Nel settembre del 2011, al novantesimo minuto del derby di Mostar, il centrocampista del Velež Riad Demić ha segnato il gol decisivo della partita. Pochi secondi dopo, i tifosi dello Zrinjski hanno invaso il campo, dando la caccia ai giocatori ospiti. Il centrocampista di casa Mile Pehar, nel tentativo di aiutare i propri tifosi, ha tentato di ostacolare la fuga di un avversario: solo uno dei tanti episodi estremi di una partita particolare.
Quel derby di Mostar si è giocato allo stadio Pod Bijelim Brijegom: il Velež era in trasferta in quello che, prima della guerra, era stato il suo campo di casa. Al tempo, non esisteva un derby di Mostar, perché la città aveva solo il Velež, tifato da tutti i cittadini, indipendentemente dall’appartenenza etnica.
La nascita dello Zrinjski
Negli anni Novanta, Mostar è stata divisa in due dal conflitto armato fra l’esercito bosgnacco, fedele al governo di Sarajevo, e l’esercito separatista bosniaco-croato. I tifosi che pochi anni prima tifavano insieme il Velež erano passati a combattersi sul fronte. Anche lo stadio Pod Bijelim Brijegom è stato occupato dall’esercito croato, che lo ha trasformato in un campo di concentramento per bosgnacchi e serbi.
Dopo la guerra, la città è rimasta divisa da una linea virtuale e lo stadio è passato alla parte croata, dove è stato rifondato lo Zrinjski, storico club della comunità croata della città. Le autorità jugoslave avevano impedito l’attività allo Zrinjski nel 1945, dopo che la squadra aveva partecipato ai campionati organizzati dalla NDH, lo stato fantoccio filofascista guidato da Ante Pavelić.
La tifoseria del club aderisce all’estrema destra croata e non riconosce la Bosnia-Erzegovina come propria nazione. La società, invece, è legata al HDZ, il maggiore partito politico della comunità croata, schierato su posizioni nazionaliste di centro-destra.
Lo Zrinjski è finanziato ora come in passato da sponsor vicini al partito, come l’Elektroprivreda HB e Aluminij, mentre uno dei suoi tifosi più celebri è Dragan Čović, il leader del HDZ. Nel 2014, tramite un comunicato, il club aveva persino invitato i propri tifosi a sostenere Čović prima di un appuntamento elettorale…
L’esilio del Velež
Dopo la guerra, il Velež, allontanato dal Pod Bijelim Brijegom, si è spostato nella parte a maggioranza bosgnacca di Mostar. Lungo il corso del fiume Neretva, alle pendici del monte Velež, sorge oggi il nuovo stadio del club.
La squadra ha perso gran parte dei croati che una volta la tifavano: fra questi c’era anche Dragan Čović. Ridotto a rappresentare la comunità bosgnacca, il Velež non ha perso, però, il suo tradizionale spirito antifascista, che lo ha portato a un inedito gemellaggio con i tifosi del Perugia.
Blaž Slišković e i progressi del dialogo
Slišković è stato una stella del Velež degli anni Settanta, ma ha chiuso la propria carriera nello Zrinjski, di cui poi è stato allenatore. Il celebre Baka, ex Pescara e Olympique Marsiglia, ha saputo costruire una propria identità croata, conciliata, però, con l’appartenenza alla Bosnia-Erzegovina. Questo lo ha aiutato a diventare una figura rispettata da entrambe le tifoserie.
La sua personalità eclettica ha permesso di costruire un particolare punto di incontro fra i due club e di ridurre una distanza che si sta forse affievolendo negli ultimi anni. Sono sempre più i giocatori bosgnacchi e serbi che vestono la maglia dello Zrinjski, mentre l’allenatore del Velež, oggi, è il croato Feđa Dudić.
Il bosgnacco Sulejman Smajić e il serbo Nemanja Bilbija sono diventati, invece, gli idoli della tifoseria dello Zrinjski negli anni passati. Questo non ha impedito comunque agli ultras di intonare cori nazionalisti, offensivi per i loro stessi calciatori, dando vita a una contraddizione che non pare ancora risolta. Ciononostante, questi sono i primi passi verso una convivenza calcistica e sociale, che preveda il poter affermare la propria identità, senza porla in contrasto con quella altrui.
Foto: profilo Facebook ufficiale HŠK Zrinjski