di Gezim Qadraku
24 agosto 2011, Samuel Eto’o lascia l’Inter e approda all’Anzhi Makhachkala, diventando il giocatore più pagato al mondo in quel momento. Come è possibile che la squadra della città più pericolosa d’Europa, sia in grado di attirare e assicurare al giocatore un triennale da venti milioni e mezzo di euro a stagione? Appena arrivato in Russia, il camerunense dichiara che non ha accettato per i soldi. Parole alle quali probabilmente non ha mai creduto neanche lui. Ma il quesito principale in questo contesto è un altro: cosa è successo per far sì che l’Anzhi Makhachkala sia passato da avere sotto contratto il calciatore più pagato del mondo a sparire dalla mappa del calcio?
Makhachkala e Daghestan
Makhachkala è la capitale della repubblica del Daghestan, situata nel Caucaso del nord. Una delle regioni russe più complicate e più colpite dalla violenza dopo il crollo dell’URSS e che, nel 1999, fu teatro del primo conflitto, causato dall’invasione di un gruppo islamista ceceno, che aveva l’obiettivo di annettere la regione. Il gruppo non trovò il sostegno della popolazione locale e fu allontanato dall’esercito russo, che lo stesso anno invase la Cecenia (leggi anche l’articolo sull’avventura di Ruud Gullit in Cecenia). Negli ultimi quindici anni la regione è stata caratterizzata da una violentissima insurrezione armata. A rendere questo spazio di mondo ancora più difficile è la presenza di una società incredibilmente multietnica: in Daghestan vivono una decina di popoli diversi e si parlano in totale 32 lingue.
I rapporti con Mosca non sono mai stati idilliaci. Una rappresentazione della complicata relazione tra la repubblica e la capitale della Federazione era possibile averla durante le partite contro lo Spartak Mosca, per esempio. Un match descritto e sentito come una guerra tra i tifosi. Odio che ha portato addirittura alla morte di un tifoso dello Spartak nel 2010, dopo un confronto con i sostenitori dell’Anzhi Makhachkala.
L’Anzhi Makhachkala nasce nel 1991, diventando la seconda squadra della capitale, a fianco della Dinamo, club che oggi non esiste più. Nel 1999 arriva la prima promozione nella Premier League russa e nella prima stagione il club riesce raggiungere un incredibile quarto posto, che permette di fare la prima storica comparsa in Coppa UEFA. Dopo due stagioni arriva la retrocessione e poi il nulla, fino al gennaio 2011. L’anno che cambia tutto.
Suleiman Kerimov
È Suleiman Kerimov l’architetto di questa storia. È lui che nel gennaio del 2011 decide di acquistare il club e trasformarlo in un negozio di figurine. L’obiettivo è piuttosto ambizioso: vincere in patria e fare bella figura nelle competizioni europee. Se la politica che decide di mettere in atto è pressoché identica a tutti i magnati che hanno messo le mani su un club di calcio, ovvero collezionare calciatori dal valore importante, a distinguerlo dalla massa di spendaccioni è il fatto che lui non opta per città come Monaco, Manchester o Londra, ma rimane legato al posto che chiama casa, Makhachkala.
Nato e cresciuto a Derbend, piccola città della regione, conclude il servizio militare e poi si laurea in Economia alla Dagestan State University. Si arricchisce, come molti altri, durante il crollo dell’Unione Sovietica. Ma già a quei tempi si differenzia dalla massa. Se molti oligarchi puntano sulle risorse naturali, Kerimov è piuttosto bravo nel settore finanziario. Investimenti e speculazioni azzeccate gli fruttano un mucchio di soldi. Denaro che successivamente utilizza per investire in due cuscinetti sicuri come la Gazprom e la Sberbank. Nell’anno dell’acquisizione dell’Anzhi, è tra le 120 persone più ricche del mondo. Un personaggio piuttosto interessante, che non ha mai rilasciato un’intervista e che si presentava allo stadio indossando dei guanti di pelle. Secondo alcuni giocatori per coprire le ferite provocate da un incidente con la sua Ferrari, secondo altri invece per evitare di essere avvelenato da una stretta di mano.
Le stelle
Il primo grande campione a fare la sua comparsa in Daghestan è Roberto Carlos, ormai 38enne, ingaggiato a parametro zero. A seguirlo sono due connazionali, Jucilei e Diego Tardelli. Questi sono soltanto gli antipasti, perché il magnate decide di darsi da fare e porta all Anzhi Yuri Zhirkov dal Chelsea, Balázs Dzsudzsák dal PSV, Mbark Boussoufa dall’Anderlecht e Samuel Eto’o direttamente dall’Inter del triplete. Totale della spesa: 77 milioni.
I risultati però non arrivano, nonostante sulla panchina salti un allenatore dopo l’altro, fino a quando Kerimov decide di mettere, di nuovo, mano al portafoglio. Questa volta per portare a Makhachkala Guus Hiddink, il quale firma un contratto di un anno e mezzo per ben 10 milioni di euro a stagione. Ma lo shopping non è ancora finito. Al tecnico olandese seguono l’attaccante Lacina Traoré e Lassana Diarra.
Il campo restituisce finalmente lo sforzo economico e l’Anzhi conclude la prima stagione al quinto posto, il che vuol dire qualificazione in Europa League. Il 2012-13 è stranamente contraddistinto da nessun movimento sul mercato, con un altro traguardo nel mirino, l’altra manifestazione europea, la Champions League. Obiettivo che non viene raggiunto a causa del terzo posto in classifica. A dare un senso a quella stagione sono la finale della Coppa di Russia persa ai rigori, e soprattutto le ottime prestazioni in Europa League. L’Anzhi raggiunge gli ottavi dopo aver sconfitto squadre come Vitesse, AZ Alkmaar, Udinese, Young Boys, Liverpool e Hannover. È il Newcastle a spegnere i sogni di gloria. Nel febbraio 2013, due anni dopo l’acquisizione del club, arriva l’ultimo fuoco d’artificio, l’acquisto del brasiliano Willian dallo Shakhtar Donetsk per 35 milioni.
Il crollo
È un fatto che non ha nulla a che fare con il pallone a dare inizio al declino dell’Anzhi Makhachkala. Nell’estate 2013 la compagnia Uralkali, della quale Kerimov è il principale azionista, si trova in grave crisi finanziaria e con diversi problemi giudiziari in Russia, Bielorussia e Francia. Il progetto non può più continuare. Il budget viene ridotto, Hiddink si dimette e le stelle vengono vendute. In un battito di ciglia, così come si era popolata di euforia per il pallone, Makhachkala vede sparire le stelle e di conseguenza l’interesse internazionale e della popolazione locale verso il calcio.
In quella stagione c’è spazio per un altro miracolo in Europa League, ovvero un’altra qualificazione agli ottavi di finale, alla quale segue la retrocessione in seconda divisione. Le ultime stagioni sono state caratterizzate da un saliscendi tra Premier League e seconda divisione, con il colpo finale alla favola dato dalla cessione nel 2016 da parte di Kerimov. Ad oggi l’Anzhi Makhachkala si trova a giocare in terza divisione per non essere riuscito a ottenere la licenza per giocare in seconda. Il rischio di una discesa negli inferi dei dilettanti sembra possibile, a causa dei pessimi risultati della squadra.
Giocattolo o progetto?
Di tutta questa vicenda al limite del grottesco, la cosa che più di tutte fece scalpore e simboleggiò l’impossibilità del “progetto”, fu il fatto che i giocatori non vivevano nella regione per motivi di sicurezza, bensì a Mosca. Ogni partita in casa prevedeva che la squadra prendesse un volo di tre ore – giusto il tempo di scendere in campo e disputare i 90 minuti – e poi tornare di nuovo al sicuro nella capitale russa. L’idea di provare a fare di una città del Daghestan la nuova cenerentola del calcio europeo non ha funzionato. Se non altro, è stato il peggior esempio di come questo sport sia diventato sempre più un oggetto nelle mani di disinteressati individui, i quali non si fanno scrupoli a utilizzarlo per interessi personali e mollare tutto non appena si accorgono che al giocattolo si scaricano le batterie.
Foto: UEFA.com