Nelle ultime settimane, una notizia inaspettata è salita agli onori della stampa georgiana. Il 12 giugno scorso, infatti, i servizi di sicurezza di stato hanno arrestato a Tbilisi Vasambeg Bokov, un trentasettenne russo nato in Inguscezia, con l’accusa di acquisto e possesso di documenti falsi. Sin qua, nulla di sorprendente, non fosse che, stando alle parole di Arkhi Gvaramia, presidente del canale televisivo di opposizione Mtavari, la reale ragione che avrebbe spinto le autorità georgiane a procedere all’arresto sarebbe una “soffiata” delle autorità ucraine, secondo cui l’uomo intendeva in realtà uccidere il giornalista Giorgi Gabunia.
Per capire il significato dell’accaduto è necessario tornare indietro di un anno.
La notte di Gavrilov e il discorso galeotto
A giugno dell’anno scorso, durante la ventiseiesima assemblea interparlamentare sull’Ortodossia, al parlamentare russo Sergej Gavrilov era stato offerto il posto riservato al presidente del parlamento. Tale invito, viste le difficilissime relazioni tra Georgia e Russia, aveva provocato la decisa reazione dell’opinione pubblica, causando manifestazioni e pesanti scontri con la polizia, in quella che è passata agli annali come la “notte di Gavrilov”.
Sulla scia di queste vicende e in un clima sociale estremamente teso, il 7 luglio 2019, Gabunia ha stupito i propri ascoltatori, aprendo una puntata del suo format a cadenza settimanale Postscriptum, con un discorso in russo in cui accusava Putin di essere uno “schifoso occupante” e ne insultava pesantemente la madre.
Mosca e Tbilisi per una volta concordi
Inutile precisare che le autorità georgiane si erano affrettate a prendere le distanze da queste parole, che rischiavano di esacerbare le ostilità in una situazione già molto complessa. Gabunia venne tempestivamente sospeso per due mesi dall’esercizio della professione e il ministero degli Affari Esteri definì l’exploit del giornalista “una provocazione”, sollecitando “tutte le organizzazioni internazionali che si occupano di libertà di stampa” a verificare i suoi standard professionali. Lo stesso Kakha Kaladze, attuale sindaco di Tbilisi, che in gioventù aveva ottenuto discreta fama internazionale giocando tra le fila del Milan, rivolgeva a Gabunia parole molto dure, accusandolo di mettere a repentaglio la stabilità e la sicurezza del Paese.
Reazioni apprezzate dal governo della Federazione Russa, per conto del quale il ministero degli Affari Esteri ha affermato che “le autorità georgiane hanno avuto la giusta reazione alle parole del giornalista; notiamo l’indignazione con cui molti cittadini georgiani hanno reagito al suo discorso”.
Da parte russa, tuttavia, erano sin da subito giunte anche reazioni più ostili, espresse dal presidente della Repubblica cecena Ramzan Kadyrov, che aveva commentato “Gabunia è un codardo. Nel Caucaso un uomo non pronuncia parole del genere nemmeno rivolgendosi al proprio nemico”. Tanto che, stando alla notizia data da Gvaramia, proprio dalla Cecenia, pare essere stata organizzata a distanza di un anno la vendetta ai danni di Gabunia.
… ma c’è anche chi l’ha presa con ironia
Di tutt’altro spirito era stata la reazione degli utenti di social network russi, dove non erano mancati commenti ironici come: “la tv georgiana ha semplicemente dato voce a ciò che molti russi dicono ricevendo le bollette” o – traendo evidente ispirazione alla serie di popolari barzellette su Radio Erevan dell’epoca sovietica – “la Siberia va a fuoco e noi ascoltiamo la radio georgiana, non abbiamo altri problemi?”.
Quella che probabilmente voleva essere né più né meno che una esagerata provocazione ha aperto in Georgia un dibattito più ampio e complesso, a noi sicuramente familiare: in nome della libertà di espressione, tutto è concesso o ci devono essere dei limiti di circostanza e di decenza? È un’ingerenza illegittima quella di un governo che interviene sulle parole, pur offensive, di un giornalista o è solo una doverosa presa di distanze?
Insomma, quando ormai a distanza di un anno la questione sembrava essersi esaurita, ecco che l’arresto del presunto sicario russo riaccende i riflettori sulla questione e Gabunia stesso non pare particolarmente intimorito dall’accaduto, tanto che, appresa la notizia della trama per ucciderlo, ha ripetuto la tirade dell’anno precedente, affermando in un intervista di non temere la morte e tornando ad insultare Putin. Una goccia nell’oceano, insomma, che tuttavia non pare poter essere dimenticata tanto in fretta in un paese disposto a tutto pur mantenere lo sguardo volto a Occidente.
Immagine: Eurasianet