C’è stata la guerra, in Serbia? No, direbbero ancora oggi in tanti. La guerra è stata altrove: in Croazia, in Bosnia, in Kosovo. La Serbia non c’entra. Ha solo subito i bombardamenti NATO.
A trent’anni dallo scoppio del conflitto, le testimonianze delle famiglie delle vittime, dei testimoni e dei sopravvissuti sono state rimosse dal discorso pubblico, e gli ex profittatori e criminali di guerra sono sempre più forti nei loro tentativi di revisionismo storico e negazionismo dei crimini compiuti
Per sfatare questi miti che continuano a circolare, il gruppo Youth Initiative for Human Rights (YIHR) ha lanciato il sito RatuSrbiji.rs, un’iniziativa sostenuta dal ministero degli esteri tedesco. Il portale include una mappa interattiva per censire tutte le istanze di crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani verificatesi tra il 1991 e il 2001 sul territorio della Serbia tramite documenti, atti giudiziari, articoli e pubblicazioni.
“Decostruendo la narrazione ufficiale secondo cui la Serbia non è stata coinvolta nelle guerre di disgregazione della SFR Jugoslavia e non si sono verificati crimini in Serbia, desideriamo ricordare la responsabilità della Serbia, oltre a dare una voce alle molte vittime che rimangono, fino ad oggi, non riconosciute dalla società serba,” spiegano.
Fosse comuni, campi di concentramento, episodi di terrore e persecuzione delle minoranze, coscrizione forzata, crimini di unità paramilitari e violazioni dei diritti umani (come nel caso della valle di Presevo): anche se gli assedi avvenivano altrove, la guerra ha lasciato le sue tracce sul tutto il territorio della Serbia nei lunghi anni ’90.
“I rappresentanti e le istituzioni della Serbia, dall’inizio del conflitto armato fino ad oggi, con pochissime eccezioni, hanno negato il coinvolgimento della repubblica e delle forze armate serbe nei conflitti in Croazia e Bosnia-Erzegovina. Hanno anche negato l’esistenza di crimini di guerra sul territorio serbo in relazione a questi conflitti armati,” spiegano da YIHR.
Le reazioni dell’élite politica serba non si sono fatte attendere. L’iniziativa è stata criticata dal ministro degli esteri, Ivica Dačić, che ha accusato l’associazione umanitaria di “politicizzazione dei crimini di guerra”. Il tabloid Večernje Novosti, in prima pagina, accusa YIHR di “ritrarre i serbi come nazisti” perché parla di crimini di guerra. “È una storia già sentita, che i governi stranieri e i traditori della patria vogliono presentare i serbi come nazione genocida, ogni qualvolta viene sollevata la questione della responsabilità per i crimini commessi dalle forze serbe,” ribadisce Ivan Djuric da YIHR.
“La scelta è stata fatta per decenni dalle élite nazionaliste – coloro che celebrano Milošević, Mladić e Karadžić, Arkan, Legija e il capitano Dragan. Sono loro che ci presentano come una nazione che celebra i criminali di guerra, che glorifica il genocidio. Se celebri i criminali di guerra come eroi, se li imponi come rappresentanti delle persone e dello Stato, se promuovi le loro verità come versione ufficiale: allora permetti che l’intera nazione si identifichi con i criminali.”
Al contrario, sostengono dalla Youth Initiative for Human Rights, la chiave della riconciliazione è ristabilire la fiducia. “Non possiamo costruire la fiducia mentre ci mentiamo apertamente e senza vergogna, e la negazione dei crimini è una bugia senza vergogna. La Serbia non è sola in questa impresa, ma ne è la principale responsabile, e quindi deve essere la prima a iniziare con la verità.”
Le nuove generazioni, nate durante e dopo la guerra, non portano responsabilità diretta delle azioni della leadership politica e militare, ma sono responsabili per ciò che succede oggi, incluso come si parla della guerra sui media, a scuola, nel discorso pubblico. “Il fatto che l’esercito e la polizia serba abbiano commesso crimini di guerra non rende criminale un cittadino serbo. La responsabilità penale è individuale, le nazioni non possono essere criminali, ma la politica che pianifica, organizza e commette crimini per raggiungere obiettivi politici è criminale.”
“Milošević godette dell’appoggio della maggior parte dei cittadini per la sua politica, e anche se non era chiaro quanto fossero ampi i crimini di cui il suo regime si rese responsabile il carattere di tale politica era ovvio per molti. Ciò non ci rende responsabili dei suoi crimini, ma crea una scelta dalla quale non possiamo sfuggire. Sosteniamo o rifiutiamo questa politica? Non abbiamo il diritto di evitare questo dilemma.”
Foto: MUP Srbije