica industriale orientata all’export e l’introduzione della flat tax all’8%.
Ciò che distanzia maggiormente i conservatori dai socialdemocratici è soprattutto il perseguimento di una politica mono-etnica a scapito della minoranze e la promessa di mettere in discussione l’accordo di Prespa sul cambio del nome: questo annuncio risulta però in contraddizione con il posizionamento filoeuropeo e filoatlantico del partito e, a conti fatti, è improbabile che a esso venga dato seguito in un governo a guida Mickoski.
I partiti albanesi
La SDSM si presenta in coalizione elettorale con il partito albanese BESA: si tratta della prima volta dall’indipendenza del paese che un partito macedone e uno albanese si presentano al voto in coalizione, dato che fino ad oggi le forze albanesi erano solite formare alleanze solo dopo le elezioni con il blocco vincitore. L’annuncio dell’alleanza pre-elettorale è stato mal digerito dal principale partito albanese, la DUI, che è stato partner di coalizione durante il mandato di Zaev.
Secondo la DUI infatti, la frammentazione dei partiti albanesi andrebbe a scapito della minoranza, che ammonta a circa un quarto della popolazione. In caso di vittoria della VMRO, però, non è da escludere che la DUI si allei con i nazionalisti, con cui sono stati al governo insieme in passato e con cui sono venuti meno i malumori dopo la fine della leadership di Gruevski. Durante la campagna, la DUI ha lanciato la provocazione di un primo ministro albanese come condizione per la propria partecipazione in un governo di coalizione, presentando come candidato il veterano politico Naser Ziberi. La proposta, presentata come ultimatum, sembra piuttosto un’abile mossa elettorale per ottenere consensi.
Nel nuovo parlamento dovrebbero entrare anche i rappresentanti di Alleanza-Alternativa (AA), un’altra formazione albanese che secondo i sondaggi si attesterebbe attorno all’8%, dietro alla DUI, dunque con un ruolo da giocare nelle alleanze post-voto.
Sondaggi e scenari
I sondaggi suggeriscono un testa a testa tra la coalizione di SDSM e BESA e la destra di VMRO. La DUI, che si colloca al terzo posto, potrebbe giocare ancora una volta il ruolo decisivo nella formazione del governo, dando a uno dei due blocchi elettorali i voti necessari per raggiungere la maggioranza dei seggi parlamentari. Un ruolo analogo toccherebbe alla AA se il risultato delle urne dovesse confermare le attese.
Sebbene appare poco realistico che l’accordo di Prespa possa davvero essere messo in discussione, un eventuale ritorno dei nazionalisti al governo potrebbe rendere più tesi i rapporti bilaterali con la Grecia e con la Bulgaria, con la quale è stato siglato un trattato di amicizia nel 2018 ma con cui le dispute sul patrimonio storico comune sono tutt’altro che sopite.
I temi più urgenti restano quello sanitario e quello economico: con il rilassamento delle misure di confinamento, la curva dei contagi è tornata a crescere, destando preoccupazioni sull’evoluzione della crisi sanitaria nel paese e imponendo la chiusura delle frontiere a Skopje da parte dei partner europei, con pesanti ripercussioni sul sistema produttivo. Il nuovo governo, oltre ai negoziati con l’UE, dovrà dunque prendere le redini di una difficile ripresa economica.
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