“Tbilisi sta tentando di politicizzare la questione della diffusione del coronavirus”. Con queste parole Marija Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, il 25 giugno si è rivolta ai co-presidenti dei Colloqui di Ginevra sulla sicurezza e la stabilità nel Caucaso meridionale, un ente internazionale preposto a risolvere i conflitti della regione.
Non è la prima volta che il Cremlino e Zacharova lanciano alla Georgia accuse legate al coronavirus. Le complesse relazioni tra Tbilisi e Mosca favoriscono un clima di sospetto reciproco esacerbato dai difficili mesi della pandemia.
Il laboratorio Lugar
Lo scorso 17 aprile, Zacharova aveva sollevato l’attenzione su quelle che definiva come “le ricerche biologiche con fini militari degli Stati Uniti all’estero, soprattutto nello spazio post-sovietico”. In base alle sue dichiarazioni, gli americani sarebbero responsabili della produzione di agenti patogeni con cui attaccare la popolazione russa. In particolare, il laboratorio Lugar per le ricerche sulla salute pubblica in Georgia avrebbe ricevuto di recente una visita di “rappresentanti del Pentagono” che avrebbero consigliato alle autorità di Tbilisi “di ampliare il campo delle loro ricerche”. “Non possiamo ovviamente ignorare il fatto che un’infrastruttura che costituisce un potenziale pericolo biologico sia stata creata dagli americani nei pressi del confine russo”, ha aggiunto la portavoce.
Il Cremlino ha preso di mira il laboratorio Lugar fin dalla sua apertura, avvenuta nel 2011 grazie ad un finanziamento di 350 mila dollari da parte americana. Nonostante l’infrastruttura sia passata nel 2018 sotto il controllo del ministero della Salute georgiano, l’esercito americano ne gestisce ancora una sezione, cosa che ha alimentato ulteriormente i sospetti russi.
Mosca è ostile a qualsiasi ingerenza di Washington nello spazio post-sovietico, soprattutto in ambito militare. Già dal 2015, alcuni media finanziati dai russi hanno iniziato a diffondere teorie della cospirazione in base alle quali dal centro di ricerca rischierebbero di diffondersi malattie tra la popolazione del paese caucasico. Questo tipo di tesi è popolare anche tra i partiti di destra georgiani, contrari all’atlantismo del governo di Tbilisi.
Nel 2018 Igor Giorgadze, un politico caduto in disgrazia in Georgia e attualmente residente in Russia, ha dichiarato di aver ottenuto documenti a dimostrazione della morte di 191 persone usate come cavie dal laboratorio Lugar per testare armi batteriologiche nel biennio 2015-2016. Le istituzioni russe hanno prontamente ripreso le accuse di Giorgadze arrivando, addirittura, a minacciare l’intervento militare.
Tbilisi e Washington hanno sempre categoricamente smentito questo tipo di tesi. Nel corso degli anni il laboratorio Lugar ha aperto le porte a giornalisti stranieri, tra i quali quelli di Sputnik-Georgia piattaforma che è parte della galassia di media finanziata dal Cremlino. Le visite hanno dimostrato che l’infrastruttura è quello che dice di essere, un centro di ricerca sulle malattie infettive non dissimile dall’Istituto Spallanzani in Italia, ma ovviamente questo non è bastato a fermare le voci sul “laboratorio della morte”.
Epidemia e territori non riconosciuti
L’epidemia di coronavirus è stato un terreno fertile per ogni genere di teoria cospirazionista e Mosca sta cavalcando l’onda per lanciare nuove accuse.
Lo scorso 11 giugno, Aleksander Lukaševič, ambasciatore russo presso l’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa (OSCE), ha condannato “il doppio uso dei laboratori epidemiologici aperti dagli Stati Uniti in Georgia e Ucraina“. Il rappresentante del Cremlino ha esplicitamente accusato Washington di mutare virus che poi verrebbero testati sulla popolazione. La morte di 11 persone nel 2016 per un’epidemia di influenza suina in Donbas, è da attribuire a questo genere di attività, secondo la tesi del diplomatico russo.
Fa parte della stessa campagna mediatica la serie di articoli sull’argomento pubblicati sulla pagina di Sputnik dell’Ossezia del Sud, una delle due repubbliche internazionalmente riconosciute come parte della Georgia, ma separatesi de facto da Tbilisi anche grazie al supporto di Mosca.
In un pezzo dello scorso 25 giugno, ad esempio, il ministero degli Esteri di Tskhinvali lancia l’allarme sulle “attività biologiche-militari del Pentagono in territorio georgiano nei pressi del confine osseto” e sul fatto che la comunità internazionale possa “dare carta bianca a Tbilisi per nuove azioni militari contro l’Ossezia del Sud“.
Paranoia o interessi strategici?
Questa dichiarazione ricalca perfettamente quelle di Zacharova e Lukaševič. Non è chiaro se all’origine dell’offensiva mediatica di Mosca ci siano reali paranoie o se il Cremlino persegua un fine preciso. La seconda ipotesi sembra più accurata, visto che le accuse russe vanno nella direzione di danneggiare la reputazione degli americani in Ucraina e Georgia, gli stati dello spazio post-sovietico che più sono entrati nell’orbita di Washington.
Nel contesto georgiano, inoltre, diffondere queste teorie, serve ad alienare ulteriormente la popolazione delle repubbliche separatiste da Tbilisi, generando un pretesto per giustificare la prolungata presenza dell’esercito russo sul loro territorio.
Immagine: Eurasianet